Facciamo nostro l’appello lanciato dal giornalista e scrittore, Pino Aprile, sottoscritto da un gruppo di intellettuali meridionali, e, speriamo anche da intellettuali siciliani, contro le proposte secessioniste del Veneto che, così come formulate, si rivelerebbero discriminatorie nei confronti delle altre regioni. Soprattutto del Sud…
Il Veneto, la Lombardia e sulla loro scia altre undici Regioni si sono attivate per ottenere maggiori poteri e risorse. Su maggiori poteri alle Regioni si possono avere le opinioni più diverse. Ma nei giorni scorsi è stata formalizzata dal Veneto (e in misura più sfumata dalla Lombardia) una richiesta che non è estremo definire eversiva, secessionista.
• Per la stima delle risorse che lo Stato dovrebbe trasferire alle Regioni per le nuove competenze, la Regione Veneto propone di calcolare i “fabbisogni standard” in modo inaccettabile, tenendo conto non solo dei bisogni specifici della popolazione e dei territori (quanti bambini da istruire, quanti disabili da assistere, quante frane da mettere i sicurezza) ma anche del gettito fiscale e cioè della ricchezza dei cittadini.
In pratica i diritti (quanta e quale istruzione, quanta e quale protezione civile, quanta e quale tutela della salute) saranno come beni di cui le Regioni potranno disporre a seconda del reddito dei loro residenti. Quindi, per averne tanti e di qualità, non basta essere cittadini italiani, ma cittadini italiani che abitano in una regione ricca. Tutto ciò è in aperta violazione con i principi di uguaglianza scolpiti nella Costituzione. Non solo: per raggiungere questi risultati discriminatori, si sfrutta un vuoto normativo denunciato più volte dalla Corte costituzionale: dal 2001, infatti, nessun Governo ha
trovato il tempo di definire i LEP, i livelli essenziali delle prestazioni sociali e civili da garantire in misura omogenea a tutti i cittadini italiani, ovunque residenti. E se non si sa “quanto costano” i LEP, come si può stabilire l’entità delle risorse da assegnare alle Regioni per garantirne il godimento ai cittadini? Ove si procedesse all’incontrario, ovvero: prima trasferire risorse alla Regioni, poi stimare il costo dei
LEP, qualcuno potrebbe accaparrarsi più del necessario senza che sia evidente a chi lo stia togliendo. È inaccettabile che in diciassette anni non si sia fissato il valore dei LEP, a vantaggio di tutti i cittadini italiani, mentre in pochi mesi si sia arrivati alle battute consultive del processo di autonomia differenziata, a vantaggio di pochi.
• La Regione Veneto ha chiesto di avere potere esclusivo su materie che vanno dall’offerta formativa scolastica (potendo anche scegliere gli insegnanti su base regionale), ai contributi alle scuole private, i fondi per l’edilizia scolastica, il diritto allo studio e la formazione universitari, la cassa integrazione guadagni, la programmazione dei flussi migratori, la previdenza complementare, i contratti con il personale sanitario, i fondi per il sostegno alle imprese, le Soprintendenze, le valutazioni sugli impianti con impatto sul territorio, le concessioni per l’idroelettrico e lo stoccaggio del gas, le autorizzazioni per elettrodotti, gasdotti e oleodotti, la protezione civile, i Vigili del Fuoco, strade, autostrade, porti e aeroporti (inclusa una
zona franca), la partecipazione alle decisioni relative agli atti normativi comunitari, la promozione all’estero, l’Istat, il Corecom al posto dell’Agcom, le professioni non ordinistiche. E altro, perché l’elenco è incompleto. In questo modo, verrebbero espropriati della competenza statale tutti i grandi servizi pubblici nazionali e verrebbe meno qualsiasi possibile programmazione infrastrutturale in tutto il Paese.
• La Regione Veneto propone pure che il Parlamento dia una delega totale e al buio al Governo e che tutte le decisioni siano prese da una Commissione tecnica Italia-Veneto. Secondo la Costituzione non può essere così: il Parlamento non può essere espropriato del diritto-dovere di legiferare su questioni decisive per il futuro dell’Italia. Siamo di fronte a uno stravolgimento delle basi giuridiche su cui è sorta la
Repubblica italiana. Una materia di tale portata non può e non deve essere risolta nei colloqui fra una rappresentante del Governo e uno della Regione interessata (oltretutto, dello stesso partito e della medesima regione).
Tutti i cittadini italiani hanno il diritto di essere coinvolti nella decisione, che riguarda tutti, sia attraverso i propri rappresentanti parlamentari, sia attraverso un grande dibattito pubblico, in cui
porre in luce e discutere obiettivi, contenuti e conseguenze di tali proposte. Solo così i cittadini possono valutare e decidere.
PERTANTO I sottoscritti cittadini italiani chiedono al Presidente della Repubblica e al Presidenti del Senato e della Camera dei Deputati che ai parlamentari sia garantito il
diritto-dovere di intervenire in tutti i passaggi della procedura su una questione fondamentale, con una approfondita discussione e analisi nelle Camere e che, contemporaneamente, sia garantito il diritto dei cittadini a essere informati dettagliatamente e costantemente, attraverso la tv pubblica, il coinvolgimento di esperti indipendenti e il confronto fra tesi diverse;
i sottoscritti cittadini italiani, in secondo luogo, chiedono ai parlamentari di tutti gli schieramenti che nessun trasferimento di poteri e risorse a una Regione sia attivato finché non siano definiti i “livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e
sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” (art. 117, lettera m della Costituzione); e che il trasferimento di risorse sulle materie assegnate alle Regioni sia ancorato esclusivamente a oggettivi fabbisogni dei territori, escludendo ogni riferimento a indicatori di ricchezza.
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