Ho sempre sostenuto, da magistrato che si è occupato di Reati contro la P.A., che le tangentopoli, via via scoperte, erano complesse ed organizzate a diversi livelli, con il coinvolgimento di più soggetti (sistema dei partiti, imprenditori, burocrazia, alti professionisti, giornalisti….)
di Angelo Giorgianni
Le varie Tangentopoli italiane sono apparse, a torto o a ragione, intanto un meccanismo di selezione di classe dirigente e poi, per quanto paradossale possa apparire, il sostituto funzionale di una riforma dello Stato che, malgrado buoni propositi e dichiarazioni d’impegno, nessuno è stato capace di attuare.
Nei processi in corso, ed in quelli che si faranno nel futuro a venire, oltre i singoli presunti autori di violazioni di legge, appaiono idealmente nel banco degli imputati, con l’occhio al passato:
a. la progressiva degenerazione della Pubblica Amministrazione;
b. la crescente invadenza dei partiti nelle più diverse sfere della vita sociale;
c. l’incapacità del sistema politico di fungere da sintesi progressiva e non regressiva rispetto ai processi di mobilità sociale che avrebbero dovuto svolgersi sulla base di regole e valori.
Oltre ovviamente all’accertamento dei reati ed all’irrogazione di sanzioni, i magistrati non possono e non devono andare, e così poco purtroppo, e non certo per loro responsabilità, sembra aver inciso l’azione dei magistrati su:
a. lo “sfascio” complessivo della Pubblica Amministrazione;
b. l’arroganza di alcuni apparati di partito, a livello locale e nazionale, di tipo autoreferenziale:
c. la sostanziale continuità di un regime di corruzione in vaste aree dell’economia.
Ho sempre sostenuto, da magistrato che si è occupato di Reati contro la P.A., che le tangentopoli, via via scoperte, erano complesse ed organizzate a diversi livelli, con il coinvolgimento di più soggetti (sistema dei partiti, imprenditori, burocrazia, alti professionisti, giornalisti….). Assai spesso le indagini riuscivano a cogliere solo parte della complessità, un livello piuttosto che un altro, alcuni e non tutti i soggetti. L’economia “cattiva” che si andava ad esplorare, le zone grigie che si tentava di illuminare, raramente permettevano di spezzare definitivamente legami; di azzerare modelli di comportamento; di isolare figure di illegalità; di impedire il ricrearsi in veste più aggiornata e sofisticata, di accordi di corruzione. Ha scarso senso comune addossare alla magistratura, o ai suoi metodi di lavoro, questa continuità di fondo.
Ed infatti, occorre ricordare che esiste unanime riconoscimento, sul fatto che le diverse Mani Pulite contrapposte a Tangentopoli sono apparse la rappresentazione concreta di una prepotente domanda di riscatto proveniente dalla società civile ed impossibilitata a trovare i giusti canali per esprimersi, di cui si facevano anche paladini alcuni Partiti.
Non ho titolo poi per pronunziarmi sugli equilibri interni (e su sopraggiunte dinamiche) di partiti che pure in passato hanno sostenuto, senza mezzi termini, come legittima una “rivoluzione per mano dei giudici” e posso al riguardo solo registrare un diverso approccio rispetto al problema.
È un dato di fatto, comunque, che tale domanda di riscatto si è andata affievolendo nel tempo, influenzata da sistematiche e interessate campagne di delegittimazione della magistratura, che fondandosi su un garantismo
peloso, sulla furbizia di trasformare infortuni o errori (umanamente comprensibili) di singoli magistrati in spunto per condanne generalizzanti della Magistratura, invocavano un ritorno alla “Normalità”, con il riserva mentale di un tempo “felice” in cui la lotta all’illecito costituiva un’eccezione più che la regola nell’azione complessiva regolatrice della magistratura.
In esito a questa sistematica campagna di disinformazione, la società italiana, dopo un periodo di esaltazione ed enfatizzazione, ha ritenuto indebito un ruolo di supplenza dei giudici rispetto alla politica, prima invocato, ed ha cominciato a guardare con fastidio personaggi prima idolatrati, intanto per un loro protagonismo ritenuto eccessivo e poi perchè non in linea rispetto al frantumarsi di provvisorie solidarietà stabilite in nome di un’emergenza “giustizia” ritenuta (a torto) superata, come purtroppo la quotidiana cronaca giudiziaria testimonia.
Ed ora, quel che occorre respingere in conclusione non è l’ambizione ad una giustizia Normale, obiettivo degli stessi giudici, piuttosto il far coincidere questa normalità con un ritorno all’impunità come regola ed all’indagine come eccezione. Anche se va ribadito a chiare lettere che da Tangentopoli non si può uscire solo con la definizione dei processi ma piuttosto:
a. con il ridisegno degli assetti istituzionali e la riorganizzazione della burocrazia pubblica;
b. con un più giusto equilibrio tra interessi economici ed interessi politici;
c. con il contributo delle forze sociali, di categoria e professionali per il ristabilimento di una situazione fisiologica nella sfera dei rapporti tra politica ed economia.
I magistrati hanno fatto e faranno sicuramente tanto, ma quando un corpo umano è aggredito da un virus, un virus violento, il buon medico accorre al capezzale del paziente e dopo aver prestato i primi soccorsi, somministrando un farmaco sintomatico per abbassare la febbre e/o per lenire la cefalea, se è un buon medico studia una terapia complessiva. Quella terapia complessiva mira a creare in quell’organismo gli anticorpi per ristabilire le condizioni di equilibrio.
I magistrati sono stati, sono e saranno un farmaco sintomatico, poi dovrà essere tutta la società a rispondere per creare gli anticorpi in quella società e la Buona Politica, che, con spirito di servizio, dovrà fare la sua parte, dimostrando, con un impegno concreto e visibile su questo fronte, di credere sinceramente nei valori della Legalità e Giustizia, fugando così la sgradevole sensazione che siano solo temi strumentalmente sbandierati in campagna elettorale