Trent’anni fa – lo ricorda un noto romanzo dello scrittore Manuel Vasquez Montalban – i catalani nemmeno esistevano. Oggi milioni di catalani invadono le strade di Barcellona chiedendo la libertà. In Sicilia la traversata sarà lunga, gli ‘ascari’ da buttare in mare saranno tanti, ma ce la possiamo fare. Sognare e, soprattutto, volere
In un libro di Manuel Vasquez Montalban, lo scrittore catalano nato a Barcellona nel 1939, creatore di Pepe Carvalho, intitolato “La rosa di Alessandria”, leggiamo il seguente dialogo tra lo stesso Pepe e Narcìs, un personaggio della storia:
Narcìs: “Sa chi è Carner?”.
Carvalho: “Mi suona”.
Narcis: “E’ stato uno dei maggiori poeti di questo secolo. Maggiore di Eliot, di Saint – John Perse, di Majakovskij… ma… era catalano e questo lo si paga”.
Carvalho: “Che prezzo si paga per essere catalano?”.
Narcis: ”Di non esistere quasi. Che sei catalano non figura nemmeno sulla carta d’identità. Per non dire sul passaporto”.
Desolante, vero? Sembra un dialogo tra siciliani di oggi.
Il libro è del 1986, appena 11 anni dopo la morte del caudillo Francisco Franco, che a Barcellona e a tutta la Catalogna fece pagare carissimo nei suoi 40 anni di dittatura un prezzo atroce per la resistenza opposta alle falangi franchiste.
Proprio in quegli anni, però, cominciava la lunga marcia verso l’indipendenza, che ha fatto della Catalogna la prima Regione della Spagna per cultura, civilizzazione e solidità economica e che, in nome dell’indipendenza, può richiamare nelle piazze milioni di catalani.
Trent’anni. Molti di quelli che iniziarono quella traversata non ci sono più, come Vasquez Montalban. Anche Mosè, che guidò gli ebrei verso Israele, morì prima che gli ebrei entrassero in Palestina.
Non cambiò nulla. Dopo Mosè, il testimone passò ai giovani, e gli ebrei, guidati da un giovane, raggiunsero la Terra promessa.
Si può fare. Si può fare. Si può fare