Il responsabile dell’Unione Sindacale di Base della Formazione professionale della Sicilia, Costantino Guzzo, ricostruisce la storia di uno dei più grandi enti storici della Formazione professionale siciliana. E tira in ballo la Regione siciliana e il Ministero dello Sviluppo economico
da Costantino Guzzo
responsabile USB Formazione Sicilia
riceviamo e pubblichiamo
La tutela degli interessi superiori dei “potenti”. L’appello all’Assessore Lagalla e all’Assessore Ippolito.
Recita un vecchio adagio siciliano: Dui sù i putenti, cu avi assai e cu non avi nenti. Il settore della Formazione professionale è stato portato al tracollo con il governo di Raffaele Lombardo. Autorevoli esponenti del lombardismo li abbiamo avuti nel precedente governo regionale del ‘rivoluzionario’ Rosario Crocetta e li abbiamo nell’attuale governo di Nello Musumeci: tutti soggetti buoni per ogni stagione (sempre dalla stessa parte, anche quando cambiano parte politica).
Ricordiamo il famigerato trio LAC (Lombardo, Albert, Centorrino) che, con atti illegittimi, ha disatteso la normativa regionale vigente (L.24/76 e L.R. 25/93) che tutela i lavoratori facendo transitare il finanziamento agli enti dal Bilancio regionale al più cospicuo FSE. Uno dei registi, l’immarcescibile (per volontà popolare…) assessore all’Economia, Prof. Gaetano Armao, fondatore del movimento dei “Siciliani indignati”, ironia della sorte, mantiene la stessa delega di quando scientemente decretò la fuoriuscita della Formazione dal Bilancio regionale per “indisponibilità” di fondi, sotto l’egida del dirigente generale piemontese, Ludovico Albert.
Correva l’anno 2011, Allo storico Cefop (ente senza scopo di lucro, avente tra i suoi fini statutari la formazione professionale per come prevede l’articolo 4 della legge regionale n. 24/76, norma che dispone:
“L’Assessorato regionale del lavoro e della cooperazione attua i corsi e le altre iniziative formative avvalendosi: degli enti giuridicamente riconosciuti e delle loro forme associative che abbiano per fine, senza scopo di lucro, la formazione professionale).
Assistiamo allo stravolgimento delle norme e delle regole di rango costituzionale del comparto formazione professionale. Il Cefop diviene nel modus organizzativo “Azienda”, trova applicazione la “Prodi-bis”, procedura che consente di costituire una bad company sulla quale caricare tutti i debiti e una nuova società “vergine” che può così tornare sul mercato ripulita del personale in eccesso, una Cirio, Parmalat, Alitalia in salsa sicula che qualche maldestra mente aveva pensato di applicare anche al caso IAL e altri enti, con unico committente: la Regione siciliana.
Viene inaugurata nel settore giudiziario la branca della “Giustizia Creativa”, (fantasiosa, estrosa), un po’ come la stessa “Finanza Creativa” che ha diligentemente animato condotte censurabili, censurate dagli organi preposti.
Nell’anno 2011 si ometteva volutamente di applicare le disposizioni di legge e contrattuali vigenti sulle garanzie occupazionali previste per tutti i dipendenti del Cefop (mobilità, accesso al Fondo di garanzia ex art. 132 della legge regionale n. 4 del 2003). Le risorse del Fondo di garanzia erano presenti nell’apposito capitolo di Bilancio per consentire l’attuazione della procedura di mobilità (garanzie retributive/occupazionali), esclusivamente per gli assunti entro il 31 Dicembre 2008.
Dal 2008 al 2011 il Cefop, come tutti gli enti di formazione professionale, adottava una politica di assunzioni fuori controllo un numero di personale oltre ogni ragionevole rapporto (erano più i “culi che le sedie”, per gli operatori delle sedi), in barba a qualsivoglia divieto di assunzioni con una mole impressionante di contratti atipici; ovviamente tale personale, la cui assunzione non era stata riconosciuta dall’assessorato competente, era destinato a rimanere fuori dal sistema o, quantomeno, fuori dalle garanzie normative, da estendere esclusivamente agli operatori storici.
Secondo l’USB, sulla gestione dell’intera vicenda Cefop, divenuto Cefop in A.S., in particolare dal 2011 ad oggi, la Regione siciliana avrebbe delle responsabilità gravissime in termini di omesso controllo e vigilanza inerente la gestione amministrativo contabile dell’ente, cui era obbligata dall’articolo 2 della legge regionale n. 24/76 che recita:
“Per conseguire le finalità di cui all’ art. 1, l’Assessorato regionale del lavoro e della cooperazione provvede: alla vigilanza tecnico-didattica ed amministrativo-contabile sulle attività di formazione professionale”.
Il Cefop venne sottoposto alla procedura della cessione del ramo di azienda, l’espediente per nascondere gravi responsabilità artatamente ricoperte da una coltre di fumo. La “cessione del ramo di azienda” non era applicabile agli enti strumentali senza scopo di lucro per come disposto e chiarito dalla delibera di Governo n. 200 del 6 giugno 2013 che specificatamente recita:
“Revocare la circolare n.31 del 5 dicembre 2011 dell’Assessorato Regionale dell’Istruzione e della Formazione Professionale avente ad oggetto operazioni di cessione ramo d’azienda intervenute tra enti di formazione professionale”.
Sul punto si precisa che la cessione ramo d’azienda, secondo l’insegnamento della dottrina e della giurisprudenza in materia, consiste nel trasferimento da un’impresa (cedente) ad un’altra (cessionaria) di una intera sotto-organizzazione imprenditoriale, contraddistinta da unità funzionale (e quindi da un autonomo apparato amministrativo supportato da una propria dotazione di risorse umane e strumentali) e da unitaria destinazione ad uno specifico fine produttivo. Dalle superiori osservazioni consegue l’impossibilità di configurare il trasferimento di attività formative, considerate sia in materia unitaria (interi pacchetti formativi) sia parcellizzata (singoli corsi od ore di formazione), come operazioni di cessione ramo d’azienda.
Le attività formative non rientrano infatti nel complesso dei beni aziendali di un’impresa. Esse costituiscono l’oggetto del contratto pubblico di fornitura di servizi (formativi), intercorrente tra l’amministrazione appaltante e l’ente gestore aggiudicatario. E’ in ogni caso vietata la cessione sotto qualsiasi forma, diretta o indiretta, di attività formative, interi pacchetti formativi, singoli corsi, ore di formazione da un ente gestore ad altri.
Così nacque, sotto il protettorato del Ministero, il “Nuovo Cefop”, gestito da una terna arbitrale, ops commissariale, di Avvocati nel caso ispecie per hobby o professione e politici di lungo corso.
Gli amministratori giudiziari del Cefop – che prima erano e tre e poi sono diventati due – sono costati all’ente circa 750 mila euro all’anno per circa quattro anni…
Nel 2011, tra vari iter giudiziari, la Regione Sicilia dispone un piano formativo da 12 milioni di euro di spesa complessiva per il Cefop che però, anziché deliberare la ripresa occupazionale dei circa 1000 lavoratori impiegati, dispone il ricorso improprio alla Cassa integrazione guadagni in deroga, i licenziamenti collettivi, istituti non previsti dalla normativa regionale, né dal CCNL.
Nel frattempo, però, l’Ente effettua delle spese in antitesi con le proprie difficoltà finanziarie, arrivando ad una soglia di circa 2 milioni. Si tratterebbe di cifre vidimate e approvate dallo stesso Stato e che comprenderebbero anche “ricariche prepagate”, ”spese legali” di vario tipo, per consulenze, per valori che oscillano tra i 5mila e gli 8mila euro, nonché costosi soggiorni e prenotazioni presso agenzie di viaggio.
Considerando il precedente finanziamento di circa 12 milioni di euro e la seconda annualità prevista dai fondi europei destinati alla Regione siciliana ex Avviso 20, pari a circa 17 milioni di euro, al Centro di Formazione Professionale Cefop partire dall’anno 2012, somme pari a circa 30 milioni di euro, appare evidente che alla Regione (l’assessorato interessato) ed al Ministero dello Sviluppo Economico sono ascrivibili pesanti responsabilità nel caso di specie.
Gli Enti pubblici, ed i Dirigenti ad esso preposti, avevano l’obbligo di garantire il controllo sull’operato dei Pubblici Ufficiali della procedura del Cefop in AS, proprio perché la Regione presenta una normativa specifica a dispetto del termine creativo dello “svuotamento”, tanto in voga in questi ultimi anni, tra le fonti del “diritto creativo” e gerarchia delle fonti di improvvisati burocrati (la Regione siciliana è tra l’altro proprietaria delle attrezzature e del pubblico erario).
L’omesso controllo su attività che ricadono direttamente nelle competenze dell’assessorato, qualificate normativamente come rilevanti. Il Dirigente regionale protempore non avrebbe dovuto siglare il verbale formalizzato con palesi irregolarità giuridiche, così come lo stesso Ministero. Orbene, sulla scorta delle innumerevoli denunzie di questi anni verso il “Porto delle nebbie”, giunte alle scrivanie degli organi preposti, la Regione e il Ministero avevano l’onere di rimuovere dall’incarico i soggetti che hanno consentito il disastro certificato di soldi pubblici gettati alle ortiche. I burattini di questo disastro sono ancora in prima linea.
All’improvviso appare il misterioso Cerf una mega ente che rileva il fallito Cefop per poche migliaia di euro che “riassume” (stante che il licenziamento non rientra tra le fattispecie del CCNL della formazione professionale), soltanto 408 dipendenti (pesante discriminazione) dall’Ex Cefop, senza tenere assolutamente conto dell’anzianità di servizio maturata dagli stessi all’interno del comparto (un vero e proprio abuso che ha unicamente la funzione di rendere più ridotto il costo del personale per l’Ente cessionario.).
Superfluo ribadire che trattasi di finanziamenti pubblici finalizzati allo svolgimento di attività connesse alla Formazione Professionale ed alla prosecuzione dell’Avviso 20/2011, attraverso la riedizione di progetti del suddetto avviso, il ricorso al fantomatico contratto di solidarietà, che non risulta essere Istituto contrattuale applicabile, stante che per gli operatori eventualmente rimasti senza incarico è prevista solo ed esclusivamente la mobilità, nonché la successiva ricollocazione all’interno e/o all’esterno della formazione professionale (art. 26 CCNL 1994/97 e l.r. n. 25/93 art. 2/bis), vertenza seguita e amplificata dai fautori delle tutele occupazionali artificiali e artificiose che hanno contribuito in modo plateale e inopinabile allo sfracello del settore: Cgil-Cisl-Uil.
L’USB invita l’assessore all’Istruzione e Formazione professionale On.le Roberto Lagalla, l’Assessore al Lavoro, Mariella Ippolito, a voler istruire ogni atto rientrante nei propri specifici compiti all’uopo. Invita il Dirigente Generale del Dipartimento Istruzione e F.P. a voler attivare tutte le procedure utili sull’azione amministrativa dell’Ente in raccordo con il Dirigente Generale del Dipartimento Lavoro, stante l’illegittima procedura adottata dall’Ente Cerf e la grave situazione esposta che ha costretto i lavoratori a rendere le dimissioni per giusta causa, per mancato pagamento degli emolumenti spettanti, ivi compreso tredicesima, TFR, ferie non retribuite e indennità sostitutiva di preavviso.
Questa organizzazione sindacale, stante le numerose irregolarità emerse, chiede, altresì, l’attivazione del nucleo tutela lavoro dell’Arma dei Carabinieri.
Il Sindacato USB annuncia, poi, che si adopererà in ogni modo e forma prevista dalla Legge per consentire piena chiarezza sull’operato dell’amministrazione regionale e del Ministero dello Sviluppo economico, affinché questa vicenda dai contorni nebulosi, che ha distrutto migliaia di vite professionali, non cada nel dimenticatoio.
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