Il costituzionalista ed esperto in Diritto ambientale, professore Paolo Maddalena, smonta la storia delle penali e dei risarcimenti tirata fuori da Luigi Di Maio per giustificare il sì alla TAP. ‘Globalist’ illustra gli interessi americani nel gasdotto che rischia di distruggere una parte del Salento. Alcuni passaggi di un’intervista di tre anni fa a uno dei fondatori del Movimento 5 Stelle in Sicilia, Francesco Menallo, raccontano i rapporti tra grillini e USA. A cominciare da Edward Luttwak…
“Le argomentazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri sui costi che l’Italia sarebbe costretta a pagare a titolo di risarcimento del danno, qualora impedisse la realizzazione del TAP, sono da ritenere prive di fondamento giuridico, se sono esatte le notizie finora fornite dalla stampa”.
A sottolinearlo è il professore Paolo Maddalena, vice presidente Emerito della Corte Costituzionale e presidente dell’associazione ‘Attuare la Costituzione’. Il professore Maddalena non può certo essere considerato un avversario del Movimento 5 Stelle. Parliamo di un docente universirio di Istituzioni di Diritto romano che, a partire dagli anni ’70 del secolo passato, si è specializzato in Diritto ambientale. Insomma, in materia di tutela dell’ambiente è un’autorità.
Tra l’altro, il professore Maddalena è molto critico verso Ed è molto critico verso la finanza globale, autore di un saggio molto importante: ‘Gli inganni della finanza’, dove esprime una critica serrata pensiero neoliberista e mercantilista e all’idea che tutto debba ridursi a una questione di denaro.
Insomma, il giudizio di questo studioso sul gasdotto che dovrebbe sventrare il Salento, una zona della Puglia che non merita certo di fare questa fine, non è di parte: anzi. E, soprattutto, non c’è u pregiudizio contro i grillini.
Del resto, sono proprio Luigi Di Maio e compagni che, in queste ore, si stanno contraddicendo, provando a giustificare il cambiamento di linea politica sulla TAP. I grillini hanno tirato in ballo leggi, accordi, penali, risarcimenti e quant’altro. Ma il professore Maddalena li smentisce su tutta la linea:
“Se si parla di leggi – osserva il costituzionalista che, da decenni, approfondisce i temi del Diritto ambientale – evidentemente si fa riferimento allo ‘Sblocca Italia’ e alla legge di ratifica dell’accordo tra Italia, Grecia e Albania, le quali sono entrambe incostituzionali, perché contrarie al principio di utilità sociale sancito dagli articoli 41 e 42 della Costituzione”.
“In particolare – aggiunge – viene in evidenza anche il fatto che la pericolosità del gasdotto contrasta con la seconda parte del comma 2 dell’articolo 41, secondo il quale l’attività economica ‘non può svolgersi in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana’. Nessuno, infatti, può garantire la sicurezza dell’opera e nessuno può negare che la libertà e la dignità umana sono gravemente offese dalla patente violazione dei diritti all’ambiente e della salute dei cittadini. Tali leggi dovrebbero essere portate in via incidentale davanti alla Corte Costituzionale per il loro annullamento”.
“Se poi si fa riferimento a eventuali contratti tra il Governo italiano e la compagnia straniera interessata -precisa ancora il professore Maddalena – è oltremodo evidente che si tratta di un contratto nullo, ai sensi dell’articolo 1418 del Codice Civile, in quanto esso viola ‘le norme imperative’ di cui ai citati articoli 41 e 42 della Costituzione. In ogni caso – conclude il costituzionalista – i responsabili del danno non possono essere i cittadini italiani ma i singoli soggetti dell’esecutivo che, legge a parte, hanno svolto un’attività amministrativa contraria all’interesse pubblico dell’Italia”.
Il capo del Governo Giuseppe Conte e il suo vice, il già citato Di Maio, sono serviti. Hanno solo preso una scusa per giustificare quello che, di fatto, è un tradimento verso i propri elettori. Il cambio di opinione dei grillini su tale tema, con molta probabilità, è frutto di pressioni politiche.
Per provare a capire da dove potrebbero arrivare le pressioni politiche risulta interessante un articolo pubblicato da Globalist Syndication.
“Mentre nel Salento la folla inferocita del Movimento No Tap brucia bandiere del Movimento 5 Stelle e dà fuoco persino alle foto dei parlamentari grillini che hanno fatto eleggere dall’oggi al domani con percentuali bulgare scrive Globalist – sarà il caso di ricordare cos’è la TAP e la complessa strategia politica che l’ha prodotta. La TAP (Trans European Pipeline) è un gasdotto auspicato principalmente dagli Stati Uniti e destinato a far concorrenza a Gazprom per rendere l’Europa ‘non ricattabile’ da parte di Putin in materia di energia”.
Già siamo entrati in trema: gli interessi degli USA. E chi ha un po’ di memoria ricorderà l’incontro tra il presidente degli Stati Uniti, Donad Trump, e il capo del Governo italiano. E ricorderà anche che il presidente americano ha parlato molto bene di Conte.
Nell’articolo di Globalist si ricorda che la TAP ha già fatto “scorrere sangue a fiumi in tutto il Medio Oriente”. Il riferimento è alla guerra in Siria, dove gli Stati Uniti ne hanno combinate di tutti i colori.
Il progetto del gasdotto concorrenziale a Gazprom – in contrapposizione alla Russia di Putin – risale al 2012-2013.
“E’ un’idea dell’amministrazione Obama – scrive Globalist – nata sulla scia della cosiddetta Rivoluzione dei Gelsomini. In quel periodo, la Segretaria di Stato, Hillary Clinton, chiese al dittatore siriano Assad di consentire il passaggio sul suo territorio di un gasdotto. Assad cadde dalle nuvole. ‘Perché volete un gasdotto? Voi siete a 10.000 chilometri da qui”.
Precisa la spiegazione fornita dalla Clinton:
“Ne abbiamo bisogno per vendere il gas agli europei e spezzare il monopolio di Putin e di Gazprom”.
Globalist riporta la replica di Assadf:
“Ma come faccio a consentirvi una cosa del genere?! Tra l’altro, Putin mi deve attualmente un miliardo e mezzo di dollari. Se faccio una cosa del genere, non me li darà mai…”.
“Pare che la Clinton – leggiamo sempre su Globalist – disse ad Assad qualcosa come ‘Ok, you are fired’ (‘Va bene, se è così sei licenziato’) e gli attaccò il telefono”.
Dopo questa telefonata burrascosa in Siria è iniziata una lunga stagione di instabilità. Polemiche e ribellioni. naturalmente contro Assad. Al quale sono state ascritte queste e quelle responsabilità contro il suo popolo.
In realtà, c’è stata una manovra per destituirlo e cacciarlo. La ‘ribellione’ fomentata da soggetti ‘esterni’ (indovinate da chi…) ha prodotto Stato Islamico. Assad, da parte sua, non è rimasto con le mani in mano. Ha chiesto aiuto a Putin, che è stato ben lieto di intervenire, perché i russi ‘leggono’ il sovvertimento del potere in Siria come una via aperta degli americani verso la Russia.
Agli atti c’è che a sconfiggere i jihadisti è stato proprio l’esercito russo di Putin. Questo è un fatto. Anche se oggi che alla Casa Bianca non c’è più Obama i rapporti tra USA e Putin sembrano cambiati.
Ma qualche anno fa, quando presidente USA era ancora Obama, le cose erano diverse.
Globalist ricostruisce come la Clinton, candidata contro Trump, si sia data la zappa sui piedi proprio a proposito della questione siriana:
“Tutto si svolse in pochi minuti. Durante la campagna elettorale, una brava giornalista americana chiese pubblicamente alla candidata democratica se rispondevano al vero certe voci che sostenevano che i jihadisti erano stati creati in un primo tempo proprio dagli americani nell’intenzione di destituire Assad. Hillary Clinton rispose con un’ingenuità disarmante: ‘Sì, è vero, li abbiamo creati addirittura vent’anni fa, per combattere i russi in Afghanistan, ed eravamo d’accordo tutti, repubblicani e democratici. Ma potevamo immaginare che poi sarebbe successo quello che è successo?’. Quel giorno, Donald Trump spiccò il volo verso la Presidenza degli Stati Uniti. E una volta eletto, anziché stendere un velo pietoso sull’iniziativa del gasdotto, decise che l’Italia, e precisamente il Salento, sarebbe stato il luogo ideale per realizzarlo”.
Qui comincia la fregatura per la Puglia. Che si deve sorbire i desideri americani.
Già, gli americani. In questo caso, i rapporti tra USA e Movimento 5 Stelle. Circa tre anni fa, chi scrive, ha affrontato questo argomento. E l’ha fatto intervistando l’avvocato Francesco Menallo, che è stato tra i fondatori del Movimento 5 Stelle in Sicilia. Ma che, a un certo punto, ha lasciato il Movimento. Riprendiamo questa intervista perché racconta molte cose oggi attuali: e soprattutto utili per provare a decifrare quello che succede oggi.
Cominciamo col dire chi è Francesco Mennallo: avvocato, negli anni ’80 del secolo passato, è stato dirigente di Legambiente, associazione di ambientalisti che, specialmente in Sicilia, ha condotto tante battaglie per la tutela dell’ambiente, all’insegna della legalità. Come tanti cittadini italiani ha vissuto tra speranze e scetticismi le evoluzioni e, soprattutto, le involuzioni della sinistra italiana.
Dal 2004 fino al 2012 – anno in cui, in Sicilia, sono state celebrate le elezioni comunali e le elezioni regionali – Menallo è rimasto dietro le quinte, lavorando per far crescere il Movimento 5 Stelle. Pronto a valorizzare i giovani per un progetto di cambiamento della società, per un anno, dal 2012 al 2013, ha cercato di sostenere – in modo disinteressato gli esponenti del Movimento 5 Stelle entrati per la prima volta in Assemblea regionale siciliana nell’autunno del 2012.
Fino al 2013 è rimasto nel Movimento, aiutando i giovani parlamentari regionali grillini. Poi, improvvisamente, è andato via.
Noi – come già ricordato siamo riusciti a intervistarlo per Nientedipersonale.com. Di seguito potete leggere alcuni passaggi dell’intervista (che è allegata, per intero, in calce a questo articolo).
Si inizia con una dichiarazione molto netta:
“Io – dice l’avvocato Menallo – non ho il dubbio che dietro il Movimento 5 Stelle ci siano gli americani: io oggi ho la certezza che l’operazione politica ‘pilotata’ da Grillo e da Casaleggio sia voluta dagli USA”.
Dopo di che comincia il suo racconto:
“Quando nel 2004 abbiamo iniziato quest’esperienza eravamo veramente in pochi. Ho sempre vissuto quest’avventura come una prova di partecipazione civile ad un’idea di rinnovamento della politica e della società del nostro Paese. Oggi, alla luce di quanto ho avuto modo di vedere e di conoscere, mi rendo conto che i presupposti sui quali è stata portava avanti quest’esperienza sono molto diversi da quelli che ci sono stati presentati ed in cui, l’ammetto, anch’io ho creduto”.
A proposito della sua decisione di lasciare il Movimento 5 Stelle, tre anni fa Menallo si esprimeva così:
“La mia non è stata una decisione affrettata, ma meditata. Dietro ci stanno precise motivazioni politiche e anche un approfondimento sulle vere radici di questa esperienza. I primi dubbi abbiamo cominciato a nutrirli subito dopo le elezioni politiche del 2013. Dico subito che sono tra quelli che, nel 2013, si aspettavano una collaborazione, od almeno un confronto con l’allora leader del PD, Pierluigi Bersani. Quello che è successo allora è politicamente illogico. A meno che, come ora cercherò di illustrare, il tutto faceva parte di un disegno politico ben preciso”.
“Come ho già accennato – prosegue Menallo – eravamo in tanti, subito dopo le elezioni politiche nazionali del 2013, ad aspettarci un accordo con il PD di Bersani. Pensavamo: ci prendiamo due-tre ministeri-chiave e iniziamo a cambiare l’Italia dal di dentro. Se il PD si tirerà indietro, beh, i cittadini italiani capiranno. Invece che succede? Grillo e Casaleggio bloccano tutto. Nessuna trattativa con Bersani. Chiusura totale. Risultato: il PD finisce nella mani di Matteo Renzi, dopo l’accoltellamento alla schiena, nell’ordine, di Bersani e, poi, di Letta. E’ a questo punto che in tanti di noi comincia a maturare un retro-pensiero”.
“Quando Renzi va al governo tanti di noi si chiedono: ma non siamo anche noi responsabili di tutto quello che sta succedendo? E che succederà?”.
Menallo dà la seguente risposta:
“Renzi è anche il frutto delle scelte politiche adottate dal Movimento 5 Stelle. Piaccia o no, Bersani è un uomo di sinistra. Moderato quanto si vuole, membro dell’establishment, ma di sinistra. Con lui si sarebbe potuto e dovuto discutere, si sarebbe potuto cominciare a strappare sovranità dal basso e costruire, nel frattempo, una classe dirigente giovane, pulita, consapevole e preparata. Con Renzi, come tutti hanno avuto modo di vedere, non si discute. Renzi agisce e basta. Dietro di lui ci sono i poteri forti che impartiscono ordini. E lui li mette in pratica, costi quel che costi. Con incredibili forzature sul Parlamento. Vedi Job’s Act e riforma a perdere del Senato, per citare solo due esempi”.
Tre anni fa abbiamo posto la seguente domanda all’avvocato Menallo:
“Quindi lei pensa che l’irrigidimento dei grillini, alla fine, sia stato funzionale non tanto a Renzi, quanto ai ‘prodotti’ legislativi del renzismo?”.
La risposta di uno dei fondatori del Movimento 5 Stelle in Sicilia è stata categorica:
“Ma questo non lo dico io: è un fatto oggettivo, sotto gli occhi di tutti”.
“Poi inizia – racconta sempre Menallo – la stagione delle espulsioni, che non si è mai fermata. Noi, in Sicilia, viviamo sulla nostra pelle l’espulsione di due senatori, Campanella e Bocchino, rei soltanto di aver rivendicato il diritto alla parola. Lo sapete perché Campanella viene messo fuori dal Movimento? Perché in un incontro con Grillo, questi gli dice, ad una precisa richiesta di confronto democratico: ‘Questa è tutta la democrazia che ci possiamo permettere in questo momento”.
La gestione della linea politica del Movimento, in Parlamento, viene affidata ad un ex del Grande fratello (Rocco Casalino) con compiti di comunicatore.
Oggi Casalino ha fatto molto parlare di sé, non certo per particolari meriti. Tre anni fa Menallo ce l’aveva descritto così:
“Un uomo che identifica la politica con la comunicazione, da cui provengono le varie gaffes sulla legge Bossi/Fini e su altri provvedimenti votati in commissione, se non addirittura proposti dai parlamentari stellati, smentiti da qualche uscita di Casaleggio o, peggio, con qualche post ‘apparentemente’ fuori luogo di Grillo. La linearità di comportamenti e l’indisponibilità a farsi manipolare dall’imbonitore delegato dai ‘capi’gli costano l’espulsione. In tanti siamo sbigottiti, anche se cerchiamo di mediare prima che accada l’irreparabile, costruito a tavolino e pilotato da Milano, quartier generale delle società di Casaleggio . Restiamo ancora più sbigottiti quando i vertici del Movimento, sempre per bloccare il dissenso, mettono in atto una strategia ed una metodologia che definire staliniste è poco”.
Quando gli chiediamo a cosa si riferisce, Menallo risponde così:
“Guardi, l’espulsione dei senatori Campanella e Bocchino viene ‘decisa’ da undici persone del Meetup di Palermo. In quarantasette firmiamo un appello per difendere i due parlamentari. A questo punto il Blog di Grillo mette in campo un’operazione di censura impressionante, che fa seguito al nostro tentativo di …metterci una pezza.Grillo sforna un comunicato ‘politico’ domenicale sul blog in cui afferma falsità come le mancate ‘restituzioni’ del 50 per cento delle indennità dei due senatori siciliani o la loro asserita ‘scarsa presenza sul territorio’. Falsissimo, perché sono gli unici che dedicano tutti i fine settimana, nessuno escluso, nonostante l’intensa attività parlamentare, a mantenere i contatti con le esigenze dei territori, sempre disponibili ad intervenire e dare una mano dove c’era una richiesta di aiuto e di presenza”.
Poi ci sono altri fatti:
“Succedono tante altre cose. Il Muos di Niscemi, per esempio. Fino a una certa data, la lotta a questo strumento di morte, da parte dei grillini siciliani, è stata portata avanti con convinzione e impegno. Tra i parlamentati regionali ricordo la passione e l’impegno di Giampiero Trizzino. Ad un certo punto, però… A un certo punto succede qualcosa. A Bagheria arriva Edward Luttwak, il noto politologo americano e consulente del governo USA. E la posizione del Movimento, sul Muos di Niscemi, cambia radicalmente”.
Che c’entra Bagheria?, chiediamo all’avvocato Menallo. Risposta:
“Bagheria è una cittadina siciliana particolare dove, da tempo, succedono tante cose… Quando Luttwak arriva a Bagheria la città era stata a lungo ‘visitata’ da membri dell’establishment russo”.
Noi ci siamo un po’ stupiti. Che ci facevano i russi a Bagheria?
“Giravano porta a porta – ci raccontava tre anni fa Menallo – proponendo affari, commercio e credito a volontà. Non dobbiamo dimenticare che i russi, grazie a Berlusconi, sono entrati in Sicilia, in particolare, a Gela ed in provincia di Siracusa. Ricordo che la Erg ormai parla russo con la Lukoil. Mi riferisco alla raffineria di Priolo ed alle connesse stazioni di servizio”.
Noi, tre anni fa, abbiamo posto a Menallo una domanda stringente:
sdicendo che Luttwak piomba in Sicilia per frenare l’espansione dei russi in Sicilia iniziata sotto il governo Berlusconi?
“Questo mi sembra un dato di fatto. Cos’è, infatti, oggi la Sicilia se non una grande portaerei americana? Penso a ciò che è visibile: Sigonella, Birgi, i droni ed il Muos di Niscemi…”.
In questo scenario Luttwak sistema anche la faccenda Muos di Niscemi?
“Di fatto è così. Il presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, che nella campagna elettorale del 2012 era contro il ‘mostro’ elettromagnetico, dopo la sua elezione dichiara, addirittura, che il Muos di Niscemi è uno strumento di pace! Anche i parlamentari del Movimento 5 Stelle – parlo dei deputati del Parlamento siciliano, ma anche dei parlamentari nazionali eletti in Sicilia – si adeguano: basta lotta contro il Muos. Oggi del Muos i grillini non parlano più. Improvvisamente, nell’estate 2014, mentre il conflitto giudiziario volge a favore delle mamme anti-Muos, passano ad occuparsi – parlo di Riccardo Nuti e di Giampiero Trizzino – delle cabine a Mondello… Al 29mo anno di una concessione trentennale… E non riescono neanche ad impedire la proroga legislativa sino al 2020”.
Fine dei fastidi agli americani da parte del Movimento 5 Stelle? L’avvocato Menallo ci allargò le braccia:
“Di fatto è così. A questo si aggiungono scenari finanziari, che coinvolgono Casaleggio, che portano sempre negli Stati Uniti. Ecco, se mettiamo insieme gli scenari finanziari e il silenzio dei parlamentari sul Muos e, in generale, sulla militarizzazione della Sicilia, si capiscono tante cose”.
Insomma, c’è un rapporto tra Movimento 5 Stelle e gli americani?, gli chiediamo: E Menallo:
“Questo rapporto esiste. In politica esistono i fatti e gli atti parlamentari. Fatti e atti parlamentari dimostrano che, a un certo punto, l’atteggiamento dei grillini sul Muos di Niscemi e, in generale, sulla Sicilia muta. Un mutamento che coincide con la presenza di Luttwak in Sicilia e con un atteggiamento cauto, se non silente, sulla militarizzazione dell’Isola”.
Alla fine dell’intervista abbiamo chiesto all’avvocato cosa pensava del Movimento 5 Stelle del quale anche lui è stato un protagonista, non certo di secondo piano. Amara la sua risposta:
“Penso male di quest’esperienza. Sono un uomo di sinistra e non condivido le ragioni imperialiste degli americani e della NATO. Non so nemmeno se in Sicilia i parlamentari si rendono conto di tutto questo. Penso che la classe dirigente che Grillo e Casaleggio hanno selezionato più con ‘provini’ (emblematica la ricerca di candidati che abbiano ‘attitudini’ e non ‘competenze’, cioè devono essere veloci nell’eseguire, ma non avere idee proprie, o se le hanno devono avere l’esigenza della pagnotta, sennò come li controllo?) che per caratteristiche di particolari competenze e dirittura morale non sia entusiasmante (in fondo anche un onest’uomo perché così dice il suo certificato penale può essere tale solo perché non ha avuto la ‘tentazione’ giusta ed è un potenziale ladro). Senza voler offendere nessuno, dico che Di Maio, alla fine, è solo un fuori corso in Giurisprudenza. In molti casi, si tratta di persone senza arte né parte che, alla fine, cercano di mantenere l’indennità parlamentare. Persone molto attente a non disturbare troppo i manovratori. Miserie”.
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