Niente di nuovo nel PD. Niente di nuovo a Roma. E niente di nuovo in Sicilia. Dove Renzi ha deciso di serrare le fila e di candidare Davide Faraone alla segreteria del partito. Alla fine, nel Partito Democratico della nostra Isola, si profila una battaglia congressuale tra renziani della prima ora e renziani pentiti. Con le stesse facce che hanno portato al baratro finanziario Regione, ex Province e Comuni
Che Matteo Renzi non abbia alcuna intenzione di mollare si è capito. Darà battaglia a Roma contro la candidatura di Nicola Zingaretti. Magari perderà, ma conta di dare vita a un blocco del 30% o giù di lì per condizionare le scelte del Partito Democratico, al centro e in periferia. E forse è questa la chiave di lettura della candidatura lanciata ieri su Facebook da Davide Faraone alla guida della segreteria del partito in Sicilia con un appello non privo di retorica:
“Conosco la Sicilia della luce e del lutto. Dei primi e degli ultimi. Voglio ripartire dalla mia terra. Mi candido alle primarie del PD siciliano, insieme a tutti voi. #AvantiSicilia”.
Renziano della prima ora, Faraone, già sottosegretario del passato Governo nazionale di centrosinistra, rappresenta la continuità di un’esperienza politica che ha perso il referendum sulle riforme costituzionali del dicembre 2016, che in Sicilia ha perso le elezioni regionali nel novembre del 2017 e che ha perso le elezioni politiche nazionali il 4 marzo di quest’anno.
Faraone esemplifica e sintetizza meglio di qualunque altro esponente del PD siciliano le sconfitte di questo partito a livello nazionale e, in Sicilia, i disastri finanziari della nostra sempre più disastrata Isola, frutto di due ‘Patti scellerati’ che il Governo Renzi ha imposto alla Regione siciliana governata da Rosario Crocetta e dallo stesso PD.
Ma attenzione: se Faraone rappresenta il renzismo che ha portato la Regione siciliana, le ex Province e buona parte dei Comuni della nostra Isola verso un default silenzioso, gli avversari interni dello stesso ex sottosegretario non sono certo migliori di lui.
Molti dei dirigenti del PD siciliano che oggi sono schierati con Zingaretti – a cominciare dall’ex assessore Antonello Cracolici – pur tra contraddizioni e mal di pancia – hanno avallato le scelte renziane.
A parte le leggi nazionali disgraziate volute da Renzi, tipo Jobs Act, Buona scuola e, in generale, gli attacchi sistematici al mondo del lavoro, Cracolici e compagni, in Sicilia, hanno, di fatto, avallato il ‘killeraggio’ del referendum sulle trivelle (affossato con il mancato raggiungimento del quorum) e, soprattutto, hanno appoggiato il referendum sulle riforme costituzionali di Renzi: referendum la cui ‘bocciatura’, da parte della maggioranza degli italiani, rappresenta la sconfitta non solo del renzismo, ma di tutto il PD.
Certo, in Sicilia, durante la stagione renziana, qualche voce di dissenso non è mancata. Come l’area della CGIL di Catania. O come quella dell’ex parlamentare nazionale e regionale, Giovanni Battaglia, forse il primo a capire che l’arrivo, nel PD siciliano, di personaggi raccolti di qua e di là dai renziani – in alcuni casi con discreti pacchetti di voti: per esempio, Luca Sammartino a Catania – non era altro che una sorta di ‘Opa’ politica lanciata sul partito nell’Isola.
I conti, in effetti, tornano. Chi è, infatti, che ha anticipato la candidatura di Faraone alla guida del PD in Sicilia? Naturalmente Sammartino!
Due le conclusioni.
La prima riguarda Faraone. Che, per accreditarsi, proverà a ricordare i suoi scontri con l’ex presidente della Regione, Rosario Crocetta. L’equazione politica che Faraone cercherà di sfruttare è la seguente: Crocetta è stato un pessimo governante, agli atti ci sono le mie polemiche contro di lui, quindi io rappresento chi ha combattuto Crocetta e il crocettismo.
Peccato che tale equazione politica sia forzata, se non falsa. Perché se è vero che Crocetta è stato un pessimo presidente della Regione, è altrettanto vero che i ‘Patti scellerati’ che hanno massacrato le finanze della Regione siciliana sono stati voluti e imposti alla Sicilia proprio da Renzi, con l’avallo di tutto il PD dell’Isola.
Faraone è stato complice del suo ‘capo’ Renzi nel distruggere le finanze regionali.
Non solo. Se è vero che Faraone ha spesso polemizzato con Crocetta, ebbene, tali polemiche erano pure e semplici guerre di potere. Tant’è vero che quando Faraone ha ‘incassato’ la gestione di due assessorati regionali di peso – il Lavoro e la gestione di Energie, Acqua e Rifiuti – non ha più polemizzato con Crocetta e ha gestito il potere fino all’ultimo giorno.
Seconda conclusione. Se Faraone rappresenta il disastro, molti dirigenti del PD siciliano che oggi si presentano sotto le bandiere di Zingaretti non sono certo migliori dell’ex sottosegretario. Sono comunque personaggi compromessi con la disastrosa gestione della Regione di Crocetta e con lo stesso renzismo.
In Sicilia, poi, non si salvano nemmeno i signori della cosiddetta Area-Dem, anche loro compromessi a Roma con Renzi e in Sicilia con Crocetta.
Forse, in Sicilia, gli unici esponenti del PD che si sono tenuti fuori dai disastri politici e amministrativi che hanno portato al baratro finanziario Regione, ex Province e Comuni sono gli esponenti della mozione congressuale a sostegno di Matteo Richetti. Ma quanti sono in Sicilia? E quanti sono a Roma?
Perché se è vero che nella nostra Isola la vittoria di Faraone alla guida della segreteria del PD è tutt’altro che scontata, è anche vero che Zingaretti non dovrebbe avere problemi a vincere il congresso a Roma.
Un sondaggio delle settimane scorse dà Zingaretti a circa il 30%. Renzi sarebbe al 12%, l’ex Ministro Carlo Calenda sarebbe al 14%.
Zingaretti da una parte e Renzi e Calenda dall’altra parte (ammesso che i due, benché entrambi esponenti dell’europeismo liberista, ‘viaggino’ insieme) avrebbero, grosso modo, la stessa forza. Non sappiamo se ci saranno altri candidati alla segreteria. Ma si capisce già che tutta la vecchia guardia del PD – i vari D’Alema, Bersani e via continuando – confluirà su Zingaretti.
Non è un caso che, in queste ore, sia praticamente scomparso il partito-sigla Liberi e Uguali: scomparsa probabilmente prodromica al rientro nel PD di chi ne ha fatto parte.
Cosa vogliamo dire? Che nel PD, a Roma, non si profila alcun rinnovamento: le stesse facce della fallimentare stagione renziana si riproporranno con l’aggiunta di chi – come D’Alema e Bersani – hanno combattuto Renzi. Ci sarà una sintesi senza alcuna novità politica.
Lo stesso discorso – se non peggiore – andrà in scena in Sicilia. Dove si profila uno scontro tra renziani ‘impentiti’ e renziani pentiti: in entrambi i casi, anche nella nostra Isola, nel PD, non ci sarà alcuna novità politica, ma sempre le stessa facce: Faraone, Cracolici, Giuseppe Lupo, Teresa Piccione, il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, che, come un celebre personaggio di un film di Nanni Moretti, non ha ancora sciolto il dilemma: sarò più al centro dell’attenzione tenendomi fuori o partecipando?
Morale: ancora una volta il vecchio che avanza…
Aggiornamento 1:
Comunicato di Antonio Ferrante, tra i promotori in Sicilia della mozione congressuale a sostegno di Matteo Richetti in vista del prossimo congresso PD.
“ Sono trascorsi oltre venti giorni dalla direzione che ha indetto il congresso tra silenzi, nomi gettati nella mischia e veti reciproci che non hanno prodotto un vero passo verso quella possibile soluzione unitaria auspicata da tutti a parole, ma, al contrario, ciò che si prospetta oggi altro non è se non l’ennesima conta tra correnti”.
“Da parte nostra abbiamo mostrato senso di responsabilità sin dalla direzione regionale, astenendoci per non votare contro ad un regolamento farraginoso e ad una commissione certamente non unitaria, e in questi giorni abbiamo provato a dare il nostro contributo per un percorso comune che avesse al centro, prima dei nomi e delle scelte nazionali, la ricostruzione di un PD siciliano ormai in macerie e un vero cambiamento della classe dirigente. Oggi appare chiaro che un simile obiettivo non è mai stato nelle corde di una precisa area del nostro partito”.
“I nostri sostenitori, quelli che ci hanno abbandonato perché stanchi del partito degli eletti, come anche coloro che ancora nel PD, ci chiedono rinnovamento, discontinuità con le logiche e le divisioni del passato ma soprattutto un segretario che spenda la metà del proprio tempo a chiedere scusa per i tanti errori commessi e il tempo rimanente a chiedere aiuto e condivisione per non commetterli ancora. Questi sono i presupposti con i quali siamo ancora ancora pronti a valutare eventuali proposte di candidature condivise, avanzando anche la nostra. Qualora tuttavia alla già nota prima candidatura di corrente se ne aggiungessero altre, saremo noi a proporre una mozione ed una candidatura che sia reale espressione di quella discontinuità e quel cambiamento che i nostri militanti, i nostri giovani e tutti i siciliani stanno aspettando”.
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