L’Unione Europea, da anni, penalizza le agricolture mediterranee. Ma, da qualche tempo a questa parte, sembra ci sia un disegno, se non per smantellare, quanto meno per creare grandi problemi all’agricoltura del Sud Italia. Sappiamo tutti cosa Bruxelles ha fatto e continua a fare per penalizzare i produttori di grano duro del Mezzogiorno d’Italia. In Sicilia, per esempio, i ritardi dei pagamenti dell’AGEA stanno mettendo in ginocchio migliaia di aziende
L’Unione Europea, bontà sua, ha riconosciuto che in Italia c’è la siccità. In realtà, in tutto il Sud è in atto un processo di desertificazione. Per la Sicilia l’ha illustrato con chiarezza il docente di Ecologia presso l’università di Palermo, Silvano Riggio (QUI L’INTERVISTA AL PROFESSORE RIGGIO). Siccità e desertificazione significano problemi seri per l’agricoltura e, quindi, per gli agricoltori. Così a Bruxelles hanno deciso, proprio per venire incontro agli agricoltori, di anticipare una parte dei fondi europei del 2018 destinati agli agricoltori. Tutto a posto? No, perché ci sono già ritardi nei pagamenti.
In Sicilia, ad esempio, gli agricoltori aspettano ancora una quota dei fondi europei del 2015, tutti i fondi del 2016 e quelli del 2017…
Parliamo, in questo caso, del sostegno all’agricoltura produttiva. Perché la UE, come questo blog ha più volte segnalato, finanzia anche l’agricoltura improduttiva: paga gli agricoltori per non coltivare la terra, ufficialmente per evitare le sovrapproduzioni, in realtà per favorire le multinazionali dalle quali l’Unione Europea, soprattutto con l’avvento della moneta unica europea, è controllata.
Un esempio è costituito dai seminativi che dovrebbero produrre grano: l’Unione Europea paga gli agricoltori del Sud Italia per non coltivare il grano duro. Il tutto per facilitare l’arrivo, nei porti italiani, di grano duro estero, soprattutto canadese, particolarmente ‘ricco’ di glifosato e micotossine DON (COME POTETE LEGGERE QUI).
Oltre a sostenere la non-agricoltura, l’Unione Europea sostiene anche l’agricoltura produttiva. Ma in questo caso, però, ci sono dei problemi, ovvero, grandi ritardi nei pagamenti. Perché?
Qui il tema diventa interessante. Come già accennato, l’Unione Europea, avendo finalmente capito che la siccità è un problema serio, ha deciso di anticipare i fondi del 2018 in favore degli agricoltori, oggi in difficoltà a causa della mancanza di acqua e, in generale, dai danni prodotti dalla siccità.
Tenete conto che in Siria, a causa della siccità – cioè della desertificazione – interi territori, negli anni passati, sono stati abbandonati. Se tanti siriani, già da anni, cercano di venire a vivere in Europa, è perché il Governo siriano ha fatto poco o nulla per contrastare la desertificazione del proprio territorio.
Come già detto, l’Unione Europea, proprio in questi giorni, ha deciso di anticipare agli agricoltori i fondi del 2018. Ma – sempre come abbiamo già sottolineato – gli agricoltori della Sicilia aspettano ancora una cospicua parte dei fondi europei relativi al 2015, tutti i fondi del 2016 e tutti i fondi del 2017. Va da sé che gli agricoltori siciliani, quando sentono che in altre parti dell’Unione Europea gli agricoltori incasseranno, a breve, i fondi europei del 2018, cominciano a santiare di brutto…
E’ così anche nella altre Regioni del Sud Italia dove l’Unione Europea interviene in sostegno all’agricoltura? Il dubbio è lecito, perché i ritardi dell’AGEA, l’Agenzia dello Stato che si occupa dei pagamenti in agricoltura, riguardano tutti, non soltanto la Sicilia.
Per la precisione, i problemi nei pagamenti in agricoltura colpiscono le Regioni italiane che dipendono dall’AGEA: e queste sono, in maggioranza, le regioni meridionali.
L’AGEA si è dotata di un sistema di pagamenti – che pare sia costato 178 milioni di euro – che però non funziona come dovrebbe. Insomma, ci sono responsabilità del Governo nazionale. Di questo dovrebbe rispondere il Ministro per le Politiche agricole, Maurizio Martina.
Ma in Sicilia – questo lo dobbiamo dire per correttezza – i ritardi non sono solo il frutto di problemi romani. A non funzionare, come ora cercheremo di illustrare, sono gli uffici della Regione siciliana.
Oggi i pagamenti dovrebbero essere informatizzati. Tutta la Regione siciliana dovrebbe essere informatizzata. Esiste per questo una società – che si chiama Sicilia E servizi – che dovrebbe occuparsi proprio di questo: l’informatizzazione degli uffici regionali.
Se, però, scendiamo nei particolari, ci accorgiamo che – almeno per i pagamenti dei fondi AGEA (ma forse anche per altre questioni amministrative) – gli uffici periferici della Regione che operano in agricoltura non sono informatizzati.
Ci riferiamo agli uffici provinciali. Sono, infatti, questi uffici che istruiscono le pratiche per consentire agli agricoltori siciliani di accedere ai fondi europei in agricoltura.
Perché gli uffici periferici della Regione siciliana che operano in agricoltura non sono informatizzati? A questa domanda dovrebbero rispondere il presidente della Regione, Rosario Crocetta, e l’assessore all’Agricoltura, Antonello Cracolici.
Dobbiamo tenere conto che i pagamenti in agricoltura – con riferimento ai fondi europei – oggi sono un po’ più, come dire?, complicati rispetto agli anni passati. Perché Bruxelles vuole chiarezza in anticipo sull’erogazione di queste somme. Questo perché le truffe negli anni passati non sono certo mancate (e, in verità, non mancano nemmeno oggi) e gli uffici dell’Unione Europea, prima di erogare i fondi, vogliono, anzi pretendono che le ‘carte’ siano a posto.
Ora, un conto è istruire le pratiche informaticamente, mentre altra e ben diversa cosa è lavorare – come si fa negli uffici periferici della Regione siciliana – all’antica, con timbri, firme, lettere che partono e arrivano (quando arrivano…).
E’ chiaro che lavorando in modo tradizionale – con le ‘carte’ invece che informaticamente – i tempi si allungano.
A questo punto una domanda è d’obbligo: perché la Regione siciliana, per la gestione delle pratiche in agricoltura, ha deciso di non utilizzare l’informatica? E’ solo una questione legata alla cattiva amministrazione o c’è dell’altro?
Per provare a dare una risposta dobbiamo entrare nel merito dei problemi. Prendiamo come esempio le tante aziende agricole siciliane che operano nella cosiddetta agricoltura biologica: si tratta di produzioni che fanno a meno della ‘chimica’: niente pesticidi, niente erbicidi e via continuando con un’agricoltura che deve essere naturale al cento per cento.
L’agricoltura biologica, rispetto a quella tradizionale, ha costi più elevati e produzioni inferiori. Se, come sta succedendo in Sicilia – che è la regione italiana con la maggiore concentrazione di aziende agricole che producono in ‘biologico’ – si lasciano gli agricoltori di questo settore senza i fondi europei, è chiaro che il risultato finale non può che essere uno: la chiusura di molte di queste aziende!
Un’azienda agricola che opera in ‘biologico’ può anticipare le spese per un anno, forse per un anno e mezzo: ma se i fondi a sostegno non arrivano, ebbene, prima è costretta a interrompere la produzione e, poi, a chiudere i battenti.
Ebbene, in Sicilia è proprio quello che sta succedendo. Come già accennato, ci sono aziende che operano in ‘biologico’ che ancora aspettano una parte dei pagamenti del 2015, i pagamenti del 2016 e i pagamenti del 2017! In queste condizioni, è chiaro, non possono resistere.
E’ una coincidenza o, forse – come sta avvenendo con il grano duro di tutto il Sud Italia – è in corso una manovra per mettere in difficoltà le aziende agricole per fare posto a prodotti che arrivano magari da Paesi esteri?
Ci sono dubbi sul fatto che il Governo nazionale a guida PD abbia sposato le politiche liberiste dell’Unione Europea? E ci sono dubbi sul fatto che le politiche liberiste dell’Unione Europea stanno danneggiando le agricoltura del mediterranee?
E’ la logica del CETA, il trattato commerciale tra Unione Europea e Canada: distruggere alcune produzioni agricole dell’Europa mediterranea, a cominciare dal grano duro, per consentire al grano duro canadese di invadere la stessa Europa. In cambio, le multinazionali vanno a fare affari in Canada nel settore dei servizi, della farmaceutica, automobili e via continuando.
Di questi argomenti dovrebbero cominciare a riflettere tutti gli agricoltori del Mezzogiorno d’Italia. A cominciare da chi produce grano duro (importanti, al riguardo, le battaglie che sta conducendo GranoSalus) ma anche con riferimento ad altre produzioni.
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La bufala di Coldiretti sulle micotossine nel grano duro importato. Documento Ministero smaschera la notizia. Allerta per il formaggio a pasta dura
http://www.ilfattoalimentare.it/micotossine-grano-importato-coldiretti.html
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