A Caltanissetta e Siracusa si campa meno. Nord batte Sud in tema di sopravvivenza

19 febbraio 2018

I dati dell’Osservatorio Nazionale della Salute confermano l’esistenza di una questione meridionale anche in questo settore. Non solo. Nel rapporto viene evidenziato come i vincoli imposti da Maastricht abbiano finito col porre la finanza prima del diritto alla salute…

In Trentino Alto Adige si vive in media fino a tre anni in più che in Campania o in Sicilia. Lo certifica, per l’ennesimo anno consecutivo, il rapporto dell’Osservatorio Nazionale della Salute nelle Regioni Italiane, secondo cui in Campania si vive mediamente 81,06 anni e in  Sicilia 81,8. La media nella Provincia Autonoma di Trento è di 83,6.

In generale, la maggiore sopravvivenza – si legge sempre nel rapporto- si registra nel Nord-Est, dove la speranza di vita per gli uomini è 81,2 anni e per le donne 85,6; decisamente inferiore nel Mezzogiorno, dove si attesta a 79,8 anni per gli uomini e 84,1 per le donne.
Scendendo nel dettaglio territoriale, il dato sulla sopravvivenza mette in luce l’enorme svantaggio delle province di Caserta e Napoli che hanno una speranza di vita di oltre 2 anni inferiore a quella nazionale, seguite da Caltanissetta e Siracusa che palesano uno svantaggio di sopravvivenza di 1,6 e 1,4 anni rispettivamente.Le Province più longeve sono quelle di Firenze, con 84,1 anni di aspettativa di vita, 1,3 anni in più della media nazionale, seguite da Monza e Treviso con poco più di un anno di vantaggio su un italiano medio.

L’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane conferma, dunque l’esistenza di una questione meridionale anche in questo settore, ricordando che “il Servizio sanitario nazionale è nato con l’obiettivo di tutelare la salute, come diritto fondamentale dell’individuo e della collettività, e superare gli squilibri territoriali nelle condizioni socio-sanitarie del Paese. Il principio alla base del Ssn è l’universalismo ritenuto un presupposto per l’uniformità delle condizioni di salute sul territorio (cfr Legge 23 dicembre 1978 n. 833, Art. 1, 2 e 3)”.

Insomma, l’Osservatorio istituito presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, evidenzia il tradimento di uno dei fini per cui è stato istituito il Servizio sanitario nazionale. Tradimento, va da sè, in danno del Sud.

“Il Servizio sanitario nazionale oltre che tutelare la salute, nasce con l’obiettivo di superare gli squilibri territoriali nelle condizioni socio-sanitarie del Paese. Ma su questo fronte i dati testimoniano il sostanziale fallimento delle politiche”, spiega Alessandro Solipaca, Direttore Scientifico dell’Osservatorio.

Non solo. Nella sua disamina l’Osservatorio parla di come sia cambiata la concezione delle politiche sanitarie da quando c’è l’euro:

“A circa quindici anni dalla legge istitutiva del Ssn, in un quadro che vede il nostro Paese affrontare i forti vincoli di finanza pubblica imposti dagli accordi di Maastricht, si avvia la prima riforma, finalizzata a migliorare l’efficienza economica, attraverso l’aziendalizzazione delle articolazioni territoriali (Azienda sanitarie locali (Asl)). Tra i principi cardini di questa riforma la responsabilità del pareggio di bilancio in capo ai Direttori generali delle Asl, la coerenza tra i livelli uniformi di assistenza sanitaria e il quadro clinico ed epidemiologico delle Regioni, infine il legame tra le prestazioni da garantire a tutti i cittadini e il volume di risorse a disposizione. Pertanto, prima la Legge del 30 dicembre del 1992, n. 502, poi quella del 7 dicembre 1993, n. 517, introducono nel sistema il concetto della compatibilità tra volumi di prestazioni e risorse finanziarie disponibili”. 

Ai  vincoli di finanza pubblica saranno improntate anche le altre riforme:

“i vincoli di finanza pubblica hanno acquisito nel corso degli anni sempre maggiore importanza, fino a stabilire che i volumi di assistenza erogati debbano essere compatibili con le risorse assegnate”. 

Insomma, non è certamente un caso che il declino del servizio sanitario pubblico- in termini di tagli di risorse- coincida con l’entrata in vigore dell’euro e con il rispetto di quei vincoli finanziari che hanno impoverito i popoli europei.

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