Il CETA è incompatibile con l’agricoltura italiana e, in particolare, con l’agricoltura del Sud Italia, grano duro in testa. E’ per questo che gli inviti ‘ecumenici’ della Coldiretti in campagna elettorale lasciano il tempo che trovano. Il Manifesto di questa organizzazione agricola non è convincente. Anzi. E, in ogni caso, tali richieste andavano inoltrate ai Governi Renzi e Gentiloni. Perché la Coldiretti ne parla ora?
Basta un manifesto in campagna elettorale per affrontare i problemi che riguardano gli agricoltori e i consumatori? In un Paese come l’Italia, dove ogni giorno arrivano prodotti agricoli da mezzo mondo di qualità scadente (se non tossici!) e a prezzi stracciati, massacrando i prodotti agricoli di casa nostra e il reddito degli agricoltori, piuttosto che i manifesti e le parole servirebbero i fatti concreti.
Ma non si può certo chiedere questo alla Coldiretti, che da gloriosa espressione della DC degli anni ’50, ’60, ’70 del secolo passato, quando a guidarla era Paolo Bonomi, è passata alla corte del PD di Matteo Renzi e di Maurizio Martina.
Già, il PD, il partito più ‘europeista’ dello schieramento politico italiano, dove con il termine ‘europeista’ non si intende seguace dell’Europa dei popoli di Altiero Spinelli e Gaetano Martino, ma dell’Unione Europea dell’euro controllata dalle multinazionali.
In pratica, la Cordiretti, oggi, si ritrova alleata di un partito – il PD – che difende l’unione Europea che sta distruggendo l’agricoltura italiana e, segnatamente, l’agricoltura del Sud Italia!
Emblematico il caso del grano duro, coltura di eccellenza del Mezzogiorno d’Italia. A parole la Coldiretti difende il grano duro, si è anche schierata contro il grano duro che arriva dal Canada. Poi, però – come già accennato – si accompagna con il PD, partito che – come raccontiamo qui di seguito – ha votato sì agli accordi internazionali che penalizzano il grano duro in particolare e l’agricoltura italiana in generale.
Un’organizzazione agricola può dare un colpo al cerchio e uno alla botte?
Dopo di che, in questa campagna elettorale, spunta il Manifesto della Coldiretti. E subito centrodestra e centrosinistra aderiscono.
Ebbene, il fatto che i due schieramenti politici che nel Parlamento italiano e nel Parlamento europeo hanno votato a favore dei provvedimenti che hanno penalizzato l’agricoltura italiana non dovrebbe fare riflettere i vertici della Coldiretti e, soprattutto, gli agricoltori italiani?
Sappiamo bene che, oggi, centrodestra e centrosinistra sono un unico “cartello”. Del resto, i segni dello sfarinamento del loro sistema sono rinvenibili anche attraverso le dichiarazioni di Raffaele Fitto e Matteo Salvini.
Raffaele Fitto annuncia in un video fuorionda che al Sud “il Movimento 5 Stelle fa cappotto” e può vincere in tutti i collegi uninominali (QUI IL VIDEO DI RAFFAELE FITTO). E Matteo Salvini si augura che “il Partito Democratico faccia il 22% e non perda tutti gli uninominali così da ostacolarci”. Non serve altro per capire che l’unico ostacolo al sistema sono i candidati del Movimento 5 Stelle.
Tuttavia dispiace che qualche candidato grillino, in buona fede, abbia autonomamente aderito all’iniziativa della Coldiretti. Anche perché non ci risulta che la ben pagata dirigenza della Coldiretti si sia tagliata gli stipendi per devolvere le risorse a favore delle aziende agricole in crisi.
Ricordiamoci che, in agricoltura, è la terra il fattore comune intorno al quale nascono progettualità, imprenditorialità ed esperienza: ed è sempre la terra ad insegnare il senso ed il valore della coesione sociale e della solidarietà.
Questi erano valori della Coldiretti di Paolo Bonomi. Ma non sono certo quelli dell’Europa dell’euro, che paga addirittura gli agricoltori per non fargli coltivare la terra, per fare in modo che le multinazionali invadano con più facilità i nostri mercati con prodotti agricoli di pessima qualità! (COME POTETE APPROFONDIRE QUI).
Perché il Manifesto politico della Coldiretti suscita in noi perplessità? Intanto non ci convince il metodo. Come già ricordato, questa organizzazione agricola è vicina al PD di Renzi e, in particolare, al Ministro delle Risorse agricole, Maurizio Martina.
Bene, perché le cose che la politica italiana, a parere della Coldiretti, dovrebbe fare nei primi 100 giorni della nuova legislatura la stessa Coldiretti non le ha proposte al Ministro Martina nella passata legislatura?
A noi, questa, sembra un po’ una sceneggiata politica!
Vediamo, adesso, quali sono i punti proposti dalla Coldiretti.
Obbligo dell’origine in etichetta. Confermare l’applicazione delle norme sull’etichetta obbligatoria a tutte le filiere, anche in regime di infrazione comunitaria, confermando le norme nazionali di tutela per consumatori e produttori.
E’ difficile spiegare ai signori della Coldiretti che le etichette sono certo importanti, ma, da sole, servono a poco. Accanto alle etichette vanno istituiti i controlli sui prodotti, secondo il modello GranoSalus (sostenuto da questo Blog).
Tra l’altro, le etichette introdotte nella pasta dall’Italia, con un decreto del Governo nazionale strombazzato nei mesi scorsi come una grandi vittoria, si è trasformato in una farsa: nessuno lo sta applicando e tra un po’ l’Unione Europea renderà le renderà facoltative.
La seconda proposta della Coldiretti è l’istituzione del ministero del Cibo, per dare un’unica regia ed un unico indirizzo alle politiche alimentari. Invece di programmati i controlli questa organizzazione agricola crea altra burocrazia! E il bello è che poi parlano di semplificazione burocratica e amministrativa, razionalizzazione delle procedure e miglioramento delle performance dello Stato. Questo si chiama solo gettare fumo!
La terza proposta potrebbe anche essere giusta: togliere il segreto sulle importazioni, per rendere trasparenti i flussi commerciali delle materie prime, con la chiara indicazione della provenienza dei prodotti che fanno concorrenza, anche sleale, a quelli italiani.
Bene: e dopo? Lo sappiamo già che il grano duro canadese arriva a fiumi in Italia. Il problema non sta solo nella conoscenza dei luoghi del mondo da dove arrivano i prodotti, ma che tipo di prodotti arrivano: con tengono pesticidi, erbicidi e, in generale, contaminanti? E’ questo ciò che interessa i consumatori. E torniamo al punto di prima: ci vogliono i controlli, il resto sono chiacchiere.
Quarta proposta: adeguare la legge sui reati agroalimentari, che necessita di rapida approvazione, per contrastare l’evoluzione delle fattispecie di frode e contraffazione, nonché le relative sanzioni.
Bene: e perché la Coldiretti non ne ha parlato negli anni scorsi a Renzi, a Gentiloni e a Martina? Ci pensa ora, in campagna elettorale?
Detto questo, ricordiamo che, per il Movimento 5 Stelle, la prima misura necessaria prevista dal suo programma è la promozione di prezzi equi per i produttori primari.
Il primo intervento che darebbe immediatamente il senso di una reale attenzione al mondo dell’agricoltura e dei consumatori è proprio la Commissione Unica Nazionale (CUN), che nel caso del grano duro, da cui deriva la maggior parte del nostro cibo quotidiano, rappresenterebbe una svolta epocale.
Ma è proprio su questo punto che l’atteggiamento della Coldiretti è apparso sinora molto ambiguo: a prescindere dai comunicati stampa, i berretti gialli non vogliono una trasparenza nel mercato e tendono a favorire gli accordi (capestro) di filiera con gli industriali. Ai quali interessa solo la qualità tecnologica e non quella tossicologica dei derivati del grano che aiuterebbe sia i consumatori a non intossicarsi, sia lo Stato a non aumentare la spesa sanitaria.
Perché quello che va sottolineato con forza è che il cibo di qualità scadente, a lungo andare, fa ammalare migliaia di persone che poi debbono curarsi: a proprie spese a spese dello Stato.
Sono tante le contraddizioni della Coldiretti. E’ il caso della cultivar Senatore Cappelli, scippata al Sud per darla al Nord (per la cronaca, il Senatore Cappelli è una varietà di grano duro selezionata in Puglia, diffusa in tutto il Sud Italia e adesso finita alla Sis, una società di Bologna, città che con il grano duro non ha nulla a che spartire!) (QUI L’ARTICOLO SULLO SCIPPO DELLA VARIETA’ SENATORE CAPPELLI).
Per non parlare dell’ambiguità del presidente nazionale della Coldiretti, Roberto Moncalvo, che in sede nazionale ha dichiarato di essere contro il CETA, mentre a Bruxelles ha avallato il CETA da vice presidente del COPA-COGECA (per la cronaca il CETA è un trattato commerciale internazionale che rischia di distruggere l’agricoltura italiana, grano duro in testa, come potete leggere negli articoli allegati in calce).
Dulcis in fundo, Coldiretti non ha mai intrapreso alcuna azione legale sul glifosato verso la Commissione UE o verso il Ministero della Salute.
Noi siamo a favore di un’agricoltura che intende proporsi come modello per uno sviluppo inclusivo e promotore dell’uguaglianza, tuttavia per raggiungere questo obiettivo si deve necessariamente rispettare il lavoro di chi opera direttamente sul campo, di chi esercita attivamente il mestiere dell’agricoltore.
E, soprattutto, alla politica va detto a chiare lettere che le scelte di politica agraria, in Italia, non le possono decidere gli industriali, ma sono prerogativa degli agricoltori.
Perché è necessario informare sul CETA. Due video illustrano i pericoli per la nostra salute
La UE applica il CETA/ Gli italiani non mangeranno pasta con grano canadese? Il Canada chiederà i danni!
Che fare per contrastare il CETA? Intanto cominciamo a non acquistare più la pasta industriale!
AVVISO AI NOSTRI LETTORI
Se ti è piaciuto questo articolo e ritieni il sito d'informazione InuoviVespri.it interessante, se vuoi puoi anche sostenerlo con una donazione. I InuoviVespri.it è un sito d'informazione indipendente che risponde soltato ai giornalisti che lo gestiscono. La nostra unica forza sta nei lettori che ci seguono e, possibilmente, che ci sostengono con il loro libero contributo.-La redazione
Effettua una donazione con paypal