Dopo la ‘brillante’ operazione condotta in Libia, gli ‘esportatori di pace’ – Stati Uniti, Francia e Regno Unito – hanno avviato stanotte una nuova campagna di ‘bombe pacifiste’ in Siria. La scusa sono le armi chimiche il cui uso è stato attribuito, senza prove, ad Assad. Si attende la replica di Putin. E la Sicilia? Piaccia o no, è nella nostra Isola che insistono le basi militari americane e il MUOS
“Prima li chiacchierano, poi dicono che sono chiacchierati”. Così scriveva Leonardo Sciascia negli anni ’80 del secolo passato a proposito degli ‘obiettivi’ che diventavano oggetto dei ‘bombardamenti’ mediatici da parte di coloro i quali lo stesso scrittore siciliano definiva i ‘Professionisti dell’Antimafia’. Una cosa simile, anche se in forma e con obiettivi diversi – e con bombe vere – sta succedendo in queste ore in Medio Oriente: USA, Francia e Regno Unito, ‘chiacchierando’ sulla Siria, hanno deciso che Assad è il responsabile delle armi chimiche: e stanno bombardando questo Paese!
Come per l’Iraq di Saddam, non c’è alcuna prova che Assad abbia utilizzato le armi chimiche. Ma che importa? Ormai, in Medio Oriente, la ‘verità’ è quella che piace agli americani di Trump, ai francesi e agli inglesi. Punto.
Ormai il meccanismo è sperimentato: se un territorio serve – per il petrolio, per il gas, o per qualunque altra cosa – si costruiscono a tavolino le ragioni di una guerra e si procede.
In queste occasioni – che diventano sempre più frequenti – gli americani mostrano i muscoli, mentre francesi e inglesi si ricordano di essere stati i colonialisti e ‘civilizzatori’ di mezzo mondo…
Tra l’altro, le guerre rilanciano il mercato delle armi: vi pare poco? Quando ci sono di mezzo bombe, aerei da guerra e, in generale, armi, i liberisti sono persino disposti a rivalutare Keynes!
In Iraq e in Libia c’erano gli idrocarburi: e, per la Libia, c’era da soffocare sul nascere l’idea di una moneta africana:
“E se i bombardamenti francesi alla Libia gheddafiana, del marzo 2011, non fossero stati dettati solo da ragioni petrolifere (incrinare il predominio Eni nel paese); di immagine per Sarkozy (in ribasso per i suoi appoggi ai dittatori nordafricani, nella prima fase delle Primavere arabe) e umanitari (la grave situazione di assenza di diritti nel paese)? Se, insomma, quelle prime bombe del 19 marzo su Bengasi fossero state sganciate, in realtà, per evitare di incrinare il predominio di Parigi sull’Africa francofona? Per far fallire il progetto di Gheddafi di realizzare una valuta panafricana legata al dinaro d’oro libico, che consentisse ai 14 paesi francofoni di sganciarsi dal franco francese Cfa? (tratto da Nigrizia 2016: QUI L’ARTICOLO PER INTERO).
E la Siria? Il ‘Turbocapitalismo’ delle multinazionali freme per aprirsi un varco verso la Russia di Putin: e l’occasione offerta dalla Siria, prima colpita da una carestia e poi da una guerra civile alimentata dai soliti ‘esportatori di pace’, è un’occasione troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire.
Ieri il titolare di questo blog, Franco Busalacchi, ha scritto a chiare lettere che la Sicilia rischia, comunque vadano le cose (cioè a prescindere dalla posizione che prenderà l’Italia, ammesso che una posizione politica italiana ci sarà, visto che non c’è un Governo espressione del nuovo Parlamento: QUI L’ARTICOLO), di essere coinvolta in questa guerra.
Si attende, infatti, la reazione di Putin: che non dovrebbe essere favorevole all’annientamento della Siria per consentire agli ‘esportatori di pace’ di aprirsi un varco verso la Russia.
Anche Iran e Turchia non dovrebbero ‘gioire’ per questa nuova ‘paciata’ dei soliti noti.
Aspettiamoci di tutto.
Che dire? Nella nostra Isola ci sono le basi militari americane – a cominciare da Sigonella – e c’è il MUOS a Niscemi, che non è proprio uno strumento di pace: anzi!
“Un giorno faranno una guerra e nessuno vi parteciperà”, scriveva il poeta Carl Sandburg. Quel giorno sembra ancora molto lontano.
P.s.
Carl Sandburg era un poeta e storico statunitense. Chissà se Donad Trump e i suoi collaboratori hanno letto le sue opere…
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