Il vice presidente dell’ANCI Sicilia, Paolo Amenta, ‘boccia’ la proposta del Governo regionale di far pagare ai Comuni che non raggiungono il 30% di raccolta differenziata i costi del trasporto dei rifiuti fuori dalla Sicilia. I ‘casi’ di Palermo, Catania, Messina e Siracusa dove la raccolta differenziata è quasi inesistente. Le responsabilità della Regione. I fondi del Patto per il Sud che non si materializzano
“Fare pagare ai Comuni il trasporto di rifiuti fuori dalla nostra Isola? La proposta del Governo regionale è sbagliata. E riflette la confusione di chi, per incapacità, non riesce a governare il sistema dei rifiuti della Sicilia”.
Taglia corto, Paolo Amenta, vice presidente dell’Associazione nazionale Comuni Italiani (ANCI) della Sicilia.
Cos’è che non va nella proposta del Governo regionale?
“Non funziona l’approccio. E funziona ancora meno la soluzione proposta: far pagare il trasporto dei rifiuti fuori dalla Sicilia a quei Comuni che, nel giro di un mese, non raggiungono il 30 per cento di raccolta differenziata dei rifiuti è solo una furbata non priva di ipocrisia”.
Perché?
“Perché nella nostra Isola funziona, sì e no, il trenta per cento degli impianti di compostaggio. La Sicilia produce ogni anno 2,3 milioni di tonnellate di rifiuti. Di questi, circa 800-900 mila tonnellate costituiscono la frazione organica o umida che dovrebbe andare negli impianti di compostaggio. Solo che gli attuali impianti di compostaggio siciliani, oggi, non possono lavorare più di 200 mila tonnellate di umido all’anno”.
Ci sta dicendo che il Governo regionale dà per scontato che la maggior parte dei Comuni siciliani non raggiungerà il 30 per cento di raccolta differenziata entro il prossimo mese?
“Non esattamente. Perché in Sicilia tanti Comuni sono già molto avanti nella raccolta differenziata dei rifiuti. Sto dicendo che se, paradossalmente, tutti i Comuni della nostra Isola dovessero raggiungere il 30 per cento di raccolta differenziata gli impianti di compostaggio oggi operativi in Sicilia andrebbero in tilt”.
Questo può succedere?
“No, perché i tre più grandi Comuni siciliani – Palermo, Catania e Messina – in tema di raccolta differenziata dei rifiuti sono molto, molto indietro. Il Governo regionale, invece di tergiversare e di cercare di scaricare su tutti i Comuni le proprie responsabilità e le responsabilità di chi, su questa materia, ha fallito, dovrebbe dire la verità. E la verità è che i Comuni di Palermo, Catania, Messina e anche Siracusa, da soli, rappresentano il cinquanta per cento circa della popolazione siciliana che non effettua la raccolta differenziata, se non in percentuali minime. Non per responsabilità dei cittadini, ma per responsabilità di chi ha amministrato queste città”.
Perché i Comuni di Palermo, Catania, Messina e Siracusa, visto l’oggettivo fallimento su una questione oggi centrale qual è la raccolta differenziata dei rifiuti non sono stati commissariati?
“Questa è una domanda che andrebbe posta ai rappresentati dei passati e del presente Governo regionale. Non possiamo non ricordare che i problemi di oggi in materia di rifiuti affondano le radici nelle scelte sbagliate che la Regione siciliana ha iniziato ad assumere nei primi anni del 2000. Qui ci sono responsabilità di ben tre Governi: il Governo di Totò Cuffaro, il Governo di Raffaele Lombardo e il Governo di Rosario Crocetta”.
C’è stato uno scarica-barile?
“Sì, come al solito. Dal Governo Cuffaro al Governo Lombardo fino al Governo Crocetta lo scarica-barile è stato lo sport preferito. Hanno scaricato sui cittadini siciliani tutte le responsabilità della fallimentare gestione dei rifiuti. Oggi prendiamo atto che anche il Presidente Nello Musumeci e l’assessore veneto Alberto Pierobon dimostrano di essere sulla buona strada…”.
Quanti sono i cittadini siciliani che, oggi, pagano la TARI (la tassa sui rifiuti)?
“Non più del 55 per cento della popolazione”.
Perché?
“In parte perché alcuni evadono e basta. In parte perché la Sicilia, rispetto a cinque anni fa, si è molto impoverita. I sindaci, che hanno il polso della situazione delle città siciliane che amministrano, sanno che tanti cittadini non si limitano a non pagare la TARI: non pagano più altre imposte e altre tasse comunali”.
Quanto dovrebbero incassare i 390 Comuni siciliani ogni anno con la TARI?
“Circa un miliardo di euro all’anno. Però, realmente, come già accennato, in ‘cassa’ entra solo il 55 per cento di tale somma”.
Non è una somma di poco conto.
“No, però lo scenario è problematico. Da una parte i cittadini siciliani – non tutti, abbiamo detto – pagano la TARI ogni anno. Dall’altra parte c’è l’impiantistica che deve essere completata o realizzata. Però i fondi del Patto per il Sud previsti per la realizzazione di impianti per la differenziata rimangono non spesi”.
Lei è sicuro che questi fondi del Patto per il Sud esistono per davvero?
“Mi rifiuto di credere che l’ex Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, sia venuto in Sicilia per illustrare fondi pubblici da investire inesistenti. Tra l’altro, se non ricordo male, ha firmato i ‘Patti’ con alcuni sindaci”.
Sì, con il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, con il sindaco di Catania, Enzo Bianco, e con il sindaco di Messina, Renato Accorinti. Tutti di centrosinistra o di sinistra. Le sfiora l’idea che, magari, gli hanno retto il gioco?
“Non entro in queste polemiche che non mi competono. Tuttavia, una verifica con il nuovo Governo nazionale sullo stato dell’arte dei fondi del Patto per il Sud sarebbe opportuna, anche perché il ritardo nella spesa di questi fondi sta diventando preoccupante. Soprattutto in una realtà in sofferenza come la Sicilia”.
(Magari lanciamo il messaggio al vice Presidente del Consiglio, Luigi Di Maio).
Amenta conclude con una domanda:
“Riusciremo, in Sicilia, a vivere la stagione della normalità, creando una rete di impiantistica moderna che ci consenta di chiudere le discariche, come ci chiede l’Europa, e di creare una condizione per una Sicilia civile?”.
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