Impietoso il quadro tracciato dall’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, nell’ambito della decima edizione delle “Giornate dell’economia del Mezzogiorno”, organizzata dalla Fondazione Curella
“Il Sud consolida la ripresa, ma permane l’emergenza sociale e tornerà ai livelli precrisi nel 2025; una risalita addirittura più impervia per la Sicilia che, continuando a crescere cosi’ lentamente, uscira’ dal tunnel imboccato nel 2007 ancora più in la’ nel tempo” . E’ quanto emerso a Palermo, nella sede dell’Ance provinciale, nel corso del seminario promosso dalla Svimez-Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, nell’ambito della decima edizione delle “Giornate dell’economia del Mezzogiorno”, organizzata dalla Fondazione Curella.
La recessione e’ alle spalle, ma “l’aumento del Pil e dell’occupazione non risolve l’emergenza sociale”, perché, osserva il direttore della Svimez, Riccardo Padovani, “la nuova crescita per vari motivi non si sta riflettendo che in parte nei consumi, e parimenti non riesce a incidere sul livello complessivo dei redditi e della poverta’. La ripresa non consente di affrontare l’emergenza sociale. Serve quindi il rilancio di una politica che innesti una prospettiva di sviluppo piu’ forte, uno scatto politico, una strategia di sviluppo su piu’ livelli. Europeo, perche’ il problema non e’ solo italiano, ma bisogna uscire dall’austerita’ e dal fiscal compact e rilanciare una politica di coesione, al momento parziale; c’e’ poi un problema grosso di rilancio degli investimenti pubblici. La ripresa non verra’ da un aggancio automatico alla congiuntura favorevole”. Nel Rapporto Svimez presentato un paio di settimane fa, a Roma, e’ stato posto l’accento anche sul depauperamento del capitale umano del Mezzogiorno: negli ultimi 15 anni, il Sud ha perso circa 200 mila laureati, per un saldo economico netto – calcolando la cifra per il costo medio a sostenere un percorso di istruzione terziaria – che ammonterebbe a circa 30 miliardi di euro.
Nello stesso periodo in Sicilia, con un saldo migratorio di circa 40 mila laureati, le perdita di valore per la regione sarebbe invece di circa 6 miliardi di euro. “Si tratta di quasi 2 punti di Pil nazionale, ed e’ una stima al ribasso che non considera molti altri elementi – sottolinea Padovani -. La spesa pubblica relativa a servizi connessi per esempio, o le rimesse alla rovescia delle famiglie meridionali che spesso sostengono il costo della vita dei figli emigrati al Centro-nord, e cosi’ via”.
Restando alla Sicilia, l’Isola ha perso 13 punti di Pil rispetto al 2008 e ha una disoccupazione molto forte: nel 2016 si e’ registrata una perdita di 127 mila unita’ lavorative. “Nel 2015 – spiega Padovani – si erano registrati segnali positivi, ma l’abbassamento della tendenza nel 2016, a causa di un’agricoltura in flessione, attesta una certa fragilita’ ed e’ impensabile che la Sicilia ce la possa fare soltanto con agricoltura e turismo. Il problema e’ far riprendere l’industria e soprattutto l’industria delle costruzioni, con una ripresa degli investimenti pubblici”.
Sul tema delle costruzioni e’ intervenuto Massimiliano Miconi, vicepresidente dell’Ance Palermo, che ha ricordato come si abbia a che fare con “un sistema ingolfato, una macchina burocratica assolutamente inadeguata e insufficiente. E’ fondamentale iniziare una nuova fase di concertazione tra l’Amministrazione pubblica e il mondo delle imprese per tentare di trovare delle soluzioni, solo cosi’ si riaccenderebbe una minima speranza. Il mercato al momento – conclude – e’ totalmente defunto”. (ITALPRESS)