La nostra rubrica dedicata alle pillole culturali: gli incipit tratti dai grandi romanzi, gli aforismi di scrittori e filosofi, i siciliani da non dimenticare, gli anniversari di fatti storici noti e meno noti, la Sicilia dei grandi viaggiatori, i proverbi della nostra tradizione e tanto altro ancora. Buona lettura
terza pagina
(a cura di Dario Cangemi)
Incipit
Un classico buongiorno. O, se preferite, un buon giorno ricordando un grande romanzo. Il modo migliore di iniziare una giornata: l’incipit di un grande libro. Se lo avete già letto sarà un bel ricordo. Se no, potrebbe invogliarvi alla lettura
«Penso che la verità sia sempre semplice. Cioè, deve essere semplice per forza. Deve essere abbastanza semplice perché la capisca pure un bambino. Altrimenti sarebbe troppo tardi, si arriverebbe a capirla quando è ormai troppo tardi».
Cormac McCarthy, “Non è un paese per vecchi”.
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Pensieri sparsi
L’aforisma, la sentenza, sosteneva Nietzsche, sono le forme dell’eternità. L’aforisma é paragonato dal filosofo tedesco alle figure in rilievo, che, essendo incomplete, richiedono all’osservatore di completare ‘’col pensiero ciò che si staglia davanti’’.
«Un po’ più in là della tua solitudine, c’è la persona che ami».
Dino Buzzati, da “Sessanta racconti”
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Siciliani notevoli da ricordare
Il 18 ottobre 1723 moriva a Linguaglossa Girolamo Scarlata, frate cappuccino.
Nacque a Linguaglossa dalla famiglia Scarlata nel 1661 e quivi morì il 18 ottobre del 1723. Vestì giovanetto il saio di S. Francesco ed ebbe le cariche di Guardiano, Maestro dei Novizi, Lettore, Primo Definitore nel Capitolo di Nicosia del 1721, e Vicario Provinciale. Il Frate fu di santissima vita, e come Santo veniva cercato. La grazia delle curagioni era in lui sì notoria che ovunque di residenza trovavasi, a turbe eran condotti gli infermi secolari in Convento per essere da lui benedetti. Come da una pagina di un libro di edificazione del Trecento affiora alla fantasia commossa la semplice figura del Frate taumaturgo. (sefferuhouse.eu)
Eventi e fatti storici
La battaglia di Durazzo ebbe luogo il 18 ottobre 1081 e vide contrapposti da una parte l’Impero bizantino, guidato da Alessio I, dall’altra i Normanni di Roberto il Guiscardo.
Nel maggio del 1081 Roberto il Guiscardo si stabilì in Albania per pianificare la conquista dei Balcani a danno dell’Impero. Già all’epoca era chiaro l’intento del Guiscardo di impossessarsi del trono di Bisanzio, rivendicato da Costantino Ducas, figlio del deposto Michele VII e genero di Roberto in quanto marito della figlia Olimpia. Ma Niceforo III, che aveva deposto Michele nel 1078, fu a sua volta spodestato e all’arrivo di Roberto nei Balcani, sul trono di Costantinopoli sedeva Alessio I. Per dar forza alle proprie rivendicazioni, il Guiscardo pensò di spacciare Costantino per l’imperatore deposto, anziché per il suo erede.
Dal 1068 al 1071, Roberto si concentrò sulla riuscita dell’assedio, ma a causa dei continui rifornimenti marittimi, non accennava a cadere. Nell’agosto del 71, finalmente dopo 3 anni, la Puglia era in mano ai Normanni. Molto più facile fu la resa della Sicilia che in un solo anno dovette rinunciare sia a Catania prima sia a Palermo poi, ma ancora una rivolta dei suoi baroni lo costrinse al ritorno in Puglia.
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Viaggiatori in Sicilia
Se il viaggio è desiderio di conoscere l’altro e, al tempo stesso, possibilità di riconoscere se stessi. E’ affascinante notare come la Sicilia rappresenta per chi non vi è nato un’attrazione irresistibile, calamitando fantasie e immaginari dei viaggiatori stranieri che, forti della propria identità, vengono in Sicilia per capirne la conclamata diversità e forse trovano per lo più quello che credevano di voler trovare secondo la loro formazione, i loro desideri. In passato, l’identità univoca dei centri da cui provenivano i viaggiatori, bagaglio e ideale di cultura di cui erano portatori e di cui cercavano conferma in Sicilia, si è scontrata con l’identità plurale dell’isola in cui giungevano, quella pluralità tipica delle periferie e pure delle dimore di frontiera, con il loro intreccio di genti e di culture.
Parliamo oggi di.. Johann Hermann von Riedesel
Col viaggio in Sicilia e nella Magna Grecia nella primavera del 1767, Johann Hermann von Riedesel, barone di Eisenbach di Altenburg, (1740-1785), realizzava il sogno di ogni classicista dell’epoca: visitare se non la Grecia, almeno, la sua non secondaria appendice italiana. In Italia c’era già stato una volta tre anni prima, ma, come era consuetudine, non si era spinto al di là di Napoli.
Appassionato di studi classici Riedesel, diversamente dal padre, Johann Volbrecht von Riedesel (1696-1757), generale al servizio del Re di Prussia, coltivava «la philosophie, la politique, la litérature». Dopo un viaggio nella Francia meridionale (Lione, Marsiglia) raggiunge nell’ottobre del 1762 Roma via Genova-Torino-Milano. È a Roma che conosce il Winckelmann. Da Roma, nel gennaio-febbraio del 1963, raggiunge Napoli. Nel viaggio di ritorno visita Firenze e Venezia. Nell’agosto del 1763 è in Germania dove trascorre il resto dell’anno e tutto l’anno seguente.
Johann Herman di Riedesel è stato il primo dei grandi viaggiatori della seconda metà del settecento a recarsi in Sicilia, a scrivere e pubblicare il suo diario di viaggio. Quando sia stato importante il suo viaggio lo testimonia l’amicizia con l’abate Winckelmann, definito da molti il padre dell’archeologia moderna.
Winckelmann, che voleva approfondire a tutti i costi le sue cognizioni sull’arte greca presente soprattutto in Sicilia, necessitava di esperienze dirette sul posto. Per raggiungere questo scopo si servì anche di un giovane amico, conosciuto a Roma, appunto Joseph Herman di Riedesel. Grazie agli insegnamenti ricevuti dall’abate Winckelmann, Riedesel poté formarsi una notevole conoscenza del mondo greco e dell’antichità classica.
Su invito sempre del Winckelmann il Riedesel tornerà in Italia nel 1766-1767 ed è in questo secondo soggiorno che si colloca il viaggio in Sicilia e nella Magna Grecia.
‘’La nobiltà di Palermo è, come tutto il resto dell’Europa, la scimmia delle mode Francesi.’’
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Rapporti tra scrittori e la Sicilia
Quando pensiamo alla Sicilia, inevitabilmente i ricordi personali si sovrappongono alle descrizioni letterarie, così come i fatti di attualità si intrecciano con le fantasie mitologiche e il folklore si confonde con i luoghi comuni, suggerendo all’immaginazione percorsi alternativi.
“Vi è una drammaticità in quest’isola che non ha uguale in alcun luogo del mondo. Il nostro spirito spazia liberamente da Pitagora a Colombo, pervaso dal senso di una realtà grandiosa. Qui approda Platone. Qui combatte il cartaginese. Qui il bizantino costruisce. Qui lo svevo dorme, sotto volte arabe, in una tomba di porfido. Qui Goethe cavalca su un sentiero lungo il mare. Qui Platen esala l’ultimo respiro”.
(Hugo von Hofmannsthal)
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La scuola poetica siciliana
La scuola poetica siciliana è la prima forma di letteratura laica in Italia. Suo promotore fu l’Imperatore Federico II di Svevia. Questa scuola vide il suo apice tra il 1230 e il 1250. Nacque come una poesia di corte, infatti autori dei più noti sonetti sono lo stesso Federico II e membri della sua corte quali Pier delle Vigne, Re Enzo, figlio di Federico, Rinaldo d’Aquino, Jacopo da Lentini (funzionario della curia imperiale), Stefano protonotaro da Messina…La lingua usata era il siciliano o meglio il siculo-appulo.
Per la vertute de la calamita
como lo ferro at[i]ra no si vede,
ma sì lo tira signorevolmente;
e questa cosa a credere mi ‘nvita
ch’amore sia; e dàmi grande fede
che tuttor sia creduto fra la gente.
‘’Però ch’amore non si pò vedere’’
Pier della Vigna
XIII secolo
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