Stamattina, a Palermo, conferenza stampa dei vertici della CGIL del capoluogo dell’Isola. L’acqua che si perde e l’inadeguatezza del Comune e dell’AMAP (che, in realtà, non è messo nelle condizioni di operare). No ai dissalatori (il nuovo affare del malaffare). E sì, invece, alla requisizione dei pozzi. Gli interrogativi sui fondi per la Sicilia annunciati nel 2016 dal Governo Renzi (foto sopra) di cui non c’è ancora traccia. In calce per esteso il documento della CGIL
“Ci sono risorse per 1 miliardo e 200 milioni nel masterplan del ‘Patto per il Sud’, per depuratori e infrastrutture, somme approvate dalla Regione siciliana un anno fa, con la delibera 20 del 18 gennaio 2017. Cosa si sta facendo? Nulla? E’ solo un effetto annuncio?”.
Forse, nella conferenza stampa tenuta stamattina dai vertici della CGIL di Palermo sulla sete del capoluogo siciliano ci sono due notizie.
La prima – e questa e ufficiale ed è nelle cose – è che la gestione dell’acqua, da parte del Comune di Palermo e dell’AMAP, è stata un mezzo disastro.
Ma nelle parole di Enzo Campo, segretario della CGIL di Palermo, si potrebbe leggere, tra le righe, una seconda notizia: e cioè che i fondi per la Sicilia sbandierati da Matteo Renzi nel settembre del 2016, quando l’allora capo del Governo nazionale ‘firmava’ il ‘Patto per il Sud ad Agrigento, sono stati solo annunci.
E’ a questi fondi che Campo fa riferimento quando si chiede:
“E’ solo un effetto annuncio?”.
Noi, allora, abbiamo scritto che il ‘Patto per il Sud’ era una presa per i fondelli (COME POTETE LEGGERE QUI).
Il riferimento è al tanto celebrato ‘Patto per il Sud’ che avrebbe dovuto riempire di soldi Palermo, Catania, Messina e via continuando.
“Nel masterplan, a valere su risorse Fsc 2014/2010, per reti idriche, dighe e acquedotti, sono previsti 42 milioni, e per le infrastrutture idriche e irrigue c’è una somma stanziata di 52 milioni”, leggiamo nel comunicato.
“Non abbiamo notizie né per quanto riguarda i lavori di dighe e acquedotti – ha denunciato Mario Ridulfo, della segreteria Cgil Palermo – né per le altre opere previste tra gli interventi strategici legati all’ambiente, come per il rischio alluvioni, con 115 milioni di euro assegnati, e per il rischio idrogeologico, con 253 milioni di euro di risorse destinate”.
“Tra gli interventi ancora fermi del Piano triennale delle Opere pubbliche – è stato detto nella conferenza stampa di stamattina – per Palermo ci sono anche le sottoreti di Boccadifalco, per 7 milioni di euro, la sottorete Villagrazia, 10 milioni e 200 mila euro, che dovevano entrambe partire nel 2017, e la sottorete Brancaccio-Villagrazia, opera da 30 milioni di euro, la cui realizzazione è prevista per il 2018. Quartieri in cui l’acqua non arriva già adesso ogni giorno”.
La CGIL, nel corso della conferenza stampa, ha posto anche anche un problema di governance dell’AMAP, l’azienda comunale che gestisce il servizio idrico a Palermo e in tanti Comuni della provincia:
“Al sindaco Orlando chiediamo che l’AMAP sia messa nelle condizioni di operare nel pieno delle sue competenze – ha detto Enzo Campo -. La crisi idrica non può essere affrontata da un’azienda che, da cinque anni, non ha un direttore generale e il cui consiglio d’amministrazione è scaduto dal 5 luglio del 2017. Soprattutto tenendo conto del fatto che l’azienda, da quando ha rilevato Aps, ha assunto un ruolo sovracomunale, a carattere provinciale”.
Aps, per la cronaca, è la società privata che ha gestito il servizio idrico in provincia di Palermo. Società che non ha retto economicamente e che è stata sostituita dall’AMAP (non in tutti i Comuni della provincia di Palermo: alcuni Comuni, infatti, si gestiscono il servizio idrico autonomamente).
“Nell’attesa dei turni, di fatto – si legge nel comunicato della CGIL – il razionamento a Palermo è già partito. Da fine gennaio a Palermo la pressione si è abbassata ed è diminuita l’acqua messa in rete: si è passati da 2.700 litri al secondo a 2.300 litri al secondo. E gli effetti si sentono: dalle segnalazioni raccolte dal sindacato anche in alcune zone del Centro storico l’acqua diretta non arriva più ogni giorno dai rubinetti”.
Che fare? L’indicazione della CGIL è perentoria:
“Dare seguito subito al piano di requisizione di tutti i pozzi”.
Per il sindacato, la crisi idrica in città si può evitare ricorrendo, nell’immediato, all’utilizzo delle acque del sottosuolo, requisendo tutti i pozzi e le sorgenti che, complessivamente, in tutta la provincia hanno una portata all’incirca di 4.530,41 litri al secondo.
Questi i dati forniti dalla CGIL in conferenza stampa:
“I 27 pozzi della sola città di Palermo assicurano, allo stato attuale, una portata di 864,50 litri al secondo e una disponibilità per abitante di 109,84 litri al giorno. E 162 i pozzi nella provincia, per un totale di 1.242,34 litri al secondo, garantirebbero una disponibilità per abitante di 85,87 litri al giorno. Le sorgenti in tutta la Provincia, comprese Scillato (mediamente 700 litri al secondo) e Presidiana (mediamente 700 litri al secondo), hanno una portata di 2.373,07 litri al secondo”.
“Se si considera che la popolazione residente negli 82 Comuni della Provincia, secondo il dato Istat del 2014, è pari a 1.276.525 – ha affermato il segretario generale Francesco Lannino – e il fabbisogno idrico giornaliero per abitante è di circa 210 litri, ne consegue che il fabbisogno complessivo è di 268.070.250 litri giornalieri, equivalenti al fabbisogno al minuto/secondo di 3.102,6 litri/secondo, ovvero ampiamente soddisfatto dalla portata delle acque delle sorgenti e dei pozzi che come spiegato al momento attuale è di 4.530,41 liti/secondo”.
“La scarsità dell’acqua degli invasi dunque – ha aggiunto Lannino – la si può compensare esclusivamente ricorrendo all’utilizzo dei pozzi e delle sorgenti, eludendo i fantasmagorici dissalatori, che richiedono anni per essere costruiti, accrescono le diseconomie dei costi del servizio idrico integrato e peggiorano la qualità dell’acqua. Utilizzando le risorse già previste, non è più procrastinabile l’efficientamento degli acquedotti, poiché è del tutto evidente che in una situazione emergenziale è ancora più intollerabile l’abnorme perdita dell’acqua nelle reti, che in alcune parti della città, dove non sono state completate le sottoreti, e in molti Comuni della Provincia, raggiungono addirittura punte del 70 per cento”.
La CGIL ha riproposto la denuncia di quanto avviene con la sorgente di Scillato, “oggetto di un intervento per un suo utilizzo parziale fatto nell’aprile del 2017, costato 1 milione e 300 mila euro. La crisi idrica è iniziata più di un anno fa. Non avere messo totalmente in funzione Scillato, da cui si sarebbero presi 700 litri al secondo, è stato un errore: non si sarebbero svuotati gli invasi”.
Infatti, mentre 350 litri al secondo di acqua della sorgente di Scillato finivano in mare, si prendeva l’acqua delle dighe, svuotandole!
Peggio di così la cosa pubblica non può essere amministrata!
“Dal 2007, senza l’acqua da Scillato – è stato ribadito nella conferenza stampa di stamattina – si supplisce con la diga Rosamarina. Solo nel 2017, per sollevare l’acqua dalla diga Rosamarina e portarla in città, si sono spesi 2 milioni di energia elettrica. In pratica, la metà del costo del By-Pass, risolutivo, valutato in 4 milioni 880 mila euro”.
A questo punto una denuncia nella quale si sottolinea l’inefficienza del Comune di Palermo:
“Il By-Pass sull’acquedotto di Scillato – si legge nel comunicto della CGIL – è un intervento previsto in contrada Burgitabus e Scacccciapidocchi, ricadente nei Comuni di Cerda e Termini Imerese. In una nota del 31 luglio 2014, inviata all’ufficio Urbanistica, la Regione comunica al Comune che c’è un finanziamento disponibile di 3.407.00 (delibera 217 del 27 giugno 2013). Si chiede di dare conferma della volontà di far attuare l’intervento al Comune o all’AMAP. Che risposta ha dato il Comune? Non è mai arrivata. L’opera per la realizzazione del by pass è tuttora prevista nel Piano Triennale delle Opere pubbliche del Comune 2016-2018 con uno stanziamento di 7 milioni di euro”.
“Molti invasi intanto sono già fuori uso. La Filctem e la Fillea sollecitano le opere di manutenzioni:
“E’ l’occasione per pulire i bacini, coperti al 10 per cento di fango. Svuotandoli dal fango, la capienza aumenterebbe”.
La Flai CGIL denuncia le perdite e le condizioni fatiscenti dell’invaso Poma, sul fiume Jato, realizzato per i terreni ricadenti nella zona di Partinico, la cui acqua è prelevata dall’AMAP per Palermo.
“Le rotture – dice il segretario Fazzese – causano perdite d’acqua di circa il 40 per cento, ogni anno, poiché non definitivi, si rinnovano gli interventi di riparazione per tappare le falle. La disponibilità sarebbe di 17 milioni di metri cubi d’acqua oggi ridotta a 9 milioni a causa delle perdite strutturali della rete. In maniera disinvolta si è proceduto a un prelievo da parte di AMAP di circa 24 milioni mentre il prelievo irriguo è rimasto di 9 milioni”.
P.s.
Costi in più per il pagamento dell’energia elettrica. Danni all’agricoltura. Qualcuno verrà chiamato a pagare per i danni prodotti?
Foto tratta da infoagrigento
Il documento della CGIL
A Palermo e in Sicilia l’acqua c’è: allora perché manca l’acqua?
Ci risiamo.
Dopo la grave crisi idrica registrata negli Anni ‘90 e l’ultima risalente al 2001, a Palermo e in tutta la Regione Sicilia l’arrivo del nuovo anno ci costringe ancora una volta a fare i conti con una nuova emergenza idrica.
Il tempo trascorso, studi attenti e oggettivi e le analisi messe a punto dagli specialisti del settore sembrano non avere insegnato nulla: tutto dimenticato e dissolto come neve al sole.
Eppure, a Palermo e in Sicilia l’acqua c’è!
Le grandi opere infrastrutturali esistenti per l’accumulo dell’acqua nei grandi bacini sono ampiamente sufficienti a garantire il fabbisogno idrico per l’intera Regione e non è necessario costruirne di nuovi.
Ciò su cui occorre seriamente focalizzare l’attenzione è l’importanza di rendere le strutture insite sul territorio efficienti attraverso una peculiare ed attenta programmazione delle opere di manutenzione ordinaria e straordinaria in modo tale da garantire e preservare, nel tempo, le capacità massime di riempimento degli invasi, al di sotto dei quali non si dovrebbe mai scendere.
D’altra parte, la Sicilia è una regione prevalentemente montuosa che favorisce la raccolta delle acque in bacini naturali e artificiali, ricca peraltro di sorgenti e di fiumi sotterranei.
Il bilancio tra stagioni piovose e stagioni siccitose garantisce sempre, nell’alternarsi dei cicli favorevoli e sfavorevoli, le riserve idriche necessarie, nell’ordine delle priorità al fabbisogno umano, irriguo e industriale.
Ovviamente, un rilievo fondamentale assume il governo e la gestione unitaria di tutte le acque, sia quelle in superficie che quelle sotterranee.
Già nel lontano 5 gennaio 1994 la Legge n. 36, “Disposizioni in materia di risorse idriche”, con successive modifiche e integrazioni, stabiliva alcuni concetti chiave, ossia:
“Tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorchè non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa che è salvaguardata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà.”
“Qualsiasi uso delle acque è effettuato salvaguardando le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale.”
“Gli usi delle acque sono indirizzati al risparmio e al rinnovo delle risorse per non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilità dell’ambiente, l’agricoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri idrologici.”
Tali norme di Legge dispongono che i servizi idrici siano riorganizzati sulla base di ambiti territoriali ottimali nel rispetto dell’unità del bacino idrografico.
Ciò che forse sfugge a riguardo è che occorre superare la frammentazione delle gestioni, come peraltro sta avvenendo in gran parte del Paese, presupposto essenziale per conseguire economie di scala e acquisire adeguate dimensioni di esercizio del servizio idrico integrato, orientato all’uso equilibrato e sostenibile del territorio, da realizzare con il bilanciamento fra risorsa disponibile e domanda idrica prevista.
In buona sostanza, l’intendimento è quello di garantire il servizio idrico integrato, senza soluzione di continuità, ad un territorio dimensionalmente e demograficamente adeguato, dove si concretizzi l’equilibrio tra le risorse idriche disponibili e il numero degli utenti da approvvigionare, anche al fine di contenere il costo della tariffa.
In Sicilia, le disposizioni rivolte al governo e alla gestione unitaria del servizio idrico integrato non trovano applicazione in alcuna Provincia, di conseguenza permane la frammentazione delle gestioni, l’uso inefficiente delle risorse idriche e il ricorrere incessante di situazioni emergenziali.
La Legge Regionale di riordino dei servizi idrici, cavallo di battaglia del Governo Crocetta, com’è noto, è stata impugnata dal Governo nazionale e giudicata incostituzionale dalla Corte Costituzionale, proprio in quelle parti che invece di superare la frammentazione delle gestioni puntavano a conservarla.
Si ha la sensazione che la politica regionale sia debole e comunque abbia difficoltà a combattere e vincere le lobby di interesse privato e le spinte corporative che di fatto ostacolano e impediscono la realizzazione dei processi unitari in materia di gestione dei servizi idrici.
Le conseguenze ovviamente, ricadono sui consumatori finali, i cittadini, che pagano per un servizio idrico inefficiente e per di più a costi elevati. Una grande occasione mancata per la Sicilia e le sue Provincie dove la gestione unitaria del servizio idrico integrato attraverso gli Ambiti Territoriali Ottimali o non è mai partita o si è realizzata solo parzialmente.
Il governo e l’utilizzo razionale delle risorse idriche e la gestione unitaria del servizio idrico integrato negli Ambiti Territoriali Ottimali, potrebbero essere anche in Sicilia e nella Provincia di Palermo, per la complessità del sistema idrico e il numero degli addetti, una delle industrie più grandi ed efficiente, in grado, finalmente, di utilizzare la mole ingente d’investimenti previsti e necessari per ristrutturare e ammodernare gli impianti, per connettere le reti nella dimensione degli Ambiti Territoriali Ottimali, per completare il sistema di depurazione e interconnettere i bacini.
L’acqua, dalle fonti in cui si trova in natura, per essere portata nelle case degli utenti subisce una metamorfosi e da risorsa naturale diviene servizio pubblico essenziale annoverato tra quelli industriali a grande rilevanza tecnologica, dove è fondamentale l’adeguata dimensione e l’efficienza della gestione unitaria del servizio idrico integrato, nella fattispecie ricompreso dalle opere di prelievo o captazione alle fonti; alle grandi reti di trasporto e sistemi di pompaggio; al trattamento di potabilizzazione, ovvero eliminazione delle sostanze indesiderate; alla distribuzione, mediante reti, serbatoi e condotte; al recupero, realizzato mediante la rete fognaria sino ad arrivare alla depurazione, che consiste nel trattamento per riutilizzare l’acqua o restituirla pulita all’ambiente.
Ancora un’emergenza idrica a Palermo e in Sicilia
Va da sé che le cause delle emergenze idriche nella città di Palermo e nella Provincia sono da ricercare nell’assenza di un governo unitario delle risorse idriche del territorio e nell’inadeguatezza della programmazione degli investimenti per ristrutturare e ammodernare impianti, asset e processi produttivi.
Basti pensare alla scandalosa vicenda del guasto sull’acquedotto di Scillato, denunciata dalla Filctem e dalla CGIL di Palermo in tempi non sospetti, nel lontano 12 giugno 2010, ben 700 litri di acqua al secondo, di ottima qualità, dispersi nell’ambiente per quasi un anno, che potevano arrivare alla città per caduta, senza alcun costo di energia elettrica e preservando, in un’ottica di elementare programmazione, le scorte dei bacini, fondamentali per prevenire ed eventualmente gestire tranquillamente le emergenze.
Dopo un penoso rimpallo di responsabilità tra Governo Regionale e Amministrazione Comunale di Palermo si è riusciti nello scorso marzo 2017 a riparare parzialmente l’acquedotto di Scillato recuperando solamente all’incirca 350 l/s. Ne mancano altri 350 l/s, che dovrebbero essere utilizzati al più presto per arrivare alla portata che garantisca l’erogazione dell’acqua agli utenti senza soluzione di continuità.
Non ci convince la proposta dei dissalatori. Non è spiegato chi dovrebbe finanziare gli ingenti capitali occorrenti alla costruzione: si parla addirittura di numero due dissalatori con capacità di 400 litri al secondo. Stiamo parlando di impianti di dimensioni imponenti, energivori, che richiedono una potenza elettrica impegnata difficile da installare nel medio periodo, tempi di costruzione lunghi e opere ancillari complesse.
I costi di produzione elevatissimi provocherebbero un aumento sostanziale della tariffa, gli utenti pagherebbero molto di più per un’acqua di pessima qualità. Senza considerare che una soluzione di questo tipo è incompatibile con la mera emergenza, la cui scelta, dei dissalatori, è giustificata solo quando si è in presenza di una carenza permanente di risorse idriche.
La crisi idrica a Palermo la si può evitare ricorrendo, nell’immediato, all’utilizzo delle acque del sottosuolo, requisendo tutti i pozzi e le sorgenti comunque utilizzati, che complessivamente in tutta la provincia hanno una portata all’incirca di 4.530,41 l/s così suddivisi: i pozzi nella sola città di Palermo assicurano una portata di 864,50 litri al secondo e una disponibilità per abitante di 109,84 litri al giorno.
Nella Provincia, viene stimata una portata di 1.242,34 litri al secondo e una disponibilità per abitante di 85,87 litri al giorno. Le sorgenti in tutta la Provincia, comprese Scillato (mediamente 700 l/s) e Presidiana (mediamente 700 l/s), hanno una portata di 2.373,07 litri al secondo.
Se si considera che la popolazione residente al 31 dicembre 2014 negli 82 comuni della Provincia secondo il dato ISTAT, è pari a 1.276.525, ed il fabbisogno idrico giornaliero per abitante è di circa 210 litri, ne consegue che il fabbisogno complessivo è di litri 210 x 1.276.525 = 268 070 250 litri giornalieri, equivalente al fabbisogno al minuto/secondo di (268.070.250/86.400) 3.102,6 l/s, ovvero ampiamente soddisfatto dalla portata delle acque delle sorgenti e dei pozzi che come spiegato è di 4.530,41 l/s.
Per concludere, possiamo serenamente affermare che ad oggi, la scarsità dell’acqua degli invasi la si può compensare esclusivamente ricorrendo all’utilizzo dei pozzi e delle sorgenti, eludendo i fantasmagorici dissalatori, che richiedono anni per essere costruiti, accrescono le diseconomie dei costi del servizio idrico integrato e peggiorano la qualità dell’acqua.
Invece, utilizzando le risorse già previste, non è più procrastinabile l’efficientamento degli acquedotti, poiché è del tutto evidente che in una situazione emergenziale è ancora più intollerabile l’abnorme perdita dell’acqua nelle reti, che in alcune parti della città, dove non sono state completate le sottoreti, e in molti Comuni della Provincia raggiungono addirittura punte del 70%.
Così, come aumenterebbe l’efficienza complessiva del sistema, il completamento degli impianti di depurazione e il riuso delle acque depurate: non dimentichiamoci che stiamo parlando di un fiume d’acqua da riutilizzare ai fini irrigui e industriali, risparmiando le scorte di quella delle fonti.
Sul punto giova ricordare che, tra l’altro, non utilizziamo 1 miliardo e 200 milioni di fondi Europei ma, ci becchiamo la multa dalla stessa Europa in quanto risultiamo fuori dai parametri previsti per la depurazione e inquiniamo l’ambiente.
Un bel capolavoro, sul quale riusciamo a fare acqua da tutte le parti. Sic!