Ieri l’anniversario della Legge Pica, meglio conosciuta come la licenza di uccidere le genti del Sud con l’alibi del brigantaggio. Scriveva Gramsci: “Lo Stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e a fuoco l’Italia meridionale, squartando, fucilando e seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono di infamare con il marchio di briganti”
Dell’inganno dell’Italia Unità i meridionali si accorsero in poche settimane. Anche quelli che professavano idee liberali non tardarono a comprendere che Garibaldi non era venuto a portare la libertà, ma aveva solo sostituito una dominazione con un’altra, assai peggiore della prima per le genti del Sud che si ritrovarono depredate dei loro averi e massacrate sotto ogni punto di vista. Una verità che, come sappiamo, sta venendo fuori grazia al lavoro ‘revisionista’ di alcuni storici rimasti liberi dalle maglie della propaganda ufficiale e che si sta diffondendo sempre di più alla faccia della pedanteria di pseudo intellettuali troppo attenti a non dare dispiaceri al potere ufficiale.
Una verità già presente nella grande letteratura: Il Gattopardo, I Vecchi e i Giovani, I Vicerè. Basta leggere questi capolavori per cogliere in pieno quello che è stato il Risorgimento per il Sud Italia.
Ma, certamente, resta una pietra miliare l’analisi di Antonio Gramsci che 1920, su Ordine Nuovo scrive:
“Lo Stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e a fuoco l’Italia meridionale, squartando, fucilando e seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono di infamare con il marchio di briganti”.
Grande conoscitore della questione meridionale e della questione siciliana, si riferisce in questo passaggio del suo scritto alla famigerata Legge Pica, promulgata il 15 Agosto del 1863. Si tratta, in poche parole, della licenza di uccidere i meridionali che non accettavano supinamente le angherie del nuovo regno piemontese. Già nell’estate del 1862 re Vittorio Emanuele II aveva proclamato lo stato d’assedio per le regioni dell’Italia meridionale, ma la resistenza lo indusse ad un atto ancora più spietato. I sabaudi introdussero il reato di brigantaggio e resero legale ogni forma di violenza. Proprio come nel medio-evo, quando con l’accusa di stregoneria venivano mandati al rogo tutti i dissidenti, l’introduzione di questo reato diede agli spietati invasori l’alibi perfetto per tentare di sedare ogni rivolta politica, ogni segnale di malessere. Interi villaggi – fu introdotta la responsabilità comune- vennero passati alle armi. Donne, bambini, contadini. Chiunque e senza processo.
La repressione diventava, a questo punto, ancora più feroce di quanto non fosse stata fin allora.
Quanti furono i morti?
“Aggregando i due quinquenni,- scrive Roberto Martucci nel saggio La regola è l’eccezione: la legge Pica nel suo contesto, pubblicato sulla Nuova rivista storica, riferendosi al 1861-1865 e al 1866-1870 “si arriva a cifre oscillanti tra una minima di 20.075 e una cifra massima di 73.875”. Secondo Martucci (che cita, tra gli altri, lo studio “Storia del brigantaggio dopo l’unità” di Franco Molfese -Feltrinelli 1964 e 1983), non si potrà fare un bilancio serio finché non “si avrà uno spoglio sistematico dei documenti contenuti negli archivi provinciali”.
Certamente furono tantissimi.
Interessante anche una descrizione della Legge Pica contenuta nel sito ufficiale dell’Arma e riportata dal blog perlacalabria.wordpress.com:
“La legge Pica permise la repressione senza limiti di qualunque resistenza: si trattava, in pratica, dell’applicazione dello stato d’assedio interno. Senza bisogno di un processo si potevano mettere per un anno agli arresti domiciliari i vagabondi, le persone senza occupazione fissa, i sospetti fiancheggiatori di camorristi e briganti. Nelle province dichiarate infestate da briganti ogni banda armata di più di tre persone, complici inclusi, poteva essere giudicata da una corte marziale. Naturalmente alla sospensione dei diritti costituzionali (il concetto di diritti umani di fatto ancora non esisteva) si accompagnarono misure come la punizione collettiva per i delitti dei singoli e le rappresaglie contro i villaggi“.
Quelli che non venivano uccisi sul posto, venivano deportati nel lager di Finestrelle, dove trovavano una morte ancora più atroce.
Va ricordato che lo stesso Garibaldi, che nella fase finale della sua vita probabilmente si rese conto dell’inganno, condannò questa violentissima repressione: “Mentre in Europa il progresso umanitario, interpreti i grandi uomini di tutte le Nazioni, è unanimemente deciso contro la pena di morte, il Governo di Palazzo Madama, nelle sue velleità eroicamente bestiali e degne dei tempi di Borgia, fa strombettare da tutti gli organi suoi salariati i fasti anti-briganteschi del Mezzogiorno. Non passa un solo giorno, ove non troviate un mucchio di vittorie riportate sui briganti, ove questi sono stati sbaragliati e distrutti e dei “nostri” non un solo ferito. Il più importante poi è questo: dieci briganti presi e subito fucilati, quindici briganti presi e subito fucilati. Ma io dico: li avranno poi guardati in faccia, per sapere se veramente erano briganti oppure no prima di fucilarli”?. Lo scrive in un discorso che potete leggere per intero qui e di cui riportiamo un altro breve passaggio:
“E poi chi sono questi briganti? Poveri infelici! Se non sono alcuni sciagurati contadini che morivan di fame e che furono ingannati dai preti, saranno i figli bellicosi della montagna che, indispettiti dal malissimo Governo, si riuniscono alle bande per vendicare la morte di qualche parente spietatamente fucilato”.
Ieri, dunque, l’anniversario di questa famigerata licenza di uccidere i meridionali. Solo pochi siti lo hanno ricordato (tra questi, Vesuviolive). Perché la condanna all’oblio è ancora in essere. Meglio non far sapere come è nata l’Italia Unita.
Concludiamo citando ancora Gramsci che ci ha insegnato l’importanza della ricerca storica: “Quando nel passato si ricercano le deficienze e gli errori non si fa storia, ma politica attuale” diceva Gramsci. Non è dunque un esercizio estetico fine a se stesso, o di conoscenza pura: è rivoluzione culturale, necessaria e doverosa.
sul tema del Risorgimento trovate un ricco archivio nella sezione storiaecontrostoria. Qui sotto alcuni approfondimenti:
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Sono felice di cominciare a rileggere la storia vera sull' Unita' d' Italia e non quella che purtroppo ci hanno raccontato i libri di testo e i professori
Sono sconcertato. E dire che ho studiato tanto, attingendo notizie storiche anche da scrittori stranieri sugli argomenti...
Ma il quesito oggi è: che fare?
Chi si incarica di scrivere la vera Storia dei meridionali, dei siciliani in un volume ad uso scolastico, almeno nelle nostre scuole regionali?
Che "imprimatur" bisognerà avere?
E in un momento storico come il nostro, come questo, dove l'analfabetismo di ritorno di adulti e giovani è una piaga sociale che sta trasformandosi in metastasi.
Se facciamo una rapida sintesi, se non ogni famiglia siciliana, in migliaia di famiglie abbiamo avuto un lontano parente ammazzato dal nuovo ordine di Vittorio Emanuele II e succedanei.
Non fu Umberto I°, "il re buono", che con il suo generale Bava Beccaris a fare sparare nel 1898 a Milano sulla folla che chiedeva pane( Bava Beccaris insignito per quei misfatti di alta onorificenza)? E ancora stragi di gente indifesa a Brescia?
A quando un monumento a Gaetano Bresci?
Di fatto un'unità d'Italia, che avrebbe potuto nascere con la Resistenza e con la Carta costituzionale che ne promana, non c'è mai stata, perché subito colonia USA e perché i nostri maggiorenti di governo, di peggiore parte dei governi, a spese del "popolo sovrano" si sono regalati tanti di quei privilegi che, oggi, tutto è questo nostro Paese meno che una democrazia compiuta e partecipata.
Un Paese ancora invaso da potenze economiche bancarie straniere e non solo, dove lo Stato ha un occhio di riguardo per chi delinque e meno per chi è oggetto dei crimini dei delinquenti.
Come tutti possiamo constatare ogni giorno.
sarei interessato ad uno studio sul famoso incontro tra Garibaldi e il re piemontese, dove potrei trovare documentazine storica ?
A questa notizia sono inorridito,ecco come si scopre ancor di più lo sterminio,ma e possibile con tutti i politici di merda anche sardi che non sapessere qu est?andazzo?
Invece di estrapolare in maniera scorretta una frase attribuita a Gramsci apparsa nel febbraio 1920 in un polemico articolo contro il giolittismo e la stampa, consiglierei di leggere i suoi quaderni dal carcere.
In questo sito viene riportato il brano
http://rubrichemeridionali.blogspot.it/2012/08/le-origini-duna-frase-famosa.html
.Lo Stato borghese italiano si è formato per la spinta di nuclei capitalistici dell'Italia settentrionale che valevano unificare il sistema dei rapporti di proprietà e di scambio del mercato nazionale, suddiviso in una molteplicità di stenterelli regionali e provinciali. Fino all'avvento della Sinistra al potere, lo Stato italiano ha dato il suffragio solo alla classe proprietaria, è stato una dittatura feroce che ha messo ferro e a fuoco l'Italia meridionale, e le isole, crocifiggendo, squartando, seppellendo vivi i contadini poveri che gli scrittori salariati tentarono infamare col marchio di «briganti». Lo sviluppo dell'industria rafforzò lo Stato unitario: la Sinistra andò al potere, allargò il suffragio, introdusse un pizzico di «democrazia». La dittatura industriale non fu però meno feroce della dittatura della media borghesia e dei proprietari terrieri che si erano saziati coi ben ecclesiastici: lo Stato si pose al servizio dell'industria e nel '98 soffocò i movimenti nei quali la classe operaia per la prima volta si sollevò contemporaneamente ai contadini, poveri di Sicilia e di Sardegna.
...Lo Stato italiano non è stato mai democratico, ma dispotico e poliziesco (un solo potere: il Governo, con un corpo consultivo: il Parlamento) è sempre stato una dittatura esercitata dagli industriali e contro la classe operaia e contro i ceti contadineschi."
Qui c'è la lettura integrale dell'articolo
http://www.eleaml.org/nofor/storia/antonio_gramsci_avanti_18_febbraio_1920_lanzo_ubriaco_2012.html
Imparate a citare correttamente le fonti, invece di manipolarle per miseri motivi politici.
Per fortuna nessuno storico serio vi dà credito.
Fare apparire Gramsci filoborbone è una solenne sciocchezza (staterelli-stenterelli, così scriveva nei suoi quaderni dal carcere e taccio sui giudizi pesanti nei confronti dei Borbone).
L'impianto della Legge Pica, (ricordo a tutti che Pica era abruzzese) serviva proprio a distinguere, come dice briganti, camorristi e vagabondi, non per colpire indiscriminatamente; la legislazione aveva una funzione: colmare il vuoto di potere ed evitare abusi.
Considerando il contesto di guerra civile che si è scatenata, la Legge Pica ha avuto il merito di distinguere gli autori dei reati in un contesto nel quale non esisteva più lo stato e l'autorità dello stato.
Caro Fulgenzio, quanti dei sè dicenti "revisionisti" sanno che la legge Pica - giuridicamente condannabile perchè violava i principi dello Statuto - riprendeva in forma attenuata le disposizioni di una legge borbonica, il R.D. 31 agosto 1821 ? Capisco l'obiezione, per saperlo bisogna studiare. Cordiali saluti.
Mi scuso ma nella fretta ho scritto 31 agosto 1821 invece di 30 agosto 1821, data corretta del decreto. Comunque chi volesse può leggerlo nella collezione di leggi e decreti del regno delle Due Sicilie, anno 1821, secondo semestre, pp. 104 e segg.
I veri briganti che, dal 1860 al 1865, infestarono l'Italia meridionale e la Sicilia furono i Piemontesi che, appoggiati dai liberali e dalle bande garibaldine, vennero ad abbuffarsi di cibo, denaro e terre con metodi criminali. Quei piemontesi che mangiavano solo polenta scondita e povera di nutrimento, razziarono le terre dei contadini rubando grano, orzo, pollame, conigli, pecore e bovini. La legge Pica, poi, venne in soccorso dei generali piemontesi autorizzandoli a fucilare sul posto, senza un regolare processo, chiunque fosse ritenuto un brigante o un simpatizzante del brigantaggio. Era sufficiente una semplice segnalazione ai carabinieri e ai comandanti dei bersaglieri per mandare al plotone di esecuzione interi gruppi di persone. I principali responsabili di questi eccidi si arricchirono e a parecchi di questi criminali di guerra, come il generale Farini, Nino Bixio e altri, furono intitolate strade, caserme e piazze. Lo stesso povero Garibaldi che, come ci raccontavano falsamente i nostri professori di storia, se ne era andato a Caprera con un sacco di fagioli e un pezzo di lardo salato, diventò padrone di mezza isola, si accoppiò con una popolana generando altri figli che si aggiunsero agli altri figli seminati nel sud dell'Italia. E per concludere, che dire della sorte toccata alle cartiere, alle industrie artigiane, alle industrie meccaniche e navali che i Borbone avevano creato. Andò tutto in rovina. Anche i tesori in oro e argento del banco di Palermo e del banco Napoli fecero brutta fine. Il primo entrò in possesso di Garibaldi e fu usato per pagare i soldati garibaldini e il secondo finì nelle casse della banca romana mischiandosi con la misera carta moneta del Cavour che nessuna banca europea voleva accettare. Con ciò che ho riassunto in queste mie poche righe non ritengo di aver minato l'unità d'Italia bensì di aver gettato luce su come fu realizzata. Io voglio che parecchi capitoli di storia siano riscritti correttamente in modo da non vendere più chiacchiere false ai nostri studenti come si è fatto per tanti anni (circa un secolo e mezzo).
Grazie. Prof. Biagio Girasoli lei e' un Grande che correttamente chiarisce il motivo che ha spinto milioni d'Italiani a lasciare una Patria, ... oramai scomparsa.
E qui', in Australia, come in tutto il resto del Mondo tra l'altro, la maggior parte continua a svendersi, dichiarandosi pro Juventus o Milan, o di qualche leghista.
E nessuno vuole rimuovere l'ignoranza che ci affligge, continuata con il Piano Marshall, con la Communita' Europea ... e cosi' via.
Almeno, una volta fuori dall'Italia il cervello ha finalmente l'opportunita' di aprirsi.