Grande festa a Barcellona e dintorni per il via libera al processo costituente della Repubblica. La reazione di Madrid, però, si annuncia durissima. Dall’Ue una esortazione al governo spagnolo affinché non ricorra ad azioni di forza
Alle 15.27 del 27 Ottobre il Parlamento di Barcellona ha approvato la risoluzione che dichiara l’indipendenza dalla Spagna e la nascita della Repubblica Catalana: 70 i voti favorevoli – la coalizione Junts pel Sí i la CUP – 10 i contrari e due schede bianche, mentre popolari, socialisti e Ciudadanos hanno abbandonato l’aula prima del voto. Più precisamente è stato approvato il processo costituente della Repubblica e l’entrata in vigore della “legge di transizione giuridica e di fondazione della Repubblica”.
Questa la risposta della Catalogna alla minaccia di attivazione, da parte del governo spagnolo, dell’articolo 155 della Costituzione che, di fatto, commissaria la regione. Cosa che era stata annunciata, che era prevista per oggi che è avvenuta subito dopo il voto di Barcellona. Una decisione che per Barcellona equivale ad un vero e proprio colpo di Stato, dinnanzi al quale, evidentemente, ha voluto reagire.
Il Parlamento catalano, subito dopo il voto, è esploso in un boato di gioia. Grande festa anche per le strade delle città catalane dove si canta l’inno Els Segadors e si sventolano le bandiere stellate, anche se la reazione di Madrid si preannuncia dura: “Chiedo tranquillità a tutti gli spagnoli. Lo Stato di diritto restaurerà la legalità in Catalogna” dice su Twitter il premier spagnolo, Mariano Rajoy, che ha convocato un Consiglio dei ministri straordinario.
Ed, infatti, il il presidente catalano Carles Puigdmeont invita il popolo della Catalogna a difendere il paese “nelle ore che vengono restando sul terreno della pace, del civismo e della dignità. Come è sempre stato e continuerà”.
Cosa succederà ora? La Procura generale spagnola ha già deciso che procederà penalmente contro il presidente catalano, Carles Puigdemont, i consiglieri della Generalitat di Catalogna e i capigruppo del Parlament catalano.
Insomma, si risponde penalmente al grido di libertà di un popolo che fino alla fine ha invocato il dialogo e per risposta ha solo ottenute minacce.
Oggi a Barcellona è stata scritta una nuova pagina di storia che nemmeno le manette del governo centrale di Madrid potranno cancellare.
Fiato sospeso nel resto d’ Europa dove anche le cancellerie più vicine alla Catalogna scelgono il silenzio (almeno per ora). Fa eccezione la Corsica che, per bocca del presidente dell’Assemblea corsa, Jean-Guy Talamoni, ha già salutato ufficialmente la nascita della nuova Repubblica Catalana. Lo stesso hanno fatto alcuni deputati dalla Slovenia e dalla Finlandia. Si tratta di Paesi che avevano già detto chiaramente che la questione catalana è, innanzitutto, una questione di democrazia.
Solidarietà alla Catalogna è arrivata anche dall’irlandese Gerry Addams, leader del Sinn Féin e da alcuni politici dei Paesi Baschi che chiederanno al loro governo una presa di posizione ufficiale.
L’Ue, dal canto suo, anche se ufficialmente non ha il potere di intervenire direttamente, molto potrà fare per evitare violenze. Sotto questo punto di vista è già arrivato un segnale: il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, pur ribadendo che la Spagna resta l’interlocutore, auspica che Madrid usi “la forza degli argomenti e non l’argomento della forza”.
Una esortazione simile arriva dal primo ministro belga, Charles Michel: “Una crisi politica si risolve solo con il dialogo”.
La decisione del Parlamento catalano non trova, questa volta, l’appoggio di Podemos che per bocca del leader Pablo Iglesias dice di essere contrario alla repressione e di sperare ancora in un referendum concordato, “ma la dichiarazione di indipendenza favorisce solo la strategia del Partito popolare”.
E’ chiaro che lo scontro, a questo punto, è inevitabile. La Spagna, infatti, come ha già fatto, continuerà a parlare di una decisione illegale dando prova del fatto che non sempre legalità e democrazia coincidono. Diceva Piero Calamandrei:
“La libertà è condizione ineliminabile della legalità; dove non vi è libertà non può esservi legalità”.
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