Signori, quando – come raccolta Il fatto alimentare – la Grande distribuzione organizzata acquista 20 milioni di bottiglie di salsa a poco più di 0,30 centesimi di euro a bottiglia, beh, significa che siamo al capolinea. Che cosa pensate di portare sulla vostra tavola a questo prezzo? Torniamo al passato: acquistiamo il pomodoro siciliano a facciamo tutto da noi, in casa!
Ricordate il nostro articolo sulla passata di pomodoro – confezione di oltre mezzo litro – venduta a meno di 0,40 centesimi di euro? Ricordate cosa abbiamo scritto? Rileggiamolo:
“No, non si può vendere a questo prezzo. Ricordatevi di una legge di economia naturale: quando un prodotto alimentare costa troppo poco, il costo o lo paga l’ambiente, o lo pagate voi mettendo a rischio la vostra salute. Proviamo a riflettere su un prodotto che arriva ogni giorno sulle nostre tavole. Come difendersi da questa folle globalizzazione che ci avvelena la vita” (QUI TROVATE PER ESTESO IL NOSTRO ARTICOLO).
Ora arriva una notizia incredibile pubblicata da Il fatto alimentare: un noto nome della Grande distribuzione organizzata ha acquistato 20 milioni di bottiglie di passata di pomodoro al prezzo di poco più di 0,30 centesimi di euro a bottiglia!
Se ci ragioniamo su e facciamo quattro conti, ebbene, è un prezzo impossibile per gli agricoltori italiani che producono pomodoro e anche per gli industriali – sempre italiani – che lavorano il pomodoro italiano.
Da dove arriva un pomodoro a un prezzo così stracciato? Qualche giorno fa abbiamo affrontato il tema del pomodoro. Lo ha fatto il titolare di questo blog che ha scritto:
“Perché questo pomodoro importato costa meno? Che roba è? Chi lo lavora? Lo Stato italiano che consente l’importazione lo sa? E se lo sa, che cosa fa per evitare che questi prodotti devastino il nostro mercato, costringendo i nostri agricoltori a ‘levarci mano’? E’ un prodotto di contrabbando, come le sigarette? No, è un prodotto che viene in ltalia in forza di trattati che lo Stato sigla con altri Stati, pur sapendo che questi trattati distruggono l’economia del Sud e della Sicilia. E allora, delle due l’una: o i nostri governanti sono dei cretini, o sono dei contrabbandieri aggiunti che si dividono la mazzetta con i loro omologhi degli altri Stati. E non è un romanzo John Le Carrè tipo Single e Single”. (QUI PER ESTESO L’ARTICOLO SUL POMODORO DI FRANCO BUSALACCHI).
Pomodoro che non si sa da dove arriva, aste al ribasso e al doppio ribasso. Vergogne di tutti i tipi: tutte a danno di agricoltori e consumatori italiani.
Sapete cosa vi diciamo, a quest punto? Quello che vi abbiamo detto per la pasta industriale e per l’olio d’oliva ‘extra vergine’ a meno di 4 euro a bottiglia: non acquistatelo!
Sì, avete letto bene: il consiglio che vi diamo è uno: non acquistate più nei supermercati pomodori pelati, polpa di pomodoro e passata di pomodoro. Perché ormai, con la follia di questa liberalizzazione senza regole, pur di ridurre i costi e fare soldi, sono capaci di tutto.
Non è normale che, nella Sicilia che dovrebbe essere una delle ‘Capitali’ della Dieta Mediterranea la pasta debba essere prodotta con il grano duro estero, l’olio d’oliva debba essere quello tunisino spacciato per ‘extra vergine’ italiano e il pomodoro debba arrivare da chissà dove! Diamoci un taglio radicale: basta!
A chi ha una certa età non c’è bisogno di ricordarlo, ma ai giovani ricordiamo che i nostri nonni, a luglio e ad agosto, dedicavano giornate intere per preparare la salsa di pomodoro che veniva conservata nelle bottiglie (poi avvolte tra le coperte per la ‘pastorizzazione’); e poi altro lavoro per preparare ‘u strattu di pomodoro (il concentrato di pomodoro: la salsa che veniva essiccata al sole in grandi tavole di legno con sopra una retina per proteggere il futuro ‘strattu dagli insetti); e altro lavoro ancora per i pomodori pelati nei barattoli di vetro.
Ogni anno, in ogni famiglia siciliana (e del Sud Italia), tra luglio e agosto, andava in scena il festival di ‘bottiglie’, di ‘strattu e di pelati che dovevano durare fino all’inizio dell’estate dell’anno successivo.
Anche allora c’erano le industrie che lavoravano il pomodoro: ed erano quasi tutte al Sud e cominceranno ad espandersi proprio negli anni ’60, con i prodotti promossi ogni sera da ‘Carosello’.
Aveva un senso, perché tutto il Sud Italia pullulava di piccole, medie e grandi aziende che lavoravano il pomodoro. Alla fine era tutto pomodoro del Mezzogiorno d’Italia: chi andava ad acquistare i pomodori pelati aveva la certezza che mangiava pomodori italiani del Sud.
Gli anni sono passati. E la situazione è peggiorata. La concentrazione delle industrie di pomodoro, dal Sud, si è spostata in Emilia Romagna e tutto è andato piano piano peggiorando.
Oggi resistono piccole industrie in Campania e in Puglia. Ma a che prezzo? Come scriviamo spesso, l’Italia è letteralmente invasa di pomodoro fresco, da pelati, da polpa e, soprattutto, da passata di pomodoro cinese (la più richiesta, la passata: perché siccome in cucina bisogna stare il meno possibile, con la passata si fa prima). Tutti prodotti a prezzi stracciati.
Nel Sud Italia, per raccogliere il pomodoro, bisogna sfruttare i lavoratori – quasi tutti migranti – perché pagare 20 euro al giorno un operaio, in Italia, per un’azienda che produce pomodoro, è già un costo notevole, considerato che, in altre parti del mondo, un operaio agricolo, per una giornata di lavoro nella raccolta del pomodoro, prende meno di 5 euro.
Il primo problema è che, in Italia, a norma di legge, un operaio agricolo non dovrebbe essere pagato meno di 80 euro al giorno. Se lo paghi 20 euro è ‘caporalato’.
Il secondo problema è che nei Paesi che fanno concorrenza all’Italia – in questo caso al pomodoro italiano – pagare meno di 5 euro al giorno un operaio è consentito: non è ‘caporalato’.
Il terzo problema è che, in queste condizioni, il ‘sistema pomodoro di pieno campo’ italiano non regge.
In Sicilia il pomodoro di pieno campo è in netto calo. Ed è anche logico: il costo del lavoro di 80 euro al giorno per un operaio dedito alla raccolta del pomodoro sarebbe giusto in un Paese ‘normale’: diventa una follia se il nostro pomodoro se la deve vedere con il pomodoro che arriva dall’estero che costa molto meno: non c’è partita!
Resistono Campania e Puglia: ma – ripetiamo – a che prezzo? Con il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, che a va manifestare contro il ‘caporalato’? Con il presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci, che forse non ha mai visto una bottiglia di salsa di pomodoro fatta in casa?
A questo punto – eccezion fatta per la salsa di pomodorino di Pachino sulla quale comunque torneremo – salsa, ‘strattu e pelati fateveli da voi.
Saltate direttamente i supermercati, rivalutate i negozi artigianali di frutta e verdura, ma solo se vi danno la garanzia al cento per cento che il pomodoro che vi vendono è siciliano (o pugliese se vivete in Puglia, o campano se vivete in Campania e via continuando con tutto il Sud).
Ma se non avete questa garanzia, beh, cercatevi un orto periurbano, recatevi presso le aziende agricole. Fate da voi. Pomodoro a Km zero per ‘bottiglie’, ‘strattu e pelati. Se non sapete come si fa chiedete agli anziani. O andate sulla rete. Divertitevi. E ricordatevi che è tutta salute: vostra e dei vostri figli.
P.s.
A proposito di Km zero. Ci hanno detto che il Km zero è un’invenzione di questi anni. Sbagliato. Il Km zero, nell’agricoltura italiana, l’ha inventato un politico italiano. Era un democristiano. Si chiamava Amintore Fanfani. Negli anni ’50 si fece promotore di una legge che consentiva agli agricoltori di vendere direttamente i propri prodotti ai consumatori.
“Sono contenti loro e siamo contenti noi”, spiegò. “Loro” erano gli agricoltori, che spuntavano prezzi migliori; “noi” erano i consumatori, che acquistavano prodotti freschi a due passi da casa.
Quelli erano i tempi in cui in Italia c’era la politica, altro che!
QUI L’ARTICOLO DE IL FATTO ALIMENTARE
QUI GLI ARTICOLI CHE CI RACCONTANO DOVE ACQUISTARE PASTA ARTIGIANALE SICILIANA
QUI PROVIAMO RAGIONARE SULL’OLIO D’OLIVA EXTRA VERGINE
Foto tratta da garganoverde.it
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