I sacchetti di plastica biodegradabile potrebbero provocare un aumento dell’inquinamento!

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Non lo diciamo noi: lo scrive Il Sole 24 Ore: “Molti consumatori abbandoneranno il prodotto sfuso e si rivolgeranno ai prodotti già confezionati. Invece di prendere i frutti con il guanto usa-e-getta… prenderanno la vaschetta di polistirolo con i frutti già imbustati. In altre parole, più imballaggi in circolazione”. A guadagnare, in questa storia, sarà solo chi produrrà i sacchetti biodegradabili

Sta suscitando un vespaio di polemiche la vicenda dei sacchetti biodegradabili per la conservazione dei prodotti sfusi. C’è chi è pro e chi è contro. E c’è chi pensa che tutta questa cagnara mediatica sia stata pensata apposta per distogliere l’attenzione degli italiani da cose ben più gravi: l’aumento delle bollette di energia elettrica e gas che costerà, in media, ad ogni famiglia italiana, circa mille euro in più all’anno. Per non parlare degli aumenti dei pedaggi nelle autostrade, provvedimento che avrà effetti devastanti soprattutto sulle imprese, se è vero che la stragrande maggioranza delle merci, nel Belpaese, ‘viaggia’ sul gommato.

Con molta probabilità, appare un po’ singolare tanta acredine verso i sacchetti biodegradabili per la spesa rispetto al silenzio che sta accompagnando l’aumento delle bollette di energia elettrica e gas e l’aumento dei pedaggi nelle autostrade.

Tuttavia forse una spiegazione si può tentare: forse per gli aumenti di energia, gas e pedaggi gli italiani, in silenzio, si preparano a ‘stangare’ il Governo del PD alle imminenti elezioni politiche del 4 marzo. Mentre per i sacchetti biodegradabili monta una rabbia legata al fatto che, ogni giorno i produttori di questi prodotti (che alla fine saranno pochi) si arricchiranno alle spalle di milioni di italiani.

Detto questo, proviamo a illustrare come stanno le cose.

Cominciamo col dire che i sacchetti ecologici, per frutta e verdura, rischiano di diventare un boomerang. Non lo diciamo noi: lo scrive Il Sole 24 Ore, ovvero il quotidiano della Confindustria:

“Potrebbe avere effetti contrari all’obiettivo: la legge che impone dal 1° gennaio l’uso di sacchetti biodegradabili per i prodotti sfusi ha tante virtù ma con ogni probabilità potrà indurre un aumento nell’uso di imballaggi”.

Già in quello che in gergo giornalistico si chiama “attacco del pezzo” il quotidiano economico più diffuso in Italia ci dice una cosa precisa: che questa trovata del Governo Gentiloni – e quindi politicamente parlando del PD – rischia non di ridurre, ma di aumentare l’inquinamento dell’ambiente!

Già, la nuova trovata del Governo Gentiloni. Che, lo ricordiamo, è stata inserita nel decreto per il Sud, lo scorso agosto.

Da qui la prima domanda: cosa c’entrano i sacchetti ecologici con i provvedimenti in favore del Mezzogiorno? E perché nascondere tale norma?

Secondo la norma ‘nascosta’ in un decreto che affronta temi che nulla hanno a che spartire con il Mezzogiorno, i sacchetti di plastica nei quali conservare i prodotti venduti sfusi – frutta, verdura, affettati e anche il pesce – devono possedere tre caratteristiche: devono essere di plastica biodegradabile, devono essere monouso e, soprattutto, debbono essere a pagamento.

Per i supermercati che non si adegueranno sono previste contravvenzioni ‘salate’.

“La norma – leggiamo nell’articolo de Il Sole 24 Ore – serve soprattutto a promuovere l’industria italiana, leader nella produzione di plastica biodegradabile, invenzione italiana invidiata nel mondo. Inoltre intende ridurre la quantità di rifiuti di plastica abbandonati, che sporcano i bordi di tante strade e a volte finiscono a lordare perfino le spiagge e il mare”.

“Primo effetto della norma – prosegue il quotidiano di Confindustria -: è necessario che la produzione sia adeguata alla domanda. Se non vi sarà disponibilità, o quando i magazzini saranno vuoti, alcuni supermercati potranno denunciare i fornitori che si rifiuteranno di vendere loro i sacchetti a norma. Secondo effetto possibile: con l’obbligo del monouso viene promosso l’uso di prodotti usa-e-getta e viene vietato l’uso di imballaggi riutilizzabili. Non sarà possibile presentarsi al supermercato con il proprio sacchetto privato che si riutilizza più volte”.

“Terza possibile conseguenza della norma – prosegue l’articolo -: poiché per legge il costo dell’imballaggio non può essere assorbito nel prezzo complessivo del servizio, molti consumatori abbandoneranno il prodotto sfuso e si rivolgeranno ai prodotti già confezionati. Invece di prendere i frutti con il guanto usa-e-getta, pesarli nel sacchetto biodegradabile, etichettarli e poi alla cassa pagare il sacchetto, molti consumatori prenderanno la vaschetta di polistirolo con i frutti già imbustati. In altre parole, più imballaggi in circolazione”.

Più imballaggi significa che l’inquinamento dell’ambiente, lungi dal diminuire, aumenterà.

Ultima considerazione, sempre a proposito dei risvolti ecologici di questo provvedimento. va precisato che i sacchetti ecologici spariscono in tempi brevi solo se trattati dagli impianti di compostaggio.

Per la cronaca, il compostaggio, o biostabilizzazione, è un processo biologico aerobico – che viene controllato dall’uomo – che porta alla produzione di una miscela di sostanze umificate (il compost, per l’appunto) partendo da residui animali e da residui vegetali verdi o legnosi. La produzione del compost avviene grazie all’azione di batteri e di funghi.

Nelle realtà dove non esiste la raccolta differenziata dei rifiuti – in Sicilia, per esempio, quasi 300 Comuni, con in testa Palermo, Catania e Messina, non praticano la raccolta differenziata – i sacchetti di plastica ecologico rischiano di diventare una presa in giro!

Ah, dimenticavamo: l’Unione Europea non ha nulla a che vedere con la citata norma che, dall’1 gennaio, impone ai consumatori italiani che acquistano frutta e verdura di confezionare tali prodotti in sacchettini di plastica biodegradabile e compostabile a pagamento. Come già ricordato, questa è un’iniziativa, autonoma, del Governo Gentiloni.

La direttiva comunitaria del 2015 non prevede quanto stabilito dal Governo italiano. Bruxelles pone l’accento sulle borse in plastica per conservare la spesa: borse che, in Italia, sono fuori legge già dal 2012. La UE precisava esplicitamente la possibilità di escludere dalle misure le bustine trasparenti per frutta e verdura.

La direttiva europea prevede azioni per diminuire la plastica, lasciando libertà di movimento.

Scrive Il Fatto quotidiano:

“Si propone di darsi degli obiettivi di riduzione o, in alternativa, di far ricorso alla leva economica: le buste a pagamento da parte dei consumatori, insomma, sono una delle possibilità, non un requisito inviolabile. Non solo: Bruxelles precisa anche che ‘gli Stati membri possono scegliere di esonerare le borse di plastica con uno spessore inferiore a 15 micron («borse di plastica in materiale ultraleggero») fornite come imballaggio primario per prodotti alimentari sfusi’. La decisione di sottoporli a restrizioni, dunque, è tutta dei governi nazionali”.

Che dire? Che i benefici di questi sacchetti biodegradabili sono ancora tutti da verificare. Mentre le industrie che li producono ci guadagneranno.

 

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