Quando leggo che “lo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose non presuppone la commissione di reati da parte degli amministratori, né l’esistenza di prove inconfutabili sui collegamenti tra l’amministrazione e le organizzazioni criminali, né che è necessario attendere la definizione del giudizio penale per procedere in merito all’eventuale scioglimento dell’ente”, io tremo…
“Amicus Plato, magis amica veritas”.
Il Comune di Vittoria è stato sciolto per infiltrazioni mafiose. Alle scorse elezioni, non è un mistero per nessuno, ho tifato per un altro candidato alla carica di sindaco, per affetto, per consapevolezza del valore della persona, per la convinzione che avrebbe fatto bene, come aveva fatto bene in una esperienza lavorativa complessa e difficile durante la quale lo avevo visto all’opera. Come tanti, dunque, dovrei ritenermi soddisfatto dell’anticipata chiusura dell’esperienza amministrativa gestita da quella parte politica che aveva vinto le elezioni. Parte politica “fieramente avversa, a me, a miei primi (mio nonno fu ucciso da un fascista nel 1925) e a mia parte”.
Ma, anche se siamo amici di Platone, dobbiamo essere più amici della verità.
Non c’è mai da stare allegri quando la democrazia subisce una sconfitta, quali che siano le motivazioni, anche se sono gravi. Personalmente, non riesco a conciliare con la democrazia questo tipo di provvedimento, che non esito a definire liberticida: provvedimento che mal si concilia con alcuni articoli fondamentali della nostra Costituzione posti a presidio della vita democratica del nostro Paese e, quindi, delle nostre vite.
Non è facile conciliare la coesistenza di norme che disciplinano interventi invasivi come lo scioglimento di un Consiglio comunale democraticamente eletto, fino a prova contraria, con i seguenti precetti costituzionali.
– Costituzione della Repubblica italiana, Art. 27:
“La responsabilità penale è personale”.
L’articolo sancisce i principi della personalità della pena e di non colpevolezza fino alla condanna definitiva.
Quella di “responsabilità penale” è la condizione di chi subisce le conseguenze del proprio agire: ad esempio, una sanzione detentiva irrogata seguito del riconoscimento di colpevolezza di un reato che la prevede. Non è possibile, quindi, sostituzione personale nella responsabilità penale, come lo è, viceversa, in quella civile.
L’adagio “Societas delinquere nequit” (Le persone giuridiche non possono delinquere) è la regola madre della norma costituzionale. E’ di origine medievale, ed è ancora oggi valida, in quanto nell’attuale sistema penale vige il principio in base al quale le persone giuridiche non possono essere soggetti attivi di reati ed è sempre possibile individuare, all’interno di una collettività, gli individui che abbiano violato leggi penali.
Articolo 1 della Costituzione italiana:
“L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
L’articolo stabilisce il carattere democratico della Repubblica. Con esso, conformemente all’etimologia del termine democrazia (dal greco δῆμος, popolo, e -κρατία, potere), si intende che la sovranità, cioè il potere di comandare e di compiere le scelte politiche che riguardano la comunità, appartiene al popolo.
È naturale che un simile ruolo non possa essere esercitato in forma arbitraria. L’inciso “nelle forme e nei limiti della Costituzione” sta a indicare proprio questo fatto.
Fondamentale è la seguente considerazione: l’esercizio effettivo della sovranità popolare avviene in varie forme, specie nel diritto di voto (art. 48 Cost.), mediante il quale ogni cittadino sceglie i propri rappresentanti a cui viene delegata non la sovranità, ma la cura effettiva degli affari pubblici.
Dunque il popolo non delega la SOVRANITA’ ma affida agli eletti LA CURA EFFETTIVA DEGLI AFFARI PUBBLICI.
Fino a quando non viene dimostrato, e solo dopo che viene dimostrato inconfutabilmente e definitivamente che uno o più PERSONE elette democraticamente hanno commesso delitti, ebbene, solo dopo che è stata provata tale responsabilità è lecito, legittimo, giusto, necessario che i colpevoli vengano puniti, e solo se la punizione di uno travolge tutti, decretare la fine di quel mandato popolare.
Solo allora viene rispettato l’interesse generale e democratico del rispetto delle regole. Questa e non altra è la democrazia rappresentativa.
Quando leggo che “lo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose non presuppone la commissione di reati da parte degli amministratori, né l’esistenza di prove inconfutabili sui collegamenti tra l’amministrazione e le organizzazioni criminali, né che è necessario attendere la definizione del giudizio penale per procedere in merito all’eventuale scioglimento dell’ente”, io tremo.
Per questo mi auguro che l’eventuale ricorso avverso lo scioglimenti venga accolto. Mi auguro pure però che con la sua attività e le sue buone pratiche l’Amministrazione comunale di Vittoria meriti di proseguire e portare a compimento il suo mandato.
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