La nostra rubrica dedicata alle pillole culturali: gli incipit tratti dai grandi romanzi, gli aforismi di scrittori e filosofi, i siciliani da non dimenticare, gli anniversari di fatti storici noti e meno noti, la Sicilia dei grandi viaggiatori, i proverbi della nostra tradizione e tanto altro ancora. Buona lettura
terza pagina
(a cura di Dario Cangemi)
Incipit
Un classico buongiorno. O, se preferite, un buon giorno ricordando un grande romanzo. Il modo migliore di iniziare una giornata: l’incipit di un grande libro. Se lo avete già letto sarà un bel ricordo. Se no, potrebbe invogliarvi alla lettura.
‘’Io sono stato povero e ho conosciuto il successo in tarda età. Tutto è arrivato tardi nella mia vita, e questa è una fortuna: mi sento come di aver vinto alla Sisal. Il successo fa venire in prima linea l’imbecillità. Se avessi ottenuto da giovane quel che ho oggi, non so come sarebbe finita. Non conosco il mio livello di imbecillità’’.
Andrea Camilleri (Porto Empedocle, 6 settembre 1925)
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Pensieri sparsi
L’aforisma, la sentenza, sosteneva Nietzsche, sono le forme dell’eternità. L’aforisma é paragonato dal filosofo tedesco alle figure in rilievo, che, essendo incomplete, richiedono all’osservatore di completare ‘’col pensiero ciò che si staglia davanti’’.
‘’La cultura è l’unico bene dell’umanità che, diviso fra tutti, anziché diminuire diventa più grande’’.
(Hans Georg Gadamer)
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Eventi e fatti storici
14 Novembre 1918 – La Cecoslovacchia diventa una repubblica.. La Cecoslovacchia fu uno Stato europeo indipendente esistito dal 1918 al 1992. A seguito di una decisione parlamentare del 1992 fu decisa la scissione del paese in due entità statali separate che, dal 1º gennaio 1993, presero il nome di Repubblica Ceca e Slovacchia.
•Accade anche il 14 novembre 1599 •
Acireale, il quartiere dei Platanj è investito da un’alluvione
La notte tra il 13 e 14 novembre 1599 il quartiere dei Platanj fu investito da un’alluvione. Il fiume d’acqua scendeva implacabile lungo ”a strata ritta” (odierna via Vittorio Emanuele III) e spalancò sinanco le porte della chiesa della Madonna del Carmine. I danni furono ingenti e si sconosce il numero delle vittime.
In un registro antico dei battesimi si legge “…L’anno chi la china si tirau li robbi et Jogali di ditta Ecc.a fu alli 14 di Novembrei di luni la notti ajornando lo marti, XIII ind. 1599″. L’annotazione è forse dello stesso cappellano della chiesa. Il Can Raciti Romeo nella sua “Aci nel secolo XVI” riporta”.
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Siciliani notevoli da ricordare
il 14 novembre 1836 moriva a Messina Paolo Flamma, deputato al Parlamento Napoletano
Nato a Messina il 17 gennaio 1753 e ivi morto il 14 novembre 1836. Abbracciò da giovane il sacerdozio e vestì l’11 settembre 1773 l’abito monastico con il nome di Gaetano. Ma se ne spogliò nel 1775 (per Gallo 1790) restando prete secolare. Si dedicò alla predicazione, fu deputato di Messina al Parlamento napoletano delle Due Sicilie del 1820-21.
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Viaggio e cultura: il rapporto degli scrittori con la Sicilia
Se il viaggio è desiderio di conoscere l’altro e, al tempo stesso, possibilità di riconoscere se stessi. E’ affascinante notare come la Sicilia rappresenta per chi non vi è nato un’attrazione irresistibile, calamitando fantasie e immaginari dei viaggiatori stranieri che, forti della propria identità, vengono in Sicilia per capirne la conclamata diversità e forse trovano per lo più quello che credevano di voler trovare secondo la loro formazione, i loro desideri.
Quando pensiamo alla Sicilia, inevitabilmente i ricordi personali si sovrappongono alle descrizioni letterarie, così come i fatti di attualità si intrecciano con le fantasie mitologiche e il folklore si confonde con i luoghi comuni, suggerendo all’immaginazione percorsi alternativi.
..Paul York von Wartenburg
‘’Non appartenere ad alcuna parte del mondo ed essere appetita da ognuno, è il tragico destino di quest’isola’’.
Per l’aristocrazia europea, in special modo per artisti e intellettuali, l’esperienza del viaggio in Italia ha conosciuto tra Sette e Ottocento punte di alta diffusione. La tradizione letteraria tedesca, francese e inglese ha fatto del Grand Tour una koinè, l’ occasione di una straordinaria avventura conoscitiva e una forma d’iniziazione umana. Se ci lasciamo alle spalle Goethe, è per proporre al lettore un viaggiatore, certamente meno noto dell’autore del Faust, ma il cui lascito costituisce una sorta di contraltare al suo “Viaggio in Italia”. Stiamo parlando del conte Paul Yorck von Wartenburg, figura singolare di nobile prussiano, giurista, politico e raffinato pensatore e filosofo, che nel 1891, attraversando in lungo e in largo il nostro paese, visitò, sostandovi per venti giorni, quasi tutta la Sicilia: da Messina a Taormina, da Catania a Siracusa, da Palermo a Girgenti, da Cefalù a Monreale. E il resoconto di questo suo viaggio, scritto in forma di lettere alla moglie, il “Diario italiano” (edito dal Collegio siciliano di Filosofia, curatoe prefato da Francesco Donadio, uno dei maggiori conoscitori del pensiero di Yorck), costituisce una miniera di suggestive e dense annotazioni di carattere estetico, politico-sociale ed antropologico sull’ isola.
‘’Quando Goethe – scrive Yorck nel suo Diario – dice che l’Italia senza la Sicilia non offre affatto un quadro completo, in fondo ha torto. Non solo la natura della Sicilia è del tutto diversa, ma anche la schiatta degli uomini. Nel sud Italia, specialmente in Sicilia, ogni storicità è stata d’ importazione. L’anima popolare è assolutamente astorica, incapace di lasciare un’ impronta, ma indomabile come le onde del mare’’. Osservando il fluire della vita del siciliano, Yorck sa penetrare sin dentro le vicende storico-politiche che nel corso dei secoli ne hanno segnato in modo indelebile le sue forme antropologiche. Il siciliano – annota Yorck – ‘’è il prodotto di un territorio che non è un pezzo staccato d’Italia, che non ha mai fatto parte di alcuna parte del mondo in epoca storica, che è stato occupato da nord, sud, est, ma mai è stato assimilato, l’isola in cui niente è stabile se non il movimento, il non-stabile, dove un giorno distrugge quanto l’altro giorno ha costruito, dove vulcanismo e nettunismo sono continuamente all’ opera, dove un giorno trasforma la storia di secoli’’. ‘’Credo che sia estremamente difficile influenzare il popolo siciliano, in parte, naturalmente, anche per il fatto di essere stato sempre sotto governi stranieri e fino a poco tempo fa, ad eccezione di brevi periodi, sotto malgoverni o, se si intende la parola governo nel senso di adempimento di dovere, sotto nessun governo. Qui sarebbe necessaria una paterna tirannide con finalità sociale. Non parole e retorica, ma coltivazione del territorio, assistenza e promozione economica, politica doganale, utilizzazione delle risorse. Cosa diventerebbe con una globale cura economico-reggimentale!’’. Se in questa plastica fotografia, il raffinato prussiano Yorck ha saputo condensare bene l’ineffabilità della Sicilia, è indubbio che molto spesso l’ isola ne abbia a volte abusato, sino al punto da (auto) giustificare la sua gelatinosità, il suo baloccarsi nell’ inerzia o in una sorta di inedia sociale.
‘’La specificità interna del siciliano mi sembra l’assoluta astoricità. Egli è il prodotto di un territorio […] che non ha mai fatto parte di alcuna parte del mondo in epoca storica, che è stato occupato da nord, sud est, ma mai è stato assimilato’’.
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La scuola poetica siciliana
La scuola poetica siciliana è la prima forma di letteratura laica in Italia. Suo promotore fu l’Imperatore Federico II di Svevia. Questa scuola vide il suo apice tra il 1230 e il 1250. Nacque come una poesia di corte, infatti autori dei più noti sonetti sono lo stesso Federico II e membri della sua corte quali Pier delle Vigne, Re Enzo, figlio di Federico, Rinaldo d’Aquino, Jacopo da Lentini (funzionario della curia imperiale), Stefano protonotaro da Messina…La lingua usata era il siciliano o meglio il siculo-appulo.
Lo gran valore e lo pregio amoroso
‘’Lo gran valore e lo pregio amoroso
ch’è ‘n voi, donna valente,
tuttor m’alluma d’amoroso foco,
che mi dispera e fammi pauroso,
com’om ca di neente
volesse pervenire in alto loco’’.
Mazzeo di Ricco
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Proverbi Siciliani
Il proverbio è la più antica forma di slogan, mirante non già ad incentivare l’uso di un prodotto commerciale, bensì a diffondere o a frenare un determinato habitus comportamentale, un particolare modo di valutare le cose, di interpretare la realtà.
Tutti i cunsigghi pìgghia, ma u to nun u lassari (Ascolta tutti i consigli, ma non abbandonare la tua ide