La Regione siciliana si appresta ad effettuare una manovra che, se sarà ‘leggera’ per gli assessorati (che in realtà verranno ‘alleggeriti’, nel senso che avranno meno soldi), sarà pesantissima per i siciliani, che avranno meno servizi e pagheranno più tasse e più imposte, dirette e indirette. Il ‘caso’ incredibile del Comune di Palermo al quale la stessa Regione sta per erogare oltre 11 milioni di euro per inquinamento da moto ondoso…
Il presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci, dice che la manovra economica e finanziaria 2019 sarà “leggera”. Una parola non facilmente comprensibile, se è vero che, in un modo o nell’altro, dovranno essere recuperati poco meno di 2 miliardi di euro. Impossibile pensare a un taglio delle spese di questa portata. Perché in Sicilia andrebbe in scena il ‘viva Maria’…
Molto più verosimile un taglio secco di 700, forse 800 milioni di euro dal Bilancio regionale 2019. Le altre risorse andrebbero recuperate con un nuovo mutuo pari a non meno di un miliardo e 200 milioni di euro.
Qui il paradosso: lo Stato italiano – lo dice l’Unione Europea dell’euro – non si deve indebitare oltre misura, mentre le Regioni italiane e i Comuni possono indebitarsi. come mai?
Ciò posto, come leggere la parola “leggera” pronunciata dal presidente Musumeci? Semplice: che gli assessorati saranno ‘alleggeriti’, ovvero che avranno a disposizione meno risorse finanziarie. Quindi la ‘leggerezza’ annunciata dal presidente Musumeci per gli assessorati si tradurrà in una grande ‘pesantezza’ per i cittadini siciliani, che riceveranno meno servizi e pagheranno più tasse e più imposte, dirette e indirette.
Quali categorie rischiano di più? Precari, forestali, Comuni, ex Province, enti e società regionali e comunali.
Molto dipenderà, ovviamente, dalla capacità della politica siciliana che oggi governa la nostra Isola di non informare i cittadini.
Facciamo due esempi. Il Comune di Catania è in dissesto. Mentre il sindaco di Messina, Cateno De Luca, con grande abilità ha evitato il dissesto nella Città dello Stretto. Ma, in entrambi i casi, pagheranno i cittadini.
A Messina è stato messo a punto un piano di riequilibrio ventennale: ciò significa che i cittadini messinesi, per vent’anni, pagheranno una certa cifra per eliminare il ‘buco’ finanziario del Comune.
Più complessa la situazione al Comune di Catania, dove il ‘buco’ finanziario è enorme – un miliardo e 600 milioni di euro – e dove non sembra molto percorribile l’applicazione della legge, ovvero il ricorso a un prestito decennale, perché la ‘rata’ che il Comune di Catania dovrebbe pagare, pari a 160 milioni all’anno circa, non sembra sostenibile.
Per non parlare dei creditori del Comune di Catania – ci riferiamo ovviamente alle imprese – che con la legge che regola il dissesto, potrebbero subire una decurtazione dei citati crediti dal 40 al 60 per cento.
Ma i problemi non finiscono qui. La situazione finanziaria è tragica, ma ancora più tragica è la questione ambientale. La Sicilia sta franando, cade a pezzi. Il vice presidente dell’ANCI Sicilia, Paolo Amenta, denuncia da almeno due anni lo stato di totale abbandono delle strade provinciali della Sicilia. Ma per due anni la politica siciliana ha fatto finta di non capire.
La storia è nota: lo Stato ha scippato risorse finanziarie alle ex Province siciliane e alla Regione siciliana. Il risultato è che le ex Province dell’Isola sono state portate al collasso finanziario sia dallo Stato, sia dalla Regione che eroga sempre meno fondi alle ex Province, perché a propria volta subisce lo svuotamento delle proprie ‘casse’ da parte dello stesso Stato.
Il risultato è che le strade provinciali della Sicilia sono ormai pericolose, perché cadono a pezzi.
Il Governo nazionale dovrebbe intervenire. Ma la domanda è: perché dovrebbe intervenire se ha tolto alle ex Province della Sicilia i fondi con i quali, tra le altre cose, le stesse ex Province siciliane si occupavano della manutenzione delle strade? Forse per fare fallire e scomparire le ex Province siciliane? Che altra spiegazione ci sarebbe?
Il problema non riguarda solo le strade provinciali. Perché il dissesto idrogeologico, oggi, in Sicilia, è molto diffuso. In certe aree della nostra Isola c’è sempre stato. Ma si è accentuato, negli ultimi anni, grazie anche ai cambiamenti climatici e, in particolare, alla desertificazione che porta con sé, tra i tanti disagi, anche le piogge torrenziali.
Negli ultimi due anni gli allagamenti sono all’ordine del giorno: basti pensare a Mondello, a Sciacca, a Licata. Sono tre casi eclatanti, ma in realtà – lo ribadiamo – tali problemi coinvolgono molte aree della Sicilia. E sono destinati a peggiorare con il passare del tempo.
Si è fatto qualcosa per fronteggiare questi problemi? Sì, è stato fatto molto, ma non per ridurli, ma per amplificarne gli effetti nefasti.
Parlano i dati del ‘Rapporto sul Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici’ curato dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e dal Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa). Che cosa raccontano questi ‘numeri’?
Che la Sicilia è una delle quindici Regioni italiane in cui, nel 2017, è stato superato il 5% cento di consumo di suolo. Gli esperti parlano di suolo ‘artificializzato’, che significa ‘cementificato’ con strade, autostrade e attività edilizia in generale. Detto in parole semplici, nel 2017 la Sicilia ha consumato 285 ettari di terreno in più rispetto all’anno precedente, per una superficie pari a poco meno di 2 mila chilometri quadrati.
La situazione è paradossale: la Sicilia consuma più suolo e, contemporaneamente, si ritrova con meno strade percorribili (non ci sono solo le già citate strade provinciali che crollano, ma le autostrade e le strade a scorrimento veloce gestite male, con manutenzione approssimativa e ci sono, soprattutto, le opere pubbliche in costruzione che non servono per fornire nuovi servizi ai cittadini, ma servono all’intreccio tra politica e imprenditoria per drenare denaro pubblico.
In Sicilia sono pochissime le opere pubbliche completate negli ultimi anni e tante, invece, quelle con eterni lavori in corso che, come già ricordato, alimentano il già citato intreccio tra politica e imprenditoria.
E quando un’opera pubblica viene completata – è il caso dei 15 Km di Tram di Palermo – si scopre che il costo è stato elevatissimo: 320 milioni di euro, più di 20 milioni di euro per Km in assenza di gallerie!
In tutto questo aumenta pure la presenza di nuove abitazioni. In Sicilia si continua a costruire, per lo più abusivamente, e – contemporaneamente – aumenta il numero dei senza casa. La dimostrazione che non esiste un governo del territorio.
Palermo è la ‘Capitale’ non soltanto della cultura, ma anche dei paradossi. Appena ieri si è scoperto che la Regione siciliana sta per erogare al Comune di Palermo 11 milioni e mezzo di euro per ‘risanare’ un’area che viene inquinata da veleni portati dal moto ondoso! (QUI IL NOSTRO ARTICOLO).
Vicenda per certi versi incredibile, se si considera che, per lo stesso sito – un’area che dovrebbe essere trasformata in un Parco intitolato addirittura a ‘Libero Grassi’, l’imprenditore ucciso dai mafiosi perché si rifiutava di pagare il ‘pizzo’ – la pubblica amministrazione ha già speso 5 milioni di euro per un teatro (pomposamente definito il ‘Teatro del sole’) che è stato abbandonato! (QUI UN ALTRO ARTICOLO).
Palermo, come già ricordato, è molto ricca di paradossi e di sprechi. Che dire, ad esempio di Mondello? Ne abbiamo sottolineato i pericoli legati al dissesto idrogeologico. Ma a cos’è dovuto tale dissesto?
Da una parte c’è la storia di questa borgata, che fino ai primi del ‘900 era un’area paludosa. Ma ci sono gli ultimi vent’anni, contrassegnati da un’attività edilizia spaventosa. Il ‘cemento’ a Mondello ha travolto il poco verde rimasto. Da qui i problemi di oggi.
Una sentenza importantissima – quella sulla speculazione di via Miseno, a Mondello – racconta non soltanto di come sono state aggirate le leggi, ma descrive un metodo, sempre lo stesso, che ha portato alla situazione drammatica di oggi. Leggi urbanistiche aggirate, ieri dalla mafia prepotente e arruffona, oggi da una borghesia che è riuscita, perfino, a indossare i panni della ‘legalità’ e persino dell’antimafia.
Paradossi su paradossi. Oggi, sui giornali, contemporaneamente, si parla di una città di palermo coperta di rifiuti, perché i mezzi per raccoglierli si sarebbero sfasciati. Dopo di che si annuncia l’estensione a nuove aree della città di una raccolta differenziata dei rifiuti che definire grottesca è poco, dal momento che, ormai ordinariamente, in tante aree dove, in teoria, si dovrebbe effettuare la raccolta differenziata dei rifiuti, gli stessi rifiuti giacciono per giorni e giorni abbandonati su strade e marciapiedi.
La differenza, a Palermo, tra il ‘prima’ dell’avvio della raccolta differenziata e il ‘dopo’ l’avvio della ‘presunta’ raccolta differenziata sta nel fatto che, prima c’erano i cassonetti dell’immondizia nei quali, bene o male, l’immondizia trovava posto; dopo l’avvio della raccolta differenziata l’immondizia giace direttamente su strade e marciapiedi.
Tanto che viene da pensare che la ‘raccolta differenziata’ dei rifiuti di Palermo sia servita più agli animali che agli uomini: topi, scarafaggi e gabbiani, di solito a turno, per non intralciarsi gli uni con gli altri (anche perché ‘alcuni’ di questi animali se incontrano gli ‘altri’ se li pappano) non hanno più bisogno di cercare nei cassonetti, ma trovano più comodo cercare il proprio cibo tra i rifiuti che giacciono su strade e marciapiedi.
Almeno questo ‘servizio’ il Comune di Palermo è riuscito a organizzarlo…