Sarà il parlamentare a dimostrare quanto ha affermato nel corso della trasmissione televisiva di Massimo Giletti ‘Non è l’Arena’. Quello che possiamo dire noi è che la trasmissione non ha fatto chiarezza sulla nuova vicenda giudiziaria in cui è coinvolto lo stesso De Luca. E ha dato della Formazione professionale siciliana un’immagine che non risponde al vero, perché il settore, negli ultimi cinque anni, è stato smantellato. Altro che 500 milioni di euro di spesa all’anno!
Tornato all’Assemblea regionale siciliana dopo un’assenza di cinque anni – è stato appena rieletto nell’UDC – Cateno De Luca ha confermato la fama che l’ha sempre accompagnato: e cioè la fama di un politico senza peli sulla lingua, anche se, spesso, un po’ sopra il rigo. Ospite della trasmissione Non è l’Arena, la nuova trasmissione televisiva di Massimo Giletti (che ha lasciato la RAI per approdare a La 7), Cateno De Luca si è letteralmente scatenato (non a caso, a Sala d’Ercole, viene chiamato “Scateno De Luca), attaccando frontalmente alcuni magistrati.
Ricordiamo che, sei anni fa – per la precisione, giugno 2011 – De Luca venne coinvolto in una vicenda giudiziaria legata al piccolo Comune di Fiumedinisi, in provincia di Messina del quale era sindaco. Vicenda che si è conclusa con la sua assoluzione (COME POTETE LEGGERE QUI).
Vicenda giudiziaria, quella del Comune di Fiumedinisi, che non l’ha certo aiutato, se è vero che, alle elezioni regionali del 2012, non è stato rieletto.
L’assoluzione è di qualche settimana fa. Subito dopo la lettura della sentenza ha dichiarato quanto segue (dichiarazione riportata dall’ANSA):
“In questo tribunale ci sono giudici onesti e altri meno. Ho sempre denunciato il verminaio e continuerò a farlo. Ora vado alla Regione anche contro Salvini che su di me ha dato dei giudizi falsi”.
In questa dichiarazione c’è un anticipo di quello che poi ha detto nella trasmissione di Giletti.
Cateno De Luca E’ stato rieletto quest’anno, come già ricordato nelle file dell’UDC. Era in corso per entrare nel nuovo Governo della Regione. Ma è stato arrestato.
Un arresto che, con molta probabilità, al là di come finirà la sua seconda vicenda giudiziaria, non gli consentirà di entrare a far parte del Governo regionale.
Non deve essere molto d’accordo, De Luca, con chi l’ha coinvolto in questa nuova vicenda giudiziaria. Cosa che non deve essere sfuggita a Giletti, che l’ha invitato nella sua trasmissione sapendo che il parlamentare regionale di Messina gli avrebbe regalato tanti telespettatori: e così è stato.
In trasmissione ‘Scateno’ è giunto caricato al punto giusto, iniziando a tirare fendenti:
“A Messina ci sono magistrati e pubblici ministeri che hanno i figli assunti nella formazione professionale, dove si entra per raccomandazione, per contiguità politica. Si bruciano così 500 milioni di euro l’anno”.
Sulla prima parte della dichiarazione non ci pronunciamo: sarà De Luca a dimostrare ciò che ha detto. La parte finale della dichiarazione forse andava bene cinque anni fa, quando ‘Scateno’ era ancora deputato dell’Assemblea regionale siciliana. Oggi non è più così.
Negli ultimi cinque anni, infatti, come abbiamo documentato in un articolo che questo sito ha pubblicato lo scorso 20 ottobre (E CHE POTETE RILEGGERE O LEGGERE QUI), la Formazione professionale siciliana è stata smantellata. Dal 2012 ad oggi Regione ha finanziato solo la ‘coda’ dell’Avviso 20 del 2011 e qualche corso dell’OIF (Obbligo formativo).
Forse Cateno De Luca, per completezza d’informazione, avrebbe dovuto dire che, fino a cinque anni fa, si bruciavano 500 milioni di euro all’anno.
Mentre oggi la Formazione professionale è nota alle cronache per avere ‘prodotto’ circa 8 mila lavoratori licenziati.
Solo che, durante la trasmissione, non solo si è capito poco della nuova vicenda giudiziaria in cui è coinvolto De Luca, ma non è stato descritto l’attuale scenario della Formazione professionale siciliana, settore – lo ribadiamo ancora una volta – praticamente raso al suolo dal passato Governo regionale di centrosinistra guidato da Rosario Crocetta.
Riferendosi sempre al passato, Cateno De Luca ha aggiunto:
“Uno dei figli del Procuratore Generale del Tribunale di Messina è tra questi e quando io l’ho beccato, tra le varie indagini che abbiamo fatto, che stava tentando di sistemarlo nel CIAPI, un ente regionale, il Procuratore me l’ha fatta pagare con due denunce”.
Ovviamente, Giletti sapeva benissimo che, con Cateno De Luca, la trasmissione sarebbe andata su di giri. E così è stato. Anche se lo stesso Giletti, a un certo punto, ha messo le mani avanti e, rivolgendosi a De Luca, ha detto:
“Si assume la responsabilità di quello che sta dicendo”.
Parole che non hanno fermato il parlamentare regionale dell’UDC rieletto nel collegio di Messina, che ha replicato così:
“Ho già denunciato tutto due volte, sto procedendo con la terza, certo che me le assumo”. Per poi aggiungere:
“A Messina, nel momento in cui emergi, o ti affili o ti fanno fuori”. In questo caso il riferimento dovrebbe essere alla Massoneria, che a Messina e dintorni è, da sempre, molto ‘gettonata’.
In collegamento, durante la trasmissione, c’era Antonio Di Pietro, ex Ministro della Repubblica e, soprattutto, ex magistrato. Di Pietro, ovviamente, si è dissociato dagli attacchi di De Luca ad alcuni magistrati.
Sulla vicenda interviene l’Associazione Nazionale dei Magistrati che, in una nota, difende la magistratura:
“Esprimiamo solidarietà e vicinanza a tutti i magistrati del distretto di Corte d’Appello di Messina di recente destinatari di attacchi violenti volti a mettere in discussione l’onestà di tutta la categoria tacciata come corrotta. In particolare, è inaccettabile che un neoeletto rappresentante delle istituzioni siciliane, in costanza di detenzione domiciliare, ponga in essere, sia a mezzo social network, sia all’interno di un Tribunale al termine di un processo a suo carico, condotte fortemente delegittimanti nei confronti della magistratura messinese definita ‘verminaio’ e massonica”.
Segue la richiesta che la Giunta esecutiva centrale dell’Associazione Nazionale Magistrati intervenga a tutela della magistratura messinese.
Il tema è delicato, perché un intervento della magistratura di Messina “potrebbe prestare il fianco a strumentalizzazioni e soprattutto potrebbe pregiudicare l’immagine di terzietà di coloro che sono e potrebbero essere chiamati a pronunziarsi sulla condotta contestata al deputato”.