Manca ormai pochissimo al 1 Ottobre, giorno del referendum per l’indipendenza della Catalogna. Da Barcellona nessun segnale di cedimento alle minacce di Madrid. L’esponente di ERC conferma: “Voteremo, la nostra forza è l’ampio consenso della società civile”. Intanto, la comunità internazionale lavora dietro le quinte. E anche la BCE starebbe facendo pressioni per un negoziato pacifico….
Il referendum per l’indipendenza della Catalogna sarà celebrato il primo Ottobre, così come previsto. Non arriva alcun segno di cedimento da Barcellona, né tanto meno da Terragona o dalle altre città catalane. Le minacce di Madrid -che ha già dato prova del suo dispotismo facendo arrestare funzionari del governo catalano, inviando a Barcellona truppe di poliziotti della Guardia Civil e facendo sequestrare milioni di schede elettorali- stanno ottenendo l’effetto contrario: l’orgoglio catalano è più vivo che mai. E si manifesta ogni giorno nelle strade e nelle piazze di tutta la Catalogna con manifestazioni pacifiche che invocano democrazia e rivendicano il diritto a decidere. Facendo attenzione alle trappole: il Governo catalano ha esortato i suoi cittadini a non cedere ad alcuna provocazione “perché Madrid cerca lo scontro”. Per delegittimare, va da sé, la protesta catalana.
Ma in pratica, come faranno i catalani a votare domenica prossima con la Guardia Civil (la polizia che risponde a Madrid a differenza dei Mosos d’Esquadra che dipendono da Barcellona) che dopo avere sequestrato le schede, presidia tutti gli ipotetici seggi elettorali e assicura che chiunque andrà a votare finirà nella black list (“sarà identificato e perseguito”)?
Questo è un mistero che durerà fino a domenica. Per ovvie ragioni. C’è chi dice che, nonostante il sequestro, in qualche luogo amico ci sarebbero milioni di schede ben custodite. C’è chi dice, invece, che il tutto si risolverà con una votazione sul web. Nessuno dubita del fatto che ci sia un piano. La repressione di Madrid non è stata una sorpresa e Barcellona avrà adottato le contromisure.
Quello che è certo è che “tutto si svolgerà pacificamente”. Lo dice ai Nuovi Vespri Jaume Forés LLasat, psicologo social ed esponente di Esquerra Republicana di Catalunya, partito indipendentista catalano di ispirazione social democratica (in questa intervista ci aveva parlato di come e perché l’indipendentismo catalano è così radicato). Che aggiunge:
“Domenica inonderemo le strade e le piazza della Catalogna nel nome della democrazia e della libertà. Sarà una manifestazione imponente, mai vista prima. Il Governo e la società civile chiederanno pacificamente di tenere aperti i seggi. Tutta la società si sta mobilitando in difesa dei seggi”.
E sta proprio nella società civile la forza della causa indipendentista catalana. Che dopo il pugno duro di Madrid è diventata una causa per la libertà: la libertà di dire sì o no, la libertà di votare.
“Il consenso della società catalana per il referendum è molto ampio e trasversale. Catalani di nascita, catalani d’adozione, imprenditori, operai, studenti, professionisti. E c’è un ampio consenso anche al di fuori della Catalogna stessa. Questa moltitudine variegata di persone è la nostra forza contro la repressione spagnola” sottolinea Forés.
Ma la comunità internazionale non è po’ troppo timida nell’esprimere solidarietà alla Catalogna?
“La diplomazia ha bisogna dei suoi tempi e aspetta gli avvenimenti”.
Questo è un tema delicatissimo: “Non va dimenticato che qualche settimana fa dall’Ue sono arrivati segnali positivi, così come dalla Gran Bretagna e dai Paesi Baltici. E’ ovvio che non possono parlare in questo momento, ma il clima registrato è positivo. Ricordo, inoltre che, una settimana prima dell’indipendenza della Croazia si dicevano tutti contrari, poi è stata riconosciuta. Insomma, la diplomazia internazionale ha i suoi percorsi e i suoi tempi”.
Da aggiungere che, oggi, i giornali catalani, raccontano di un Governo spagnolo rimasto deluso dalle parole di Donald Trump incontrato a Washington dal primo ministro Mariano Rajoy. Il numero uno della Casa Bianca, infatti, da un lato ha detto che secondo lui la Spagna dovrebbe restare unita (e non avrebbe potuto fare diversamente da buon ospite), dall’altro ha specificato di parlare a titolo personale. Ma, soprattutto, non ha detto nulla contro il referendum. Anzi, ha ricordato che la gente si sarebbe opposta al divieto di Rajoy.
Parole pesate, equilibrismi difficili. Perché, come detto, la posizione della comunità internazionale su questo tema deve essere necessariamente cauta finché i rapporti tra Madrid e Barcellona saranno così tesi. Ma la sensazione è che, da Bruxelles a Washinghton, nessuno ignori la forza di volontà del popolo catalano.
Gli fa eco Josep Comajuncosa, collega dell’Escola Superior d’Administració i Direcció d’Empreses: “La Bce è ovviamente molto interessata al conflitto Catalogna-Spagna perché l’acquisto del debito a tassi così bassi non sarà a lungo sostenibile. Il conflitto può rappresentare un problema per la politica monetaria europea se la Catalogna abbandona la Spagna senza un accordo”.
Insomma tutti già stanno facendo i conti con una Catalogna indipendente. Dimostrando che, pure se domenica qualcosa andasse storto, è solo una questione di tempo.