Il presidente Mattarella ha motivato la sua decisione di bloccare la nomina a ministro dell’Economia di Paolo Savona affermando che lo stesso Savona aveva dichiarato la sua volontà politica di fare uscire l’Italia dall’euro. Non è vero. Ma anche se fosse vero, non spetta al presidente della Repubblica, ma al presidente del Consiglio e ai ministri decidere la linea politica del Governo (art. 95 Costituzione)
Taluni dei testi di Diritto costituzionale su cui ho studiato tanto tempo fa, dopo avere definito la figura istituzionale del presidente della Repubblica ed averne elencato i poteri propri, concludevano definendolo una sorta di maitre de cerimonie, un soggetto istituzionale privo di poteri effettivi in quanto privo di responsabilità.
Probabilmente quella definizione era eccessiva, era figlia dei tempi, erano gli anni ’60 del secolo scorso, erano anni in cui i partiti erano gli assi su cui si reggeva tutta la politica italiana, una politica che auspicava per il presidente della Repubblica la stessa posizione del re di Inghilterra, il quale, se gli portano alla firma il decreto della sua impiccagione, non può costituzionalmente esimersi dal sottoscriverlo.
Le decisioni dei partiti diventavano scelte e le scelte governi, con tanto di presidente del Consiglio e di ministri.
Da allora molta acqua è passata sotto i ponti. I partiti di quell’acqua sono annegati, sono saliti alla ribalta soggetti da circo, gente senza attributi, senza visione politica, succubi, pupi, nani e igieniste orali. E venne anche il tempo di re Giorgio, uno che ai tempi della Democrazia cristiana faceva l’infiltrato nel PCI e che, per rendita di posizione e vista monoculare in regno caecorum, ha spatoliato per sette anni forse più. Segnando la nuova strada anche ai pavidi.
Il presidente della Repubblica godeva e gode tuttora di alcuni poteri propri, residui del precedente assetto monarchico, e poteri derivati. Per valutare fino in fondo la gravità del vulnus costituzionale consumato da Mattarella che si è rifiutato di nominare Paolo Savona ministro dell’Economia, per come propostogli dal presidente del Consiglio incaricato, dobbiamo ricordare che la Costituzione (art. 89) prevede che ogni atto del presidente della Repubblica, per essere valido, deve essere controfirmato dal Presidente del Consiglio e/o dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità.
Come stabilisce l’art. 90 della Costituzione, il presidente della Repubblica non è responsabile per gli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne per alto tradimento o per attentato alla Costituzione, per cui può essere messo sotto accusa dal Parlamento.
L’assenza di responsabilità, principio che discende dall’irresponsabilità regia nata con le monarchie costituzionali (nota sotto la formula: The King can do not wrong, “il Re non può sbagliare”), gli consente di poter adempiere alle sue funzioni di garante delle istituzioni stando al di sopra delle parti.
La controfirma del Presidente del Consiglio e/o del ministro evita che si crei una situazione in cui un potere non sia soggetto a responsabilità: il presidente del Consiglio e/o ministro che partecipa, firmando, all’atto del presidente potrebbe essere chiamato a risponderne davanti al Parlamento o davanti ai giudici se l’atto costituisse un illecito.
La controfirma assume diversi significati a seconda che l’atto del presidente della Repubblica sia sostanzialmente presidenziale (ovvero derivi dai “poteri propri” del presidente e non necessitano della “proposta” di un ministro), oppure sostanzialmente governativi (come si verifica nella maggior parte dei casi).
Nel primo caso (poteri propri), la firma del presidente del Consiglio e/ del ministro accerta la regolarità formale della decisione del capo dello Stato e quella del presidente della Repubblica ha valore decisionale.
Nel secondo caso (poteri derivati), la firma del presidente della Repubblica accerta la legittimità dell’atto e quella del presidente del Consiglio e/ dei ministri ha valore decisionale (esempio, la nomina dei ministri).
Orbene, se le cose stanno così, Mattarella, quando ha affermato che la nomina di Paolo Savona rientrava tra le sue responsabilità non ha detto la verità agli italiani. Anzi.
La responsabilità, come abbiamo visto, è del proponente, ovvero del presidente del Consiglio. Ma c’è di più. Mattarella ha motivato la sua decisione affermando che Savona aveva dichiarato la sua volontà politica di fare uscire il Paese dall’euro. Non è vero, ma anche se fosse vero, non spetta al presidente della Repubblica, ma al presidente del Consiglio e ai ministri decidere la linea politica del Governo (art. 95 Costituzione).
E che c’è di più politico di una decisione come questa? Forse che non fu politica la decisione di entrare nell’euro? E che fece il presidente della Repubblica dell’epoca? Nulla!
Avere intercettato questa possibile, ma ancora indimostrata possibilità, è stata un’inaudita violazione della Costituzione, e della volontà popolare che ai due partiti sostenitori di Savona avevano dato la maggioranza in Parlamento.
Infatti, che altro è l’attentato alla Costituzione se non una violazione delle norme costituzionali tale da stravolgere i caratteri essenziali dell’ordinamento al fine di sovvertirlo con metodi non consentiti dalla stessa Costituzione?
Se qualcuno ha un’idea del perché si è arrivati a questo punto la tiri fuori.
Foto tratta da lancianonews.net
Visualizza commenti
I giochi erano stati fatti quando crearono il rosatellum, legge elettorale iniqua, degna delal classe politica odierna, un pastone per giullari della politica, e marinette dei poteri forti europei, INGHILTERRA, mai realmente uscita dall' euro, ma deus exmachina, FRANCIA, colonialista, GERMAIA imperialista e conquistatrice, che non ha mai perdonato all'italietta il tradimento, questa triplice alleanza schaccia con il potere del denaro, tutti i paesi deboli e indebitati, con l'aiuto delle agenzie di retin longus manu delle banche.
Tutto il resto è demagogia.
SI SALVI CHI PUO!