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Il caos sulla nave ‘Diciotti’: ma chi è che doveva decidere?

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Una vicenda che somiglia ad una farsa. Chi doveva decidere non ha deciso. Il ruolo del capo della Guardia Costiera e della Sanità Marittima. E la lettera dei professionisti del settore marittimo

Risolta la questione umanitaria, con lo sbarco di tutti i migranti, restano in piedi tanti interrogativi sul caso della nave ‘Diciotti’. Cosa è successo veramente? Perché si è determinato il caos cui abbiamo assistito? Come è possibile che una nave della Guardia Costiera sia diventata teatro di scontri politici e di passerelle propagandistiche?

L’unica cosa certa è che nulla è andato come doveva andare. Non parliamo solo di regole e regolamenti palesemente infranti, ma, soprattutto, di una totale ‘assenza’ , o se preferite, di una ambiguità sospetta, da parte di quelle istituzioni che, sul caso, avrebbero dovuto avere voce in capitolo.

Partiamo da una premessa: al di là dei rumori che hanno accompagnato il caso, è certo che non era il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, a dovere decidere se fare sbarcare o meno i migranti che erano stati salvati al largo di Malta.

Per ricostruire quanto accaduto e cercare di capire dove è l’inghippo, cosa che abbiamo fatto con l’aiuto di esperti della navigazione, partiamo da un fatto noto: non c’è traccia scritta di un ordine che abbia imposto al comandante di non fare sbarcare le persone a bordo. Lo ha ammesso lui stesso:

Il comandante della Diciotti

Tutto è avvenuto senza documentazione scritta, ma attraverso Facebook, così come attraverso Facebook è arrivata l’autorizzazione allo sbarco dei minori non accompagnati. Si tratta di modalità non formali”. E’ quanto Massimo Kothmeir, comandante del pattugliatore ‘Diciotti’, ha raccontato al deputato Riccardo Magi, salito sulla nave (e ci soffermeremo anche su questo).

Già questo basterebbe a fare saltare dalla sedia chi pensa che regole e leggi non siano ‘facoltative’: come può una nave della Guardia costiera dipendere da un post su Facebook? Un fatto senza precedenti: un fatto di una tale assurdità da risultare incredibile. Lo sa bene, ne siamo certi, anche il comandante Kothmeir che, evidentemente, si è trovato nel bel mezzo di una tempesta ‘perfetta’. E, forse, è stato lasciato solo in balia delle onde.

L’interrogativo non è peregrino se ci soffermiamo su un ‘particolare’: un comandante di una nave della Guardia Costiera, ‘monarca’ del mezzo che conduce,  prende ordini solo dai suoi superiori. E chi sono i suoi superiori? O meglio, chi è? Non è Salvini, questo è certo, lo abbiamo detto. Il capitano di una nave risponde al Comandante generale della Guardia costiera e delle Capitanerie di Porto, ovvero, l’ammiraglio Giovanni Pettorino (nominato dal governo Gentiloni un mese prima delle elezioni “con una fantastica tempestività”).

Dove era l’ammiraglio Pettorini mentre la nave ‘Diciotti’ rimaneva ancorata, col suo carico di disperazione, al porto di Catania? Aveva perso la rotta?

Certo è che, da lui, è partito l’ordine dato al pattugliatore ‘Diciotti’ di spingersi in acque maltesi per salvare gli eritrei protagonisti di questa farsa all’italiana. Sul suo operato, il 20 agosto scorso, Il Tempo,pubblicava un articolo al vetriolo, insinuando il sospetto che l’obiettivo dell’ammiraglio fosse stato disobbedire al Viminale targato Lega.

L’ammiraglio Pettorino

A volerla dire tutta, non mancano ombre sull’intera operazione di salvataggio, se è vero che la Dda di Palermo ha aperto un fascicolo in cui si ipotizza l’associazione a delinquere “finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e traffico di migranti”.

Ma torniamo al porto di Catania: dove era l’ammiraglio Pettorino mentre il comandante Kothmeir, evidentemente in preda alla confusione, restava bloccato per un ‘ordine’ dato via Facebook? Che fine ha fatto la legittima autorità che prescinde dalla libera interpretazione di un singolo? Mistero. Da notare che se è vero che il corpo delle Capitanerie di porto – Guardia Costiera è inquadrato funzionalmente ed organizzativamente nell’ambito del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, è anche vero che regole militari e leggi del mare conferiscono all’ufficio dell’ammiraglio una notevole autonomia dalla politica.

Insomma, cosa è successo? Anche lui è rimasto travolto dalla tempesta politica e mediatica?

Andiamo avanti. Oltre all’ammiraglio, c’è solo una autorità chiamata a decidere sulle sorti di una nave, i cui poteri vanno oltre lo stesso capo supremo della Guardia costiera: la Sanità marittima, costola del Ministero della Salute-Sanità.

Come funziona? Quando una nave si dirige verso un porto italiano, il comandante ha l’obbligo di contattare tale organismo per segnalare eventuali problemi sanitari.  Obbligo che diventa ancora più imperativo se la nave trasporta persone che arrivano da zone extra UE.

La nave ‘Diciotti’ aveva a bordo persone che arrivavano dall’Africa. Ha contattato, mentre navigava verso Catania, tale istituzione? Come è possibile che al suo arrivo nel porto etneo (“stanno tutti bene”) non c’erano problemi, e poi si scopre che c’erano persone ammalate di TBC e polmonite?

La Sanità Marittima- ci fa notare un capitano in pensione- avrebbe dovuto sapere di questi casi prima dell’attracco, e, quindi, ordinare immediatamente lo sbarco dei malati. Nessuno, nemmeno i Titani (altro che Salvini) si sarebbero potuti opporre.

I migranti sulla Diciotti

Non solo. La Sanità marittima ha lo scopo di tutelare i confini italiani dal pericolo infezioni. Invece, al porto di Catania  è arrivata una nave praticamente non ‘controllata’: solo dopo tanti giorni si è saputo che a bordo c’erano casi di TBC e polmonite. Ripetiamo: non sono stati contattati?

Dove era la Sanità Marittima mentre la nave ‘Diciotti’ attraccava nel porto di  Catania? E nei giorni immediatamente successivi?  Non è stata contattata, come prescrivono gli obblighi? Intendiamoci, in questi casi il danno è stato subito dai poveri malati costretti all’addiaccio quando il loro posto sarebbe stato un ospedale, ma se ci fossero stati casi di malattie infettive più gravi, chi si sarebbe occupato del rischio contagio, della salvaguardia della sanità pubblica?

“Quello che è certo è che da un punto di vista sanitario, si è seguita una procedura non corretta- dice a I Nuovi Vespri il comandante di navi in pensione – Salvini non poteva decidere un bel nulla, loro sì. La Sanità Marittima avrebbe potuto decidere lo sbarco immediato, non solo dei malati di TBC e polmonite, ma di tutti quanti: tutti avevano bisogno di cure”. Perché non l’ha fatto?  Ce lo chiediamo per capire cosa succederà quando arriverà la Diciannove.

Altro particolare: a bordo c’erano medici e infermieri, tutti civili la cui autorità, in termini di legittimità, è pari a zero.

Che ci facevano dei civili a bordo di un pattugliatore della Guardia Costiera che deve solo pattugliare? Quindi il ‘salvataggio’ di migranti era preparato?

“Anche la presenza di civili a bordo di un mezzo della Guardia costiera è irregolare” precisa il comandante. Che aggiunge:”Comunque, pure se loro avessero segnalato casi gravi, cosa che evidentemente non hanno fatto subito,  la responsabilità è della Sanità marittima e, lo ripeto, prima ancora che la nave attracchi”.

Passiamo ora al lato ‘folkloristico’ della storia: la passerella di politici e politicanti sulla ‘Diciotti’: nessuno sarebbe potuto salire su quella nave. Il comandante e la Sanità Marittima avrebbero dovuto impedire, per ovvi motivi, qualsiasi contatto con esterni:

Nemmeno i magistrati, senza un mandato, sarebbero potuti salire”.

E, invece, abbiamo assistito al teatro di cui sappiamo.

Ad occhio e croce, che il caso della ‘Diciotti’ ha fatto esplodere un problema ben più grave di quello di cui si è tanto parlato: una vacatio di poteri alquanto preoccupante. Determinata dal semplice caos? Chi lo sa.

Certo è che la gestione della vicenda fa acqua da tutte le parti. Non a caso, ci sono tre Procure che indagano. A parte la nota indagine a carico di Salvini da parte della Procura di Agrigento, la Dda di Palermo, come detto ha aperto un fascicolo in cui si ipotizza l’associazione a delinquere “finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e traffico di migranti”. Ed è questa, al di là del clamore mediatico, l’indagine più pesante.  Mentre la Procura di Catania sta esaminando i fatti e conoscendo il Procuratore, Carmelo Zuccaro, non se ne starà certo a guardare.

Intanto  dal COSMAR, il Comitato per la salvaguardia della dignità professionale dei marittima, di cui fanno parte 4.500 professionisti del settore marittimo, è partita una lettera aperta indirizzata all’ammiraglio Pettorino, in cui si esprime indignazione e preoccupazione. Anche se nel mirino finisce, soprattutto, il comandante Kothmeir che, a nostro avviso, si è invece ritrovato ‘schiacciato’ dal vuoto che si è creato intorno a lui, o comunque pedina inconsapevole di chissà quale gioco da tavolo.

Ecco la lettera:

“Illustre Comandante del Comando Generale del corpo delle capitanerie di porto,

ci preme iniziare specificando che COSMAR per Statuto è una associazione apolitica per la semplice ragione che al suo interno esistono diverse anime per cui nella maniera più assoluta non esprimiamo opinioni di natura prettamente politica.

La questione di cui desideriamo farLa partecipe ha solamente una matrice etica. Il Comando Generale del Corpo delle capitanerie di porto è sempre stato per la nostra marineria un esempio, un faro a cui prestare attenzione per evitare le “secche”, un maestro che ci guida tenendoci per mano attraverso le normative internazionali, per semplificare: un porto sicuro.

Gli ultimi fatti di cronaca che vede protagonisti il pattugliatore Diciotti, il suo equipaggio e gli ospiti a bordo ci lascia perplessi, confusi e noi che siamo professionisti del mare non possiamo fare a meno di porgerci e porgerLe delle domande. La prima molto ovvia è se un comandante della marina militare o anche mercantile prende ordini a mezzo di un comunicato informale lanciato attraverso una piattaforma sociale internet; poi come è possibile che chi ha giurato di essere ligio allo Stato e alle sue leggi non permette lo sbarco dalla nave al suo comando all’equipaggio e ai passeggeri in un porto la cui bandiera è la stessa identica a quella della nave.

Il comandande della Diciotti solo il 24 agosto asseriva pubblicamente che “le condizioni di salute sono più che soddisfacenti, tant’è che ci è stata concessa la cosiddetta libera pratica sanitaria”. Comandante Pettorino, superfluo ricordarLe che la libera pratica sanitaria la richiede il comandante della nave in navigazione prima dell’arrivo in porto e quanto lui asserisce è vero fino a prova contraria. Purtroppo la prova contraria è arrivata quando gli operatori della Sanità Marittima di Catania, una volta saliti a bordo hanno riscontrato che vi erano passeggeri con gravi patologie mediche. La Sanità Marittima in questione ha agito come legge comanda e non ha chiesto il permesso a nessuno per provvedere nell’immediatezza allo sbarco dei malati. Tralasciamo di rammentare che persone con la polmonite hanno dormito notti e notti all’addiaccio.

Chi firma questa lettera aperta oltre che comandante della marina mercantile è stato anche fedele servitore dello Stato fino al compimento del sessantesimo anno di età, pur senza compenso e con qualche lieve rischio, ma orgoglioso di essere, pur nelle sue limitate capacità, utile al suo Paese. Certamente Lei non ha difficoltà a capire il significato di quanto poc’anzi asserito.

Ebbene Ammiraglio, ci saremmo aspettato un atteggiamento consono al giuramento prestato dal comandante della Diciotti.

La Magistratura stabilirà se sono stati commessi dei reati e se vi sono complici, COSMAR si limiterà solo e unicamente a prenderne atto.

Viva l’Italia e viva la nostra Marineria”. 

AGGIORNAMENTO LUNEDI’17 SETTEMBRE

L’AGENZIA ANSA BATTE QUESTA NOTIZIA: “Nessun ordine formale venne impartito per il blocco della nave Diciotti e per lo sbarco, dopo dieci giorni, dei migranti soccorsi ad agosto nelle acque di Malta. Un altro punto critico, dopo quello della competenza, affiora nell’inchiesta del tribunale dei ministri su Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona aggravato. La ricostruzione della ‘catena di comando’ si sta confrontando con il problema dell’omissione: nessuno avrebbe fermato con disposizioni chiaramente formulate la nave militare”.

 

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