Ufficialmente ci hanno detto che è grano francese. Ma ci dobbiamo fidare della parola. Perché nessuno, ovviamente, ha controllato il carico di grano. Sembra incredibile: con le analisi sull’eventuale presenza di contaminanti e con le analisi sul DNA, si può sapere tutto. Invece non sappiamo nulla! E anche in estate, in Sicilia, invece del grano duro siciliano, mangiamo il grano duro che arriva da chissà dove…
La notizia l’abbiamo appresa ieri, quasi per caso. Il nostro informatore di Pozzallo è in vacanza. E noi, in questa fase, siamo un po’ scoperti. Normale. La Sicilia non è la Puglia dove, bene o male, le navi che scaricano grano vengono monitorate. La nostra Isola, rispetto alle navi che importano grano da chissà dove – è proprio i caso di dirlo! – è un porto di mare. Ma ieri ci hanno spifferato che qualche giorno prima di Ferragosto, a Pozzallo, è arrivata la solita nave carica di grano duro, a quanto pare francese.
C’è da crederci? Ovviamente, no. Perché le ‘carte’, nell’attuale Unione Europea di ‘pirati’ e di ‘pirateria agro-alimentare’, lasciano il tempo che trovano. Le uniche cose che contano sono i controlli: i controlli sull’eventuale presenza di contaminanti (glifosato, micotossine DON, metalli pesanti e altro ancora) e i controlli sul DNA.
Ma naturalmente, in Sicilia, non ci sono controlli: né i controlli sull’eventuale presenza di contaminanti, né i controlli sul DNA.
Sappiamo, invece, che esistono le cosiddette ‘triangolazioni diaboliche’. Prendo un bel carico di grano dal Paese x, lo porto nel Paese y e poi lo porto in Italia (se si tratta di grano duro o nei porti pugliesi, o in quelli siciliani). E dico che si tratta di grano che proviene dal Paese y. Se non ci sono controlli e vale la mia parola e, magari le ‘carte’ che ho sistemato chi è che mi può contestare qualcosa?
Da un anno a questa parte, tanto per citare un esempio, ci vogliono fare credere che il grano duro canadese non arriva più in Italia. Dobbiamo credere per ‘fede’, perché non esistono controlli. Pensate un po’ che stranezza: nelle aree fredde e umide del Canada – almeno fino allo scorso anno era così – si producono 4 milioni di tonnellate di grano duro che viene fatto maturare artificialmente.
Che fine fa tutto questo grano duro tutt’altro che di ottima qualità? I canadesi hanno deciso di non esportarlo più in Europa (e, segnatamente, in Italia)?
Due anni fa, in un’intervista a questo blog, Saverio De Bonis, dell’associazione GranoSalus, ci diceva:
“Questo grano duro arriva in Italia con la scusa che viene utilizzato come mangime per gli animali. E già questa è una follia. Perché i veleni contenuti in questo grano si trasferiscono nelle carni che finiscono sulle nostre tavole. E anche nei salumi, nei formaggi, nelle uova e via continuando”. (QUI L’INTERVISTA DI DUE ANNI FA).
La situazione è cambiata? Ce lo auguriamo. Anche se il pessimismo è d’obbligo. Perché dal settembre dello scorso anno l’Unione Europea, calpestando le prerogative dei Parlamenti sovrani dei 27 Paesi che fanno parte della stessa UE, ha iniziato ad applicare il CETA, il trattato commerciale tra Europa Unita e Canada.
Ci dicono che il CETA non ha nulla a che spartire con il contestatissimo grano duro canadese. Perché dovremmo credere a chi ci propina tale tesi se in Italia può arrivare qualunque carico di grano senza alcun controllo, magari ricorrendo alle già citate ‘triangolazioni diaboliche’?
Intanto un fatto è certo: mentre il prezzo del grano duro siciliano rimane bloccato a 18-20 euro al quintale (più 18 euro che 20 euro, in verità), nella nostra Isola le navi continuano a scaricare grano duro estero. E – lo ribadiamo ancora una volta – il fatto che di dicano che si tratta di grano duro francese non significa assolutamente nulla.
In primo luogo, perché si continuano a danneggiare i produttori di grano duro della Sicilia, che con il prezzo di questo prodotto a 18 euro al quintale vengono, di fatto, spinti, ad abbandonare tale coltura.
In secondo luogo perché, non esistendo controlli, nessuno sa cosa arriva sulle tavole dei siciliani sotto forma di pasta, pane, pizze, farina, dolci e via continuando. Dobbiamo continuare a prenderci in giro, mettendo la testa sotto la sabbia, come gli struzzi?
Lo ribadiamo ancora una volta: non si tratta di ricorrere a dazi doganali che, peraltro, la Regione siciliana non ha il potere di imporre: si tratta solo di effettuare – e in questo caso la Regione siciliana ha tutto il dirotto di promuoverli – dei controlli fitosanitari, ovvero controlli sulla salubrità del grano duro che arriva in Sicilia con le navi (ma anche con altri mezzi di trasporto).
Controlli sull’eventuale presenza di sostanze contaminanti e, perché no?, controlli sul DNA.
Chiediamo troppo? No. Anche perché, circa un mese addietro, dopo mesi di ‘annacamento’ l’assessore regionale all’Agricoltura, Edy Bandiera, ha convocato esponenti di tante autorità annunciando, finalmente, l’avvio dei controlli fitosanitari sul grano estero e, in generale, sull’ortofrutta che arriva in Sicilia.
Agosto sta passando in ‘cavalleria’. Vedremo cosa succederà alla fine delel vacanze estive.
Intanto, anche a Ferragosto, il grano duro ‘francese’ continua a invadere la Sicilia…
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