La presentazione delle liste – oggi la scadenza – è la cartina al tornasole di due schieramenti politici, il centrodestra e il centrosinistra, che sembrano alla frutta. Nel centrodestra vanno in scena liti furibonde per poltrone che ancora non si sono, con il vice presidente designato (Armao) che attacca il presidente designato (Musumeci). Nel centrosinistra lavorano per limitare le perdite: la riduzione delle liste da sette a quattro e il ‘sacrificio’ del Megafono di Crocetta annunciano solo una sconfitta
Elezioni regionali siciliane: che spettacolo stanno dando in queste frenetiche ore di chiusura delle liste centrodestra e centrosinistra? Liti feroci per entrare nel listino, candidati che passano da uno schieramento all’altro (leggere passaggi dal centrosinistra al centrodestra), baraonda sulle liste provinciali, manifesti che compaiono e scompaiono (in questo il presidente della Regione uscente Rosario Crocetta batte tutti: prima ha fatto comparire i suoi manifesti di ricandidato, adesso – dovrebbe essere così a meno di colpi di scena – dalla competizione elettorale dovrebbe sparire addirittura il simbolo del Megafono!).
Scene tragicomiche dalle parti del listino di Nello Musumeci. Siccome in questo schieramento elettorale sono convinti di vincere, l’avvocato Gaetano Armao pensava di essere già deputato regionale per grazia ricevuta. In quanto segnalato da Berlusconi, dava per scontato che sarebbe stato matematicamente incluso nel listino. Ma, alla fine, gli hanno detto marameo…
Del listino del centrodestra – candidato alla presidenza della Regione Nello Musumeci – fanno parte i seguenti magnifici sei: Gianfranco Miccichè (che, a quanto pare, è stato inserito da Musumeci senza il permesso dello stesso Miccichè e di Berlusconi…), la parlamentare uscente Bernadette Grasso, il parlamentare uscente Roberto Di Mauro (Popolari e autonomisti), Giusy Savarino (di Diventerà bellissima, il movimento di Musumeci), Mimmo Turano (dell’UDC versione centrodestra Cesa) e Elvira Amata (di Fratelli d’Italia).
Chi è che non ha voluto l’avvocato Armao nel listino? Ufficialmente il candidato presidente Musumeci. Così lascia credere anche il coordinatore-commissario di Forza Italia in Sicilia, Gianfranco Miccichè.
Dunque i siciliani si dovrebbero ‘ammuccare’ che Musumeci ha ‘chiuso’ il listino da solo, senza sentire Miccichè e, soprattutto, ignorando Berlusconi…
Ma guarda un po’ cosa ti combina Musumeci: ‘chiude’ il listino tutto da solo e si dimentica di ‘intruppare l’avvocato Armao’. Possibile? E quest’ultimo che fa dopo l’offesa? Insomma, l’avvocato ‘indipendentista’ che ha fondato anche il movimento de ‘I siciliani indignati’ che farà?
Pronto accomodo, spara a zero contro i “saltafosso”: sono quelli passati dal centrosinistra al centrodestra. Se andiamo a vedere chi sono i ‘fortunati’ del listino del centrodestra, beh, i saltafosso dovrebbero essere due, anzi uno e mezzo: un saltafosso dovrebbe essere Mimmo Turano, che nella passata legislatura era nell’UDC di centrosinistra, marchio Giampiero D’Alia & Giovanni Ardizzone, e che adesso si trova nell’UDC di centrodestra, marchio Cesa.
Volendo essere precisi, Turano non si è mosso: è rimasto nell’UDC, partito che è passato dal controllo di D’Alia e a Ardizzone al controllo di Lorenzo Cesa. E’ il simbolo dell’UDC che ha cambiato posizione, Turano – che è sempre stato in sofferenza nel centrosinistra, da ex democristiano, si è comportato da democristiano: è rimasto nell’UDC, assecondando gli eventi.
Più complesso il discorso per Roberto Di Mauro, che nella legislatura che è ormai alle ultime battute ha seguito la formula del benzene, molecola particolare, nella quale gli atomi vanno un po’ di qua e un po’ di là: e così ha fatto Roberto Di Mauro per i passati cinque anni: un po’ di qua con il Governo Crocetta, un po’ di là all’opposizione…
Anche per lui, però, un finale simile a quello di Turano: è stato il suo leader, Raffaele Lombardo, ‘indimenticabile’ ex presidente della Regione (chi è che può dimenticare i danni che ha prodotto il suo Governo?), a spostarsi verso il centrodestra: quindi anche lui è stato ‘trasportato’ dagli eventi…
Ma, spostamenti a parte, la domanda è una: che credibilità politica può avere una coalizione – parliamo ovviamente del centrodestra – se il candidato alla vice presidenza della Regione e all’assessorato al Bilancio, il citato avvocato Armao, attacca frontalmente il candidato alla presidenza della Regione della sua stessa coalizione, cioè Musumeci?
Che immagine danno, ai Siciliani, questi personaggi che litigano per le poltrone ancora da conquistare?
Intanto i vari Miccichè (anche da lui critiche serrate a Musumeci) e Armao pensano già di aver vinto le elezioni: cosa che è ancora tutta da vedere. Se poi andiamo a passare a setaccio la storia politica di questi due personaggi, ebbene, ci accorgiamo che anche loro sono dei saltafosso: Miccichè è quello che ha governato la Regione con Lombardo e con il PD di Antonello Cracolici e Giuseppe Lumia, cioè con il centrosinistra.
Idem per Gaetano Armao, che è stato per quattro anni l’assessore di riferimento del già citato Governo di centrosinistra di Raffaele Lombardo.
Chi ha governato con il centrosinistra con quale credibilità politica attacca chi è passato dal centrosinistra al centrodestra? Ma soprattutto: che credibilità ha la coalizione di centrodestra della Sicilia alla luce di queste polemiche?
Parlano anche i sondaggi che, rispetto a quale settimana fa, danno oggi Musumeci leggermente in vantaggio su Giancarlo Cancelleri, del Movimento 5 Stelle. Che sta succedendo? Semplice: non considerando, in questo momento, il possibile voto dei giovani (ne accenneremo alla fine del nostro ragionamento), gli elettori di centrodestra della Sicilia sono un po’ perplessi. Anzi, forse molto perplessi.
Fino a qualche settimana fa il centrodestra era riuscito a dare di sé una parvenza di unità. Ma al primo ostacolo – il listino – l’unità del centrodestra siciliana è andata a farsi benedire! E infatti i sondaggi danno in aumento l’astensionismo: con molta probabilità, alla luce di queste risse furibonde, gli elettori moderati della Sicilia, che cinque anni fa hanno in parte disertato le urne, diserteranno ancora una volta le urne.
Ed è anche logico: hanno capito che Musumeci, anche se dovesse vincere, si ritroverà subito ‘accerchiato’ da ‘capi’ e ‘capetti’ del centrodestra che – peraltro ‘affamati’, visto che non sono al potere dal 2008 – gli renderanno la vita impossibile, creando solo ingovernabilità.
Non va meglio nel centrosinistra. Dove è sempre più palese il flop di Leoluca Orlando e della sua ‘lista dei territori’. Attenzione: il flop di Orlando non è solo il flop del sindaco di Palermo: è anche – e forse soprattutto – il flop di Matteo Renzi.
E’ il segretario nazionale del PD che ha affidato ad Orlando la ‘regia’ della campagna elettorale del centrosinistra. Sono stati Renzi e Leoluca Orlando ad imporre la candidatura del rettore dell’università di Palermo, Fabrizio Micari. Una candidatura, quella di Micari, preparata con cura da Renzi e da Orlando nei giorni del referendum sulle riforma costituzionali perso in malo modo dallo stesso Renzi.
Nelle settimane precedenti il 4 dicembre scorso Renzi, Orlando e Micari sono più volte apparsi insieme a Palermo. E’ allora che è maturata la candidatura di Micari.
Di fatto, in questa campagna elettorale, tutto lo ‘stato maggiore’ del PD siciliano è stato esautorato. Ha deciso tutto Leoluca Orlando per conto di Renzi.
Orlando ha sempre fatto credere di avere alle spalle una lista – la già citata ‘lista dei territori’ – preparata con cura e presente in tutta la Sicilia.
La spia che qualcosa non funzionava è venuta fuori quando, all’Assemblea regionale siciliana, Orlando ha preso parte alla manfrina messa su da alcune sigle del centrosinistra per evitare la raccolta delle firme, imposizione che viene ‘comminata’ alle formazioni politiche che si presentano per la prima volta alle elezioni.
Il dubbio, su Orlando e la sua ‘lista dei territori’, da parte degli alleati di centrosinistra, avrebbe dovuto scattare in quel momento, Invece tutto è passato in cavalleria. Anche le opposizioni, lungi dallo scorgere una debolezza di Orlando, hanno preferito definire il giochetto per evitare la raccolta delle firme una mezza furbata.
Qualche giorno fa, quando è arrivato il momento di presentare le liste, si è scoperto che la ‘lista dei territori’ di Orlando era ‘vuota’.
Con molta probabilità, il sindaco di Palermo, che è anche presidente dell’ANCI Sicilia (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani), ha fatto il giro dei Comuni. E poiché Orlando, che gli piaccia o no, è ormai il vecchio della politica siciliana, ha cercato ‘sponde’ tra i vari capi elettori di ogni Comuni. Ma deve averli trovati tutti impegnati.
Questo ci dice due cose.
Prima cosa: Orlando non è in grado, nei ‘territori’, di attrarre nuovo elettorato (per esempio, i giovani).
Seconda cosa: Orlando, andando in giro per la Sicilia, ha cercato personale della vecchia politica: ma ha trovato tutte le porte chiuse, forse perché nessuno vuole più votare per il centrosinistra dopo i disastri del Governo Crocetta.
Morale: qualche giorno fa Orlando ha dovuto scoprire le carte rendendo noto alla coalizione di centrosinistra che lui e Renzi hanno candidati solo nel collegio di Palermo, mentre nelle altre otto province dell’Isola non hanno nulla.
Il processo è logico: Orlando e Renzi non hanno il personale in tutta la Sicilia per raccogliere le firme a sostegno della ‘lista dei territori; se in ogni provincia della Sicilia non c’è il personale per raccogliere le firme, ebbene, ciò significa che mancano anche i candidati: perché sono i candidati che raccolgono le firme. Senza candidati non si possono comporre le liste. Punto.
Da qui le pressioni sulla lista del Megafono di Rosario Crocetta: da qui l’ordine a Crocetta – impartito da Renzi e non da Orlando – di fare sparire la lista del Megafono e di far confluire i candidati del presidente della Regione uscente in un’unica lista che vedrà insieme i pochi candidati di Orlando, i candidati di Micari e, soprattutto, i già citati candidati di Crocetta.
In questa storia chi, scoprendo le carte, si è mostrato fragile, non è solo Orlando, ma tutto il centrosinistra siciliano, PD in testa.
Ricordiamo che non due mesi fa, ma qualche giorno fa lo stesso Orlando, in conferenza stampa, presentava la settima lista in sostegno di Fabrizio Micari.
Ciò significa che, fino a qualche giorno fa, il centrosinistra pensava di poter superare il 35% dei voti. Se si presentano sette liste e lo sbarramento è del 5%, è chiaro che ogni lista deve superare il 5%. E poiché 5 per 7 fa ancora 35 (l’aritmetica vale anche per il centrosinistra), uno schieramento che presenta sette liste deve superare il 35%.
Noi abbiamo manifestato perplessità. I fatti ci stanno dando ragione. Da quello che si capisce, il centrosinistra presenterà cinque, forse quattro liste.
Il numero delle liste, per uno schieramento come il centrosinistra, è un segnale politico preciso: quattro liste significa che il centrosinistra punta a superare il 20%. Insomma, non è un segnale di vittoria…
Peraltro, in politica – e quindi anche nel momento elettorale – la somma di due o più debolezze non dà quasi mai luogo ad una forza.
Cosa vogliamo dire? Che la riunificazione forzosa, imposta d’autorità, di più liste potrebbe non sortire gli effetti positivi che i vertici del centrosinistra siciliano immaginano. Potrebbe essere vero, invece, l’esatto contrario: queste forzature potrebbero spingere l’elettorato di centrosinistra verso liste alternative: non solo verso la ‘Lista dei Cento passi’ di Claudio Fava, ma anche verso altre liste.
Concludendo la nostra disanima, è chiaro a tutti i nostri lettori che centrodestra e centrosinistra rappresentano, in Sicilia, il vecchio, anzi lo stravecchio della politica siciliana. Ma in questo caso l’aggettivo ‘stravecchio’ non sta per un buon liquore invecchiato ma, al contrario, per un vino che ha già preso la ‘via dell’aceto’ (fermentazione acetica, per dirla con gli enologi).
La salvezza di questi due schieramenti politici è legata all’astensionismo: più alto sarà il numero di Siciliani che non andranno a votare, maggiori saranno le possibilità per il centrodestra di vincere e per il centrosinistra di resistere.
Ma, come abbiamo provato ad illustrare, i due schieramenti sono in grande affanno.
Il centrodestra siciliano non è unito, ma si è diviso al primo alito di vento: un vice presidente della Regione designato che attacca il presidente della Regione designato (entrambi dello stesso schieramento politico!) è la testimonianza palmare che un eventuale Governo regionale di centrodestra darà luogo a risse e ingovernabilità.
Il centrosinistra siciliano, oltre a spaccature e inimicizie costrette a convivere (è semplicemente incredibile che Leoluca Orlando, che fino a poche settimana fa predicava “discontinuità” verso Crocetta, si ritrovi nella stessa lista di Crocetta?; per non parlare delle accuse – pesanti – che i due si sono scambiati in quest anni, per esempio sui rifiuti), sconta cinque anni di disastroso governo della Sicilia.
L’idea che ai Siciliani sarebbe stata tenuta nascosta la verità sui conti della Regione – e soprattutto sui soldi che il Governo nazionale ha rubato alla Sicilia – è naufragata. L’informazione, ormai, non passa più da TV e carta stampata: passa anche – forse soprattutto – dalla rete. E sulla rete il Governo Crocetta, su questo versante, è stato massacrato.
Non solo. Nonostante il goffo tentativo di presentare il ‘commissario’ di Renzi in Sicilia – l’assessore Alessandro Baccei – come colui il quale ha ‘risanato’ il Bilancio della Regione, tanti siciliani conoscono la verità: e la verità è che Baccei è stato l’assessore all’Economia del Governo Renzi, non certo della Sicilia!
Che dire, infine? Che se i 750 mila giovani della Sicilia, o una buona parte di questi, andranno a votare, potremmo assistere a un mezzo terremoto. Il voto dei giovani potrebbe ridurre il consenso del centrodestra, condannando questo schieramento politico a una sconfitta; e potrebbe sotterrare il vecchio centrosinistra, anche polverizzando la presenza di questa formazione politica nel nuovo Parlamento siciliano.
Mai come in questo momento il voto dei giovani siciliani potrebbe essere così significativo.
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