Rita Borsellino, per tre volte, avrebbe potuto diventare la protagonista della politica siciliana. Succede nel 2006, quando viene sconfitta da Cuffaro. Si replica nel 2008, quando il PD le chiede di non ricandidarsi alle elezioni regionali. Ma l’apoteosi dei farisei va in scena nella primavera del 2012, quando il centrosinistra di Palermo si inventa di tutto per non farla candidare a sindaco. E qui brillano le ‘stelle’ di Cracolici e Lumia, oggi ovviamente presenti ai funerali…
C’è un particolare che salta subito agli occhi al funerale di Rita Borsellino: il grande numero di auto blu parcheggiate un po’ qua e un po’ là nella via di Palermo dove si trova la chiesa dedicata a Don Orione. Sono i mezzi sui quali viaggiano i ‘potenti’. Sono tante, veramente tante le auto blu. Una considerazione ci assale, se non altro perché, chi scrive, si occupa da anni di politica siciliana: se tutti questi potenti, nel 2006, avessero sostenuto e fatto votare Rita Borsellino alle elezioni regionali, ebbene, la sua elezione a Presidente della Regione siciliana avrebbe dovuto essere quasi certa, matematica.
Lo stesso discorso vale per le elezioni primarie di centrosinistra della primavera del 2012 per la candidatura a sindaco di Palermo.
Invece Rita Borsellino non venne eletta nel 2006 e, cosa incredibile!, venne ‘sconfitta’ alle primarie del centrosinistra del 2012.
Eppure – e ora ve lo racconteremo – anche i più importanti protagonisti delle sconfitte elettorali di Rita Borsellino, oggi, erano in chiesa, per ‘celebrare’ chi, in vita, aveva provato a far prevalere l’interesse pubblico allo stato puro, l’indifferenza verso il denaro, la lontananza siderale dal potere. Tutto il contrario della vecchia politica siciliana ancora oggi in auge, fatta di affaristi e di affari, di intrallazzi e di intrallazzisti. E di eterni trasformisti.
Con la sua mitezza, con la sua naturalezza, con la sua idea di politica che raccontava un’altra politica – non a caso in una competizione elettorale si presentò con un movimento chiamato “Un’altra storia” – Rita Borsellino faceva paura alla vecchia politica: soprattutto alla sua parte politica: il centrosinistra siciliano.
Noi oggi non racconteremo quello che è stato detto ai funerali di Rita Borsellino. Altri, meglio di noi, lo hanno fatto in Tv e su altri mezzi di informazione. Noi siamo andati al funerale in primo luogo per rendere omaggio a una grande donna siciliana e per riflettere, ma anche per vedere le facce di alcuni politici: ed è proprio le facce di certi personaggi della politica siciliana che cercheremo di descrivere, ricordando quello che hanno combinato a Rita Borsellino.
Già, le facce. Per carità, non era tutta vecchia politica quella presente oggi nella chiesa del Don Orione. C’era Rosy Bindi, c’era il Ministro della Giustizia, il siciliano Alfonso Bonafede. C’era l’ex Procuratore della Repubblica di Palermo, Giancarlo Caselli. C’era Piero Grasso. E, naturalmente, il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando.
E c’erano anche i ‘dioscuri’ del PD siciliano: Antonello Cracolici e Giuseppe Lumia: e biri chi manci… La presenza di questi due, le ‘facce’ di questi due soggetti, oggi, erano uno ‘spettacolo’…
In chimica si studia una reazione che si definisce di “dismutazione”: in questa reazione una sostanza in parte si ossida e in parte si riduce. Traslando in politica la “dismutazione”, possiamo affermare che ci sono politici che celebrano con passione e, contemporaneamente, pugnalano alle spalle con la stessa ‘passione’ la stessa persona…
La ‘dismutazione’ politica, chiamiamola così, ha sempre guidato i ‘capi’ del centrosinistra siciliano nel rapporto con Rita Borsellino. “E questa che vuole?”, si chiedevano quando – si era già a metà del 2000 – erano in tanti, in Sicilia, a vedere nella sorella del magistrato assassinato nel luglio del 1992 una sua possibile presenza nell’agone politico.
Il titolare di questo blog ha già raccontato la presenza di Rita Borsellino alle elezioni regionali del 2006 e del 2008 (QUI L’ARTICOLO DEL DOTTORE FRANCO bUSALACCHI). Noi ci limiteremo a qualche ‘pennellata’ sulle già citate elezioni regionali del 2008 e, soprattutto, sulle primarie del centrosinistra di Palermo del 2012.
Nel 2008 sarebbe potuto succedere un patatrac. L’allora Presidente della Regione, Totò Cuffaro, si era dimesso in seguito a una condanna penale. Nel centrodestra c’era un putiferio perché Gianfranco Miccichè avrebbe voluto essere lui, a tutti i costi, il candidato alla guida della Sicilia. La sua candidatura, però, era osteggiata dagli ex democristiani e anche da un ‘pezzo’ di Forza Italia.
In realtà, come si capirà dopo, i ‘giochi’ erano già fatti qualche settimana dopo la dimissioni di Cuffaro. Raffaele Lombardo, allora leader del Movimento per l’Autonomia, in quel frangente politico movimento in ascesa, si accingeva a scendere in campo come candidato di un centrodestra che, in realtà, non era molto unito (e, soprattutto, non era molto convinto della candidatura di Lombardo).
Lombardo, da parte sua, aveva siglato, sottobanco, l’accordo con il PD di Antonello Cracolici e Giuseppe Lumia: avrebbe dovuto gabbare il voto degli elettori di centrodestra, in quel momento largamente maggioritario in Sicilia, e poi, dopo qualche mese dalle elezioni, ‘pilotare’ il ribaltone: buttare fuori dal Governo della Regione il centrodestra e ‘imbarcare’ il partito che avrebbe perso le elezioni: il PD.
Con Lombardo – ma questo si vedrà dopo le elezioni – si era già messo d’accordo Gianfranco Miccichè, che aveva il compito di sfasciare il centrodestra siciliano.
Era tutto preparato in modo ‘scientifico’: lo stesso Lombardo – imbattibile nei ‘giochi’ elettorali – aveva messo in campo tre liste: quella del Movimento per l’Autonomia e altre due liste che, in un modo o nell’altro, non avrebbero dovuto raggiungere il 5%, restando fuori da Sala d’Ercole.
Questo passaggio è fondamentale: perché lo schema studiato a tavolino prevedeva che nessuna lista medio piccola avrebbe dovuto raggiungere il quorum del 5%: in questo modo il PD avrebbe conquistato 36 seggi su 90: cosa che si è puntualmente verificata!
E’ in questo meccanismo che si inserisce Rita Borsellino. Candidata nel 2006, era stata battuta da Cuffaro. Ma con le dimissioni di Cuffaro, avvenute due anni dopo, la sua ricandidatura appariva naturale. Invece…
Invece, come vi abbiamo raccontato, una parte del PD aveva lo ‘schema’ pronto: Lombardo Presidente della Regione indebolito da un’inchiesta penale sul collo e l’accordo con Confindustria di Antonello Montante. Vi pare poco?
La ricandidatura di Rita Borsellino – anche in autonomia, senza l’avallo (o il ‘cappio’) del PD – rischiava di compromettere tutto: facendo scoppiare il già citato patatrac.
Alla fine è proprio Rita Borsellino a ritirarsi: non si ricandiderà. Ma non lo farà per darla vinta a Cracolici e Lumia: lo farà perché comunque si sentiva parte di un progetto politico più grande, dove il Partito Democratico sembrava in grado di occuparsi anche di cose diverse dalla ricerca del potere.
E’ stato un errore? Forse sì. Perché, in quel momento, con l’atmosfera che si respirava in Sicilia, avrebbe preso una barca di voti. Magari non avrebbe battuto Lombardo appoggiato dal centrodestra. Ma avrebbe fatto eleggere all’Ars da 8 a 10 deputati, mandando all’aria gli equilibri d’Aula.
L’anno successivo Rita Borsellino è candidata nel PD alle europee, nel collegio Sicilia-Sardegna. Lo chiede lei? No. E’ lo stesso Partito Democratico che vede di buon occhio la sua candidatura, giusto per tenerla lontana dai ‘giochi’ della politica siciliana.
Le chiedono – così si racconta (sembra sia stato Dario Franceschini) – di prendere la tessera del PD. Ma risponderà di no. E sarà candidata lo stesso.
Si aspettavano, i dirigenti del PD dell’Isola, che Rita Borsellino avrebbe preso quasi 230 mila voti? No. Alcuni suoi stretti collaboratori si mangiano le mani:
“Se ti fossi candidata alle regionali dello scorso anno (cioè dell’anno precedente, il 2008)…”, le dicono.
Ma la storia veramente brutta va in scena nella primavera nel 2012. Quando i dirigenti del centrosinistra di Palermo si inventano di tutto – ma proprio di tutto, come vedremo – pur di non far eleggere Rita Borsellino sindaco di Palermo.
La candidatura di Rita Borsellino a sindaco del capoluogo dell’Isola getta nel terrore i vertici del centrosinistra siciliano. Il centrodestra della città, in quel momento, è debolissimo. La vittoria del centrosinistra – sostenuto dal Governo regionale del ribaltone – è nelle cose.
Rita Borsellino ha deciso di candidarsi. “Ma come: l’abbiamo mandata a Strasburgo ed è ancora qui?”, sussurrano con disperazione i vari ‘capi’ del PD e delle varie ‘frattaglie’.
In una città normale un nome come quello di Rita Borsellino avrebbe dovuto mettere d’accordo tutti. O no? Invece il centrosinistra stabilisce che si dovranno celebrare le primarie…
Di fatto – è inutile che ci giriamo attorno – sono le primarie contro la candidatura di Rita Borsellino a sindaco di Palermo.
La commedia degli inganni può cominciare.
Atto primo: trovare il candidato che dovrà ‘sconfiggere’ Rita Borsellino: e questo si trova subito: Fabrizio Ferrandelli. I suoi sponsor sono i soliti Antonello Cracolici e Giuseppe Lumia (ma ci sono anche altri). Sono i protagonisti del ribaltone con Lombardo. Appoggiano Ferrandelli perché sanno che Rita Borselino sindaco di Palermo rafforzerebbe l’ala del PD che si oppone all’accordo con Lombardo.
Atto secondo: trovare il modo di batterla: e questo è un po’ più difficile, ma non impossibile.
Intanto, pronto accomodo, la sinistra, quella ‘alternativa’ al PD, trova un candidato che rosicchierà a Rita Borsellino un migliaio di voti: operazione che riesce.
Poi ci sarà da organizzare una massicci presenza al voto nei gazebo delle primarie, facendo andare a votare gente che non ha nulla a che spartire con il centrosinistra: per la ‘causa’ questo ed altro.
Rita Borsellino, però, si difende bene: un sacco di palermitani la sostengono.
Così si assiste alla seguente scena: gente che va a votare alle primarie del centrosinistra solo per sostenere Rita Borsellino e gente – che con il centrosinistra di Palermo ha poco o nulla a che vedere – che va a votare per affossare la candidatura di Rita Borsellino e, quindi, per rafforzare la ‘creatura’ di Cracolici e Lumia: il Governo regionale dl ribaltone di Raffaele Lombardo.
La partecipazione alle primarie del centrosinistra di Palermo batte tutti i record. Ai gazebo si presenta un sacco di gente.
In un modo o nell’altro Ferrandelli ‘vincerà’ le primarie. Dopo di che, come da prassi, Leoluca Orlando farà la parte del ‘Padre grande’ e si candiderà per sbaragliare Ferrandelli che qualche mese dopo verrà eletto all’Ars, naturalmente nel PD. Tutte le caselle vanno a posto…
Di fatto, le primarie sono state una presa per i fondelli: o meglio, sono servite solo per mettere fuori gioco Rita Borsellino che, da gran signora, ha accettato di partecipare alle primarie, quando – come ha fatto Orlando – avrebbe potuto candidarsi direttamente a sindaco di Palermo con ottime possibilità di vittoria (se non altro perché Orlando non avrebbe potuto candidarsi contro di lei).
Ma i signori, si sa, lo sono sempre e fino in fondo. E Rita Borsellino era troppo superiore a certe miserie della politica politicante.
Però i politicanti, ovviamente, si sono guardati bene dal non fare passerella. Sennò che politicanti sarebbero?
Foto tratta da notizie.it