Elezioni regionali: centrosinistra e centrodestra bloccati dalla bramosia di potere e di danaro

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Se proviamo a ragionare su quello che hanno fatto centrodestra e centrosinistra quando hanno governato la Regione, ci accorgiamo che i due schieramenti, apparentemente diversi, sono in realtà legati da un denominatore comune: la ricerca del potere allo stato puro per gestire affari. Fatto salvo l’ascarismo: ieri per favorire gli amici di Berlusconi, oggi per favorire i grandi gruppi riconducibili al centrosinistra. E’ questo che oggi li paralizza  

A fine agosto, dopo lunghi mesi di estenuanti trattative con i suoi compagni di strada, o presunti tali, il presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, chiede le primarie per il centrosinistra, altrimenti, dice, nessuno lo convincerà a ritirare la propria ricandidatura.

A fine agosto, dopo lunghi mesi di estenuanti trattative con i suoi compagni di strada, o presunti tali, Gianfranco Miccichè, commissario-coordinatore di Forza Italia in Sicilia per grazia ricevuta (da Berlusconi), dice: “Alle elezioni regionali possiamo andare da soli”.

In queste due dichiarazioni, se lette con attenzione, si concentra lo ‘spirito’ che anima sia il centrosinistra, sia il centrodestra della Sicilia. Due schieramenti politici che dovrebbero essere alternativi, ma che invece presentano un denominatore comune così forte da renderli quasi uguali: la ricerca del potere allo stato puro, senz’altra motivazione.

Il centrosinistra governa dal 2008 la Regione. Ha cominciato con il tradimento di un presidente ‘ribaltonista’: Raffaele Lombardo.

Eletto nel 2008 con una maggioranza di lista di quasi il 70% dei voti, Lombardo, nove anni fa, pensò che ‘imbarcando’ il PD nel Governo, alla faccia degli elettori di centrodestra che l’avevano votato, avrebbe risolto tutti i suoi problemi, politici e giudiziari.

Gli otto anni precedenti erano volati via all’insegna del centrodestra. Totò Cuffaro, per natura sua politicamente ‘ecumenico’, non aveva escluso nessuno. Ma la sinistra – più quella nazionale che quella siciliana – voleva di più, soprattutto nei settori che contano: per esempio, nei grandi appalti.

Due esempi di grandi appalti siciliani, finiti nel ‘piatto’ di una certa sinistra nazionale, li racconta l’ex sindaco di Racalmuto, Salvatore ‘Totò’ Petrotto, con annessi, connessi ed effetti collaterali, in un video molto gettonato (CHE POTETE VISIONARE QUI).

Si parla di due grandi appalti stradali per centinaia e centinaia di milioni di euro: la Caltanissetta-Agrigento e la Palermo-Agrigento. Ovviamente di completare i lavori di queste due strade non se ne parla. Chissà quando si completeranno queste due opere: e chissà quante altre centinaia di milioni di euro si spenderanno. Ovviamente senza alcun controllo!

Queste due opere pubbliche, che costano una barca di soldi senza produrre nulla per la Sicilia e i Siciliani, ma che producono molto per chi gestisce questi eterni lavori, spiegano più di ogni altra analisi politica e sociologica il perché, nel 2008, la sinistra manifestava l’urgenza di prendere il potere in Sicilia.

Nella dimensione nazionale – sempre con riferimento al Governo del ‘ribaltonista’ di Lombardo – ci sono le centinaia e centinaia di milioni di euro del FESR (Fondo Europe per lo Sviluppo Regionale) finiti all’ANAS e alle società delle ex Ferrovie dello Stato per dare alla Sicilia le strade che cadono a pezzi e le tratte ferroviarie deliranti.

A questo servono i fondi europei destinati alla Sicilia: a foraggiare i grandi gruppi nazionali privati e para pubblici. Con gli stessi fondi europei che si sostituiscono agli interventi dello Stato non per arricchire la nostra Isola di opere pubbliche, ma per fare ingrassare chi le gestisce. 

Ovviamente, nella gestione di centrosinistra della Regione siciliana c’è anche un ‘desco’ regionale a base, soprattutto, di rifiuti, con la prevalenza delle discariche (private) sulla raccolta differenziata.

A rifiuti si aggiunge l’acqua, rimasta nelle salde mani dei privati.

E naturalmente la Formazione professionale ‘rivisitata’ con una spruzzatina di cinismo di stampo staliniano: via gli 8 mila vecchi dipendenti (carne da macello sociale) e largo alle nuovi assunzioni lungo l’asse Palermo-Siracusa e diramazioni.

Poi c’è il PSR, sigla che sta per Piano di Sviluppo Rurale, altri 2 miliardi e 100 milioni di euro di fondi europei per l’agricoltura gestiti dalla Regione, più altri 3 miliardi di euro circa, sempre di fondi europei e sempre per l’agricoltura.

Con tutti questi miliardi di euro – 5 miliardi spesi tra il 2008 e il 2013 e altri 5 miliardi in corso di spartizione – gli agricoltori siciliani dovrebbero essere dei nababbi.

Invece il settore agricolo, nonostante questo fiume di denaro pubblico, è in crisi: è in crisi il mondo del grano duro, è in crisi l’agrumicoltura, è boccheggiante la zootecnia (che in Sicilia ha perso per strada l’Associazione Regione degli Allevatori, dove i soldi pubblici non sono mancati, ma dove non si capisce dove siano finiti), è claudicante l’olivicoltura.

Dal marasma si salvano solo alcune aziende che producono vino. Fatte salve queste realtà, non c’è ancora una politica per le Cantine sociali. Parlano i numeri: la Sicilia imbottiglia, sì e no, il 20% del vino prodotto. Il resto – il vino prodotto, per l’appunto, dalle cantine sociali – va in larga parte a ‘tagliare’ i vini del Nord Italia o di altri Paesi, naturalmente a prezzi stracciati.

Gli unici dati visibili dei fondi europei destinati all’agricoltura siciliana sono i ritardi nel sostegno all’agricoltura biologica (COME POTETE LEGGERE QUI) e i fondi europei distribuiti ai produttori siciliani di grano duro per non fargli coltivare lo stesso grano duro, così da giustificare l’importazione di grano duro canadese pieno di glifosato e micotossine (COME POTETE LEGGERE QUI).

Poi c’è il grande filone dell’energia: pensate, dal 2012 ad oggi non una sola notizia è trapelata. L’unica cosa certa è che nella maggioranza che regge le sorti del Governo Crocetta la baraonda, per accaparrarsi la gestione delle energie, si è placata solo dopo che l’affare è finito nelle mani dei renziani. Poi, il silenzio.

Ultimi – ma non ultimi per importanza – i bandi per le attività produttive presentati in chiave ‘teleologica’…

Come potete notare, per il centrosinistra siciliano che oggi governa la Regione tutta l’attività politica e amministrativa è una sommatoria di grandi affari. Fatti salvi gli interessi dei grandi gruppi nazionali – che l’ascarismo non pensa nemmeno lontanamente di mettere in discussione (ascarismo che riguarda, in egual misura, centrodestra e centrosinistra) – tutto il resto è una torta da spartire.

Ma la spartizione è difficile: basti pensare a quanti Governi ha cambiato Crocetta dal 2012 ad oggi.

E’ possibile pensare che i ‘galantuomini’ del centrosinistra si mettano d’accordo per i prossimi cinque anni? E’ praticamente impossibile, perché un nuovo accordo comporterebbe la perdita di qualcosa (il qualcosa, in questo caso, significa molto) per alcuni. Da qui il gioco dei veti incrociati.

Questo spiega perché nel centrosinistra siciliano, dall’ottobre dello scorso anno ad oggi, discutono senza arrivare ad un accordo. E mentre discutono, chi gestisce continua a gestire e a spartire, cercando di lasciare al suo successore il meno possibile.

Lo scenario che vi abbiamo descritto per il centrosinistra vale, esattamente – dettaglio in più, dettaglio in meno – per il centrodestra.

Secondo voi perché i ‘capi’ di questo schieramento politico perché non si mettono d’accordo? Tutti, dall’ottobre dello scorso anno, concordano sul fatto che il centrodestra siciliano, unito, dovrebbe vincere le elezioni. Ma nessuno di questi soggetti è disposto a vincere rinunciando a qualcosa che andrebbe ad un altro. Da qui il gioco dei veti incrociati.

Se ci fate caso, sia nel centrosinistra, sia nel centrodestra siciliano non c’è nemmeno l’ombra dell’interesse pubblico. A questi signori della gestione corretta dell’energia nell’interesse dei siciliani, dell’acqua pubblica, di una corretta gestione dei rifiuti, del rilancio concreto dell’agricoltura e via continuando non gliene può fregare di meno.

Ogni soggetto del centrosinistra lavora per sé. Idem nel centrodestra. Ognuno, i questi due schieramenti politici, pensa a se stesso. Ognuno persegue il proprio particulare affaristico o politico (più il primo che il secondo e, in ogni caso, il secondo è quasi sempre subordinato al primo).

L’unica cosa che accomuna questi questi personaggi è la spasmodica ricerca del potere allo stato puro, dando assiomaticamente per scontato che nessuno dei propri compagni di strada debba avere di più. 

Cosa può dare a una Sicilia già in profonda crisi questa politica?

Così Crocetta, a fine agosto, dice che vuole le primarie del centrosinistra, sennò lui rimane candidato.

Così Miccichè, a fine agosto, dice che Forza Italia può andare da sola.

In tutt’e due gli schieramenti si gioca a tirare la corda, nella speranza che qualcuno ceda.

In questo gioco al massacro, comunque, i Siciliani posso maturare una certezza: che la Sicilia con al governo il centrodestra o il centrosinistra non andrà mai avanti. Perché chi va a governare con la priorità di gestire potere e denaro ignorando l’interesse pubblico di solito non migliora le cose: semmai le peggiora.

 

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