Nelle scarpe di Rosario da Gela, da tempo, c’erano due ‘sassoloni’: Leoluca Orlando ed Enzo Bianco, compagni di partito di Crocetta (il partito è il PD), ma quasi mai in sintonia con il presidente della Regione. Così il governatore dell’Isola si è tolto le scarpe per ‘scotolarle’: dopo di che ha nominato i commissari delle Città metropolitane di Palermo, Catania e Messina
L’ha meditato, l’ha detto e l’ha fatto: il presidente della Regione, Rosario Crocetta, applicando – correttamente – l’ultima legge regionale sulle Province, ha commissariato le tre Città metropolitane della Sicilia: Palermo, Catania e Messina. Una ‘botta’ in testa a testa – e scusate il gioco di parole, per il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, e per il sindaco di Catania, Enzo Bianco, ai quali il governatore ha sfilato le poltrone di sindaci metropolitani. Nel mazzo è finito anche il sindaco di Messina, Renato Accorinti: e non poteva che essere così, visto che le Città metropolitane dell’Isola, come già ricordato, sono tre.
Al posto dei tre sindaci di Palermo, Catania e Messina – che non la precedente legge erano diventati, senza passare dalle urne, sindaci metropolitani (ognuno dei tre era sindaco della propria città e sindaco metropolitano) – arrivano tre commissari.
Nella Città metropolitana di Palermo arriva Girolamo Di Fazio, ex questore di Agrigento e, di recente, commissario al Comune di Termini Imerese.
A Messina il presidente della Regione ha piazzato Francesco Calanna, ex deputato regionale e per tutta la legislatura al vertice dell’Ente sviluppo agricolo (Esa). Per Calanna, stando a quanto scrive Letteraemme potrebbe scattare l’incompatibilità, visto che un mese addietro è stato nominato commissario dell’IACP, Istituto autonomo case popolari (QUI L’ARTICOLO).
Per il ruolo di commissario della Città metropolitana di Catania il presidente della Regione ha nominato uno dei massimi esperti presenti in Sicilia in materia di raccolta differenziata dei rifiuti: si tratta dell’ingegnere Salvatore Cocina, già al vertice della Protezione civile regionale.
In pratica, se non abbiamo capito male, di questi tre commissari appena nominati uno solo è giurista: nulla da eccepire in una Regione dove i filosofi diventato Segretario generali della Presidenza della Regione…
Ma, sottigliezze a parte, in queste nomine ‘pilotate da Crocetta agli sgoccioli di una legislatura devastante si coglie – come non sottolinearlo? – una mezza vendetta politica del presidente della Regione contro Orlando e Bianco: soprattutto contro il primo.
Il sindaco di Palermo e Crocetta non sono mai andati d’accordo. E siccome ogni tanto il diavolo ci mette la coda, Leoluca Orlando, che ha clamorosamente ‘toppato’ con la sua ‘lista dei territori’ che avrebbe dovuto presentare alle elezioni regionali a sostegno del candidato del centrosinistra alla presidenza della Regione, Fabrizio Micari (di fatto, è riuscito a trovare i candidati solo nel collegio di Palermo), ha chiesto e ottenuto da Renzi la ‘resa incondizionata’ di Crocetta…
Quest’ultimo – è noto – dopo aver ritirato la propria ricandidatura alla guida della Sicilia – era in corsa con la lista del Megafono. Orlando gli ha fatto smontare la lista e, con l’intervento di Renzi, si è preso i candidati di Crocetta.
Con solo. Crocetta avrebbe dovuto essere candidato a Catania nella lista che il sindaco di Palermo ha fatto con i suoi candidati. Ma Micari e i dirigenti del PD di Catania non l’hanno voluto. Così Crocetta è stato dirottato nel collegio di Messina dove, con l’addio di Francantonio Genovese al PD, il centrosinistra è ormai debole. A questo punto…
A questo punto, ufficialmente, il delegato della lista di Crocetta non ha presentato tutti i documenti. E la lista per Micari capeggiata dal presidente della regione è rimasta fuori. I maligni sussurrano che Crocetta avrebbe ‘bagnato il pane’ nella mancata presentazione della lista: tesi tutt’altro che campata in aria, perché, nel collegio di Messina, Rosario da Gela, tra cinque anni di pessimo Governo e il centrodestra in vertiginosa crescita, non avrebbe fatto una bella figura…
Dopo la baraonda sull’esclusione della sua lista dal collegio di Messina, Crocetta è passato ad occuparsi delle tre Città metropolitane. Qui è opportuna una digressione.
Tra polemiche roventi il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone – renziano ossequioso – ha costretto il Parlamento dell’Isola, con le indebite pressioni del Governo nazionale sui deputati di centrosinistra, ad applicare anche in Sicilia la pessima riforma delle Province voluta dal Ministro Graziano Delrio.
in base a questa legge, i sindaci delle città le cui Province sono state trasformate in Città metropolitane, diventano, automaticamente, senza passaggio elettorale, anche sindaci metropolitani.
Eì per questo che Orlando, Bianco e Accorinti erano diventati sindaci metropolitani, rispettivamente di Palermo, Catania e Messina.
Lo scorso agosto, però, il Parlamento siciliano, complice un ‘pezzo’ del centrosinistra, ha abrogato la legge voluta da Ardizzone e ne ha approvata un’altra che prevede il ripristino della democrazia: e cioè elezione diretta dei presidenti delle Città metropolitane.
A questo punto Crocetta ha tutti i titoli per commissariare le tre Città metropolitane, perché i sindaci metropolitani debbono essere eletti dal popolo. E infatti ha commissariato le tre Città metropolitane della Sicilia.
Il Governo nazionale ha provato a salvare le poltrone a Orlando e Bianco, impugnando la legge regionale. Ma l’impugnativa – che peraltro è politica e non giuridica, perché in Sicilia la competenza sull’organizzazione degli enti locali è della Regione e non dello Stato – non significa nulla: alla fine è solo un ricorso del Governo nazionale alla Corte Costituzionale nel quale Roma dice ai Giudici delle leggi:
“A nostro avviso la recente legge sulle Città metropolitane della Sicilia è incostituzionale”.
La Regione siciliana si sta difendendo davanti la Consulta, alla quale spetta l’ultima parola.
In attesa del pronunciamento della Corte Costituzionale, Orlando e Bianco – sbagliano – pensavano di restare in carica. Non è così perché una legge regionale impugnata, se il presidente della regione se ne assume la responsabilità, rimane in vigore: e quindi i sindaco di Palermo e Catania – ribadiamo: correttamente – sono stati mandati a casa e ‘leccarsi le ferite’.
In questa storia, come già ricordato, è andato di mezzo anche il sindaco di Messina, Accorini: ma la ‘botta’ non è rivolta a lui.
Foto tratta da Catania.blogsicilia.it
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