L’inghippo è stato ‘sgamato’ da GranoSalus che ha promosso le analisi sul DNA di tre rinomati marchi di pasta prodotti nel Nord Italia. Scoprendo che, in barba a quanto scritto nelle etichette, di grano duro Senatore Cappelli, in queste tre marche di spaghetti, ce n’è solo una parte, in due casi, addirittura, “in basse quantità”!
GranoSalus colpisce ancora. Questa volta l’associazione che mette insieme consumatori e produttori di grano duro del Mezzogiorno d’Italia lo fa con i controlli sul DNA. Per scoprire che tre aziende del Nord del Belpaese che, in etichetta, dicono di produrre pasta con la varietà di grano duro Senatore Cappelli…
Insomma, in queste tre marche di pasta di grano duro Senatore Cappelli ce n’è solo una parte!
E meno male che il Governo nazionale ha approvato il decreto sull’etichettatura della pasta: chi produce pasta deve indicare il luogo da dove proviene il grano e bla bla bla. Ottimo il risultato ottenuto almeno in questi tre casi, no?
Eh sì, il DNA non serve solo ai criminologi e alla Polizia scientifica per scoprire eventuali assassini. Con l’analisi genetica, oggi, si possono anche scoprire frodi alimentari: come coloro i quali, magari fregiandosi di marchi importanti, prendono per i fondelli i consumatori.
Ma andiamo ai fatti. Vediamo di illustrare quasi sono le tre marche di pasta, come dire?, con problemi di DNA.
Leggiamo cosa scrive GranoSalus nel proprio sito:
“Cominciamo con gli Spaghetti monograno Felicetti (foto sotto) prodotti nel pastificio
“Le analisi effettuate, infatti,- leggiamo sempre nel sito di GranoSalus – riguardano l’identità varietale promessa sulla confezione. Per la precisione: ‘Verifica dell’identità varietale mediante confronto con semi di varietà Cappelli fornito da CREA-CER’. DNA estratto da 8 aliquote di farina ottenuta da macinazione di pasta (Spaghetti monograno Felicetti ‘Cappelli’) e da 16 cariossidi di Cappelli”.
“I risultati delle analisi – leggiamo sempre nel sito di GranoSalus – non lasciano dubbi: questi risultati indicano che il campione analizzato è costituito da una miscela di genotipi diversi e che la varietà ‘Cappelli’ è presente in basse quantità”.
“Passiamo, adesso, agli Spaghettoni Alce Nero Senatore Cappelli (foto in basso a sinistra) – leggiamo sempre nell’articolo pubblicato sul sito di GranoSalus – cooperativa bolognese che sul biologico ha fondato la sua idea di
“Anche in questo caso – prosegue l’articolo – si tratta dell’analisi varietale indicata sulla confezione. Stessa formula: ‘Verifica dell’identità varietale mediante confronto con semi di varietà Cappelli fornito da CREA-CER’. DNA estratto da 8 aliquote di farina ottenuta da macinazione di pasta (Spaghettoni Alce Nero Senatore Cappelli) e da 16 cariossidi di Cappelli”.
Responso finale: “Questi risultati – si legge sul sito di GranoSalus – indicano che il campione analizzato è costituito da una miscela di genotipi diversi e che la varietà Cappelli è presente in quantità molto bassa”.
Terzo campione analizzato: Vivibio spaghetti Cappelli (foto sotto a sinistra), azienda che ha sede in provincia di Torino.
“Verifica dell’identità varietale mediante confronto con semi di varietà
In questo terzo caso è il responso meno duro:
“Questi risultati indicano che il campione analizzato è costituito da una miscela di genotipi diversi e che la varietà Cappelli è presente in una ‘certa’ quantità”.
“Che dire? – scrive GranoSalus – Tre aziende del Nord Italia utilizzano una varietà di grano duro antico tipica del Mezzogiorno – la cultivar Senatore Cappelli – per produrre pasta. La presentano come un prodotto fatto con questo grano duro antico del Sud, ma noi scopriamo – parlano le analisi – che di grano Senatore Cappelli, in questi tre marchi di pasta, ce n’è solo una piccolissima parte. Addirittura in due casi, come già accennato, le quantità di grano duro Cappelli sono ‘basse’. A difettare non è solo il titolo di Senatore, ma la presenza del grano promesso in etichetta”.
Questo blog si è più volte occupato del Senatore Cappelli. Una cultivar di grano duro che fa parte della storia della granicoltura del Mezzogiorno d’Italia. Una varietà selezionata in Puglia, a Foggia, nei primi del ‘900, da uno dei più grandi genetisti agrari dell’epoca: Nazareno Strampelli.
Un grano duro molto coltivato, grosso modo, fino agli anni ’40 del secolo passato e poi sostituito da varietà di taglia più bassa e più produttive. La taglia alta veniva considerato un problema per via dell’allettamento (piegamento fino a terra della pianta per azione del vento). La cultivar Senatore Cappelli non va oltre i 20 quintali per ettaro di produzione, in quegli anni considerata troppo bassa.
Oggi che la qualità del grano ha avuto la meglio sulla quantità, il Senatore Cappelli ha ripreso piede. Anche perché è considerata una delle migliori varietà di grano duro per la produzione della pasta di elevata qualità (la pasta fatta con il grano duro Senatore Cappelli si vende a 7-8 euro al Kg, COME VI ABBIAMO RACCONTATO QUI).
E forse è per questo – proprio perché si tratta di un grano duro di elevata qualità – che questa cultivar è finita incredibilmente sotto il controllo di una società bolognese – la SIS – che, di fatto, ha posto sotto brevetto un essere vivente (e questa è già un’assurdità!) e che oggi fa quello che vuole.
Siccome i grani duri antichi del Sud Italia si vendono a prezzi molto concorrenziali (da 80-90 a 120 euro al quintale, COME VI ABBIAMO RACCONTATO IN QUESTO ARTICOLO), ecco che il solito Nord Italia si è impossessato di una delle più famose varietà di grano duro del Sud Italia (COME VI ABBIAMO RACCONTATO QUI).
“Oggi chi vuole seminare il grano duro certificato Senatore Cappelli – leggiamo nell’articolo di GranoSalus – deve passare da questi signori. Pensate un po’: gli agricoltori del Mezzogiorno d’Italia, per seminare una varietà di grano duro che, come già ricordato, fa parte della storia della granicoltura del Sud Italia, deve chiedere il ‘permesso’ a questi signori bolognesi, che di fatto lo vietano (ne abbiamo le prove!) discriminando così il libero mercato ed obbligando gli agricoltori ad entrare nella loro filiera”.
Ormai siamo al Far West cerealicolo: se un agricoltore del Mezzogiorno d’Italia vuole seminare il Senatore Cappelli – varietà, lo ribadiamo, che fa parte della storia dell’agricoltura del Sud – deve sottostare alle regole imposte da questi bolognesi che, di fatto, sono venuti a comandare dentro casa nostra!
Pensate: ci hanno provato anche con i grani duri antichi della Sicilia e la vicenda è finita davanti all’Antitrust, su iniziativa di Mario Di Mauro (COME VI ABBIAMO RACCONTATO QUI). Una vicenda finita anche al Parlamento europeo con un’interrogazione dell’europarlamentare del Movimento 5 Stelle eletto in Sicilia, Ignazio Corrao (COME VI ABBIAMO RACCONTATO QUI).
“Ci rendiamo conto o no – si chiedono e chiedono i protagonisti di Granosalus – a quale grado di violazione delle regole sono giunti questi operatori che guidano le associazioni di categoria industriali? Ci rendiamo conto o no a quale grado di spirito colonialista, nei riguardi del Sud, sono giunti questi operatori della cooperazione calpestando le regole del libero mercato?”.
“Questa vicenda – leggiamo sempre nell’articolo di GranoSalus – ci consente anche di fare chiarezza sui grani duri antichi del Mezzogiorno d’Italia. I grani duri antichi del Sud del nostro Paese – della Puglia, della Sicilia, della Basilicata e via continuando – sono una ricchezza e vanno tutelati. Ma va detto, una buona volta per tutte, che per fare della buona pasta – pasta di elevata qualità – vanno benissimo i grani duri tradizionali della Puglia, della Sicilia, della Basilicata e, in generale, di tutto il Mezzogiorno. I grani duri antichi possono costituire linee particolari: ma debbono essere fatte correttamente, non prendendo in giro i consumatori!”.
QUI PER ESTESO L’ARTICOLO DI GRANOSALUS
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