Ancora un altro capitolo drammatico nella sede palermitana del call center: con l’aiuto di Cisl, Uil e Ugl, l’azienda tenta di introdurre il controllo a distanza dei lavoratori. Mentre continua a chiedere sacrifici in barba all’accordo dell’anno scorso. E la politica…
Eccoli qua: i soliti sindacati che preparano accordi per tutelare gli interessi dell’azienda. E la solita politica che continua a chiedere sacrifici ai lavoratori. E’ sempre la stessa storia. La storia di Almaviva Palermo. Che si ripete.
I soliti sindacati sono Cisl, Uil e Ugl, che lo scorso giugno hanno firmato un pre accordo per massacrare definitivamente l’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, già pesantemente devastato dal Job’s act di Renzi. Parliamo del controllo a distanza dei lavoratori. Che Almaviva vorrebbe inaugurare a Palermo per spremere ancora di più dipendenti già spremuti come limoni, costretti, sotto il costante ricatto occupazionale e con modalità che rasentano il mobbing, a turni di lavoro estenuanti e a ferie forzate con rientri, anche, questi forzati, nei weekend e tante altre cose belle come queste.
Questo accordo sarà sottoposto ad un referendum che sarà celebrato dopodomani, 27 Luglio, tra i 2.800 dipendenti di Palermo. I quali potrebbero ancora una volta essere messi sotto torchio con il solito refrain: o questo o niente.
L’unico sindacato che si sta opponendo a questa ipotesi è la Cgil. Ed è certamente un caso che il referendum sia stato fissato nello stesso giorno in cui questo sindacato ha indetto una assemblea per informare meglio i dipendenti dell’ennesima fregatura che si staglia all’orizzonte.
Soliti sindacati, e, dicevamo, solita politica. Qualche settimana fa si è svolto un incontro alla Regione per parlare dell’eterno caso Almaviva. C’erano l’assessore alle Attività Produttive, Girolamo Turano da Trapani e l’assessore al Lavoro, Maria Ippolito. C’erano anche rappresentanti del Comune di Palermo, oltre ai sindacati. E cosa hanno concluso questi scienziati?
“L’assessore Turano- dice a I Nuovi Vespri Emiliano Cammarata della Cgil- ha chiesto ai dipendenti ulteriori sacrifici economici in attesa di chissà quali soluzioni. Ovvero altri due mesi di congelamento degli scatti di anzianità e del Tfr maturato mensilmente”. Standing ovation per l’assessore. E per tutti i commensali di quel ‘tavolo tecnico’.
“La verità- continua Cammarata- è che Almaviva ha disatteso l’accordo siglato nel 2017 nel quale chiedeva pesanti sacrifici ai dipendenti per un anno. Tempo che doveva essere utilizzato per preparare un vero piano industriale che prevedesse commesse di qualità e lo sviluppo della piattaforma di Information Technology a Palermo. Non ha fatto nulla di tutto ciò. A fine aprile di quest’anno si è rimangiata tutto continuando a chiedere ai dipendenti di stringere i denti”.
“Ora- prosegue il sindacalista- con questa ipotesi di accordo siglato da Cisl, Uil, e Ugl, le cose non potranno che peggiorare, perché una misura del genere avrebbe senso solo con un serio piano industriale e con garanzie lavorative che non ci sono”.
Tradotto: l’azienda che già sottopone i dipendenti a tempi che definire stressanti è dire poco, non si accontenta. Vuole il controllo totale. Su quante chiamate e sul tempo impiegato per rispondere, ad esempio. Vogliono dei robot, praticamente. Controllati da un Grande Fratello pronto a zittirli se si lamentano.
E tutto questo sta bene a Cisl, Uil e Ugl. Standing ovation anche per loro.
Dei problemi di questo settore e di Almaviva vi abbiamo già parlato in passato (sotto, in allegato alcuni articoli). Ma i problemi restano tutti sul tappetto: queste aziende delocalizzano e poi tentano di fare dumping in Italia. Tentano cioè di abbassare il costo del lavoro e di attentare ai diritti dei lavoratori, così come gli è permesso fare in altri Paesi. E la cosa tragica è che ci riescono.
Non solo. Spesso quello di chiudere una sede per aprirne una nuova è una strategia precisa che segue il fiume dei finanziamenti pubblici. Nuova sede, nuovi lavoratori a costi più bassi e meno diritti. Con buona pace di chi è lì da 10 e più anni.
Sarà il disegno di Almaviva?
Certo è che grida vendetta vedere una multinazionale trattare così i propri dipendenti. Dinnanzi a sindacati compiacenti e a politici che, forse, dovrebbero occuparsi di altro.
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