Solo nel PD siciliano possono succedere certe cose. Solo i dirigenti del PD siciliano potevano ‘implorare’ il presidente del Senato di candidarsi alla presidenza della Regione nel PD, non capendo che, quando glielo chiedevano ‘imploranti’, lo stesso Piero Grasso sapeva che sarebbe andato via dal PD insieme con Bersani e D’Alema. ‘Volpi’ politiche, i dirigenti del PD siciliano… Intanto nel partito dell’Isola volano gli stracci…
Succedono cose sempre più bizzarre nel variegato mondo della sinistra italiana. Quattro mesi fa, o giù di lì, Piero Grasso, avrebbe dovuto essere il candidato alla presidenza della Regione siciliana del centrosinistra a ‘trazione’ PD. Oggi lo stesso Grasso, è stato ‘incoronato’ leader della lista ‘Liberi e uguali’, che nasce in alternativa allo stesso PD mettendo assieme Articolo 1 MDP, Sinistra Italiana e Possibile.
In un partito normale – ammesso che il PD siciliano sia un partito normale – tutti i ‘capi’ si dovrebbero quanto meno porre le seguenti domande:
“Ma che candidato abbiamo proposto ai siciliani? E che cosa debbono pensare gli elettori siciliani del PD? Che abbiamo chiesto tutti, compreso il segretario Matteo Renzi, di candidarsi a una persona che era già fuori dal nostro partito? Ma che figura stiamo facendo?”.
Volendoci ragionare su, Piero Grasso entrato nel PD, da candidato al Senato, nel 2013, chiamato dall’allora segretario del partito, Pier Luigi Bersani.
Quando i dirigenti del PD siciliani – con in testa il Fausto Raciti, segretario regionale del partito in Sicilia – hanno chiesto a Grasso di fare il candidato alla presidenza della Regione siciliana per il centrosinistra a ‘trazione’ PD, la rottura tra Renzi da una parte e Bersani e Massimo D’Alema dall’altra parte era già consumata.
Ma ci voleva tanto a capire che Grasso avrebbe seguito Bersani e D’Alema, che erano già in rotta di collisione con Renzi?
Chi ha un po’ di memoria ricorderà l’insistenza con la quale i dirigenti del PD dell’Isola hanno quasi ‘implorato’ Grasso a candidarsi. E come il presidente del Senato – che alla fine non viene dalla politica, ma dalla magistratura – ha dimostrato di essere molto più ‘politico’ dei politici di professione del PD siciliano, motivando il suo diniego per impegni legati al suo ruolo istituzionale.
Chissà cos’avrà pensato Grasso dei dirigenti siciliani del PD, soprattutto del PD renziano, che qualche mese fa gli chiedevano di candidarsi alla guida della Sicilia (ricordiamoci che, un mese prima del referendum sulle riforme costituzionali renziane del dicembre dello scorso anno, quasi tutti gli esponenti più in vista del PD siciliano erano passati con Renzi, forse perché si illudevano che avrebbero vinto i sì: bravissimi questi dirigenti del PD siciliano, no?).
In quel momento, con molta probabilità, Grasso sapeva unni ci durmia ‘u lebru (in pratica, sapeva già che, con Bersani e D’Alema, avrebbe fatto un’altra cosa, a cominciare dalla candidatura alla presidenza della Regione pronta per Claudio Fava) e si deve essere divertito parecchio nel vedere questi personaggi del PD siciliano che offrivano la candidatura a una persona che stava per andare via dallo stesso PD…
Insomma, grandi ‘geni’ nel Partito Democratico della Sicilia. Intelligenze politiche ‘superiori’. E lo dimostra il tenore del dibattuto di queste ore.
C’ una parte del partito che vorrebbe mandare a casa il segretario regionale, il già citato Raciti. Non per il fallimento di cinque anni di Governo della Regione, ma per la secca sconfitta del candidato del centrosinistra alla presidenza della regione, Fabrizio Micari.
Solo che Micari non l’ha voluto Raciti: lo hanno voluto Renzi e il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando.
“Con Micari si vince”, diceva r ribadiva lo scorso agosto Orlando, che di fatto ha esautorato Raciti dalla guida del PD siciliano.
Lo scenario posto elettorale del PD siciliano ricorda un personaggio de I Vicerè di Federico De Roberto, don Blasco, che quando stava bene pensava di dovere morire da un momento all’altro, mentre quando stava per passare a miglior vita si sentiva benissimo…
Raciti, che da segretario regionale del PD ha avallato i disastri del Governo Crocetta – l’acqua rimasta nelle mani dei privati, i rifiuti gestiti dai ‘Signori delle discariche’, due ‘Patti scellerati’ siglati da Crocetta con Renzi che hanno ‘dissanguato’ le finanze regionale e via continuando – ma per queste cose, delle quali è uno dei responsabili politici, è stato ‘assolto’.
Invece dovrebbe pagare per gli errori di Orlando, avallati da Renzi e imposti al PD siciliano…
Intanto nel PD siciliano volano gli stracci. Sul giornale di Sicilia leggiamo la seguente dichiarazione del parlamentare nazionale, Giuseppe Berretta, in Sicilia esponente dell’rea del PD che fa capo ad Andrea Orlando:
“Da parte nostra è unanime il giudizio negativo sulle modalità con cui il PD ha condotto questa campagna elettorale e siamo convinti che nessuno tra i dirigenti regionali del partito possa prendere le distanze da questo risultato: sicuramente sarebbe più utile discuterne, riflettere al nostro interno, capire dove e come abbiamo sbagliato per evitare di ripetere gli errori commessi.
In attesa della direzione regionale del partito, la nostra area si riunirà il 16 dicembre a Roma. Sarà un’occasione per riavviare una discussione seria, nel PD, su temi di fondamentale importanza che riguardano il Mezzogiorno, la lotta alle povertà, la giustizia sociale”.
Berretta, che dell’area Orlando, in Sicilia, dovrebbe essere il coordinatore, viene smentito da Antonio Ferrante, anche lui dell’area Orlando, componente dell’assemblea nazionale del PD:
“Ho appreso con stupore di una presunta adesione dell’area Orlando, espressa da Giuseppe Berretta, alla richiesta di dimissioni del segretario regionale posta in essere dall’area che fa capo a Davide Faraone nel suo maldestro tentativo di scaricare su Fausto Raciti le responsabilità di una sconfitta che, invece, vede l’intera classe dirigente responsabile a partire proprio da chi oggi vorrebbe,ancora una volta, giocare a scaricabarile”.
“Come già dichiarato dell’area Orlando – aggiunge Ferrante – confermo che la linea dell’area, emersa dall’incontro di ieri a Caltanissetta, ha posto l’accento da una parte sulle responsabilità collettive di una classe dirigente che vede in Faraone uno dei protagonisti assoluti della sconfitta, rispetto alla quale sono sicuramente necessari i momenti di confronto interni e, dall’altra, sulla necessità di una riflessione politica in merito ai probabili nuovi ingressi nel gruppo parlamentare del PD degli eletti di Sicilia Futura, fatto che in ogni caso non passerà sottotraccia. Nulla di più può essere attribuito all’area che rappresento in assemblea nazionale PD”.
Quindi la stoccata finale:
“La posizione espressa da Berretta durante il coordinamento, contraria a quella dell’ampia maggioranza dei componenti, è – quindi – da considerarsi espressa a titolo personale e di fatto suggella il difetto di legittimazione dello stesso all’interno dell’area Orlando, fatto sul quale nei prossimi giorni continueremo con maggior impegno la riflessione già aperta nel corso dell’incontro di Caltanissetta”.
Pronto accomodo, domani non andrà in scena la direzione regionale del PD siciliano. Sembra che sia stato Renzi in persona a bloccare tutto. Forse ha capito che il sindaco di Palermo, con la scelta di Micari, non solo ha portato il centrosinistra verso un binario politico morto, ma ha anche aumentato a dismisura la conflittualità all’interno del PD siciliano.
Da qui il suo stop. La direzione regionale del PD siciliano si celebrerà in sua presenza. Volete vedere che Renzi, alla buon’ora, ha capito che per comprendere qualcosa della politica siciliana di deve sbarazzare di Orlando e di Faraone?
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