Due consiglieri comunali di Trapani chiedono al sindaco di costituirsi quale parte offesa nel processo sulla tangentopoli del mare. Cosa che dovrebbero fare immediatamente i vertici della Regione…
E’ notizia di pochi giorni fa che due consiglieri comunali di Trapani, Francesca Trapani e Chiara Cavallino del Movimento 5 Stelle, hanno presentato una interrogazione nella quale chiedono conto e ragione al sindaco della loro città, Giacomo Tranchida, che non ha ritenuto di non costituirsi parte civile nel processo Mare Mostrum che vede, tra gli altri, indagato il suo predecessore, nonché ex deputato regionale, Girolamo Fazio.
Le due esponenti del M5S ritengono, infatti, che l’immagine della città sia stata colpita malamente dall’inchiesta, soprattutto perché secondo l’accusa, Fazio avrebbe ricevuto sostegno economico per le sue campagne elettorali dalla famiglia di armatori Morace, patròn della Liberty Lines (ex Ustica Lines), compagnia intorno alla quale gira questa storia che i magistrati hanno definito un vero e proprio “romanzo della corruzione” e che è conosciuta anche come la tangentopoli del mare.
Fazio, inoltre, all’epoca dei reati contestati era consigliere comunale a Trapani e quindi il detrimento dell’immagine dell’Ente sarebbe doppio.
Tranchida, per quanto ne sappiamo, non ne vuole sapere.E c’è da capirlo: mettersi contro questa potente lobby fatta di imprenditori e politici non deve essere semplice per chi ci tiene ad essere “amico di tutti, perché non sa mai” per dirla con Guccini.
Leggendo questa notizia non abbiamo potuto fare a meno di chiederci se, in effetti, debba essere il Comune di Trapani a costituirsi parte civile o, semmai, la Regione siciliana. Entrambi?
Certo è che al momento nemmeno dalla Regione arrivano segnali che vanno in questa direzione. Eppure, a rileggere le carte dell’inchiesta, una delle più grosse degli ultimi decenni, è proprio l’immagine della Regione ad uscirne devastata. Si parla di una burocrazia che costruiva bandi ad hoc per la potente famiglia di armatori e di condizioni economiche da nababbi con il placet degli uffici regionali. Ovviamente parliamo di risorse pubbliche.
Ci sono, sempre nell’inchiesta, parlamentari (lo stesso Fazio, in primis) “al soldo dei Morace”, che intercedevano negli uffici degli assessori, segretari di assessori (sicuramente informati) preoccupati di garantire gli interessi privati di questa compagnia di navigazione, minacce a dirigenti troppo ‘svegli’, liquidazioni gonfiate in cambio di favori (è il caso, sempre secondo l’accusa, di Marianna Caronia, attuale deputato all’Ars che si sarebbe impegnata, in cambio di una super liquidazione da parte della Siremar- acquistata dai Morace e dai Franza- ad impedire la nomina di consulente di Giuseppe Prestigicomo, inviso ai Morace) e tanto altro ancora.
Che dire, ancora, della compravendita della Siremar? Acquistata inizialmente da una partecipata della Regione, passa nelle mani degli armatori in questione, in una maniera assai sospetta. E con la palese complicità della macchina regionale.
Insomma, ammesso e non concesso che non tutti fossero d’accordo, cosa sulla quale dubitiamo, l’immagine che ci restituisce questa inchiesta, sia dell’amministrazione regionale che del Parlamento regionale, è una immagine opaca che parla di corruzione, collusione, di gestione allegra delle risorse pubbliche, di interessi provati che sovrastano quelli pubblici.
Cosa aspetta la Regione a costituirsi come parte offesa?
Visualizza commenti