La domanda è legittima alla luce di un processo che si sta celebrando presso il Tribunale di Palermo. Una vicenda che coinvolge alcuni importanti dirigenti ‘a termine’ dello stesso Comune di Palermo, accusati di abitare in un complesso edilizio abusivo. Al di là delle ‘stranezze’ di questa vicenda, resta una domanda: a Mondello, in questi anni, visto che manca lo strumento urbanistico, come sono state realizzate le nuove costruzioni?
Quella che vi raccontiamo è una storia un po’ particolare. I protagonisti – che sono tanti – ruotano tutti attorno all’ufficio Urbanistica del Comune di Palermo. Troviamo il sindaco della città, Leoluca Orlando. Il suo vice, Emilio Arcuri. Alcuni dirigenti dell’ufficio comunale Urbanistica ‘promossi’ dirigenti. Sullo sfondo, una lottizzazione realizzata a Mondello che, secondo gli inquirenti, sarebbe addirittura abusiva. Tanto che si sta celebrando un processo penale.
Proprio in questi giorni uno dei protagonisti di tale vicenda, l’architetto Mario Li Castri, minaccia azioni risarcitorie per ben 260 mila euro contro il Comune di Palermo. Motivo: l’Amministrazione comunale non gli ha prorogato, per un triennio, l’incarico di dirigente capo area.
Un altro dei protagonisti di questa storia è l’architetto Giuseppe Monteleone, anche lui funzionario dell’ufficio Urbanistica del Comune di Palermo.
I due finiscono imputati per concorso, abusivismo edilizio e lottizzazione abusiva. Entrambi abitano a Mondello in case che risulterebbero abusive.
La storia di questa lottizzazione inizia nel 2005. E si trascina per circa un decennio tra richieste di autorizzazione, lavori eccetera eccetera. Alla fine, diritto o di rovescio – in verità più di rovescio, visto che si sta celebrando un processo – non solo i lavori vengono ultimati, ma si trovano anche gli acquirenti di questo complesso edilizio.
Sembra tutto a posto. Senonché, una bella mattina, arrivano i vigili urbani. A quanto si racconta erano arrivati per un controllo che riguardava altri immobili. Ma avendo visto che, forse, nella lottizzazione c’era qualcosa che non andava avrebbero avviato i controlli anche in questa lottizzazione.
I controlli portano all’accertamento di presunte irregolarità. Così parta la segnalazione alla magistratura. Che avvia le indagini. Morale: Li Castri, Monteleone e altre sedici persone finiscono sotto inchiesta. Indagati per una lottizzazione realizzata a Mondello, in via Miseno, in un’area sottoposta a vincolo paesaggistico.
Il pubblico ministero, Daniele Paci, presenta una richiesta di archiviazione. Ma il GIP, Giudice per le Indagini Preliminari, respinge la richiesta di archiviazione e ordina al pm di iscrivere nel registro degli indagati i 18 residenti del complesso di Mondello. L’Ufficio del GIP ipotizza una lottizzazione abusiva e violazione della normativa in materia paesaggistica.
In pratica, i due burocrati del Comune di Palermo e tutti gli altri proprietari abiterebbero villette che sarebbero state realizzate abusivamente in una zona vincolata. Sotto inchiesta finisce anche il proprietario del terreno dal quale, nel 2007, i protagonisti di questa vicenda hanno acquistato le villette.
Secondo l’Ufficio del GIP, per realizzare queste villette serviva il Piano particolareggiato. In effetti, detto per inciso, per Mondello, secondo il vigente PRG e le Norme tecniche di attuazione urbanistica, ed in particolare l’art.7 comma 7, per lotti superiori a 1000 metri quadrati, l’edificazione è subordinata alla previa adozione di un Piano particolareggiato che il Comune di Palermo non ha mai adottato.
Da qui una domanda: tutta l’attività edilizia realizzata in questi anni a Mondello, zona a mare dei palermitani per antonomasia, sulla base di quali criteri urbanistici è stata realizzata?
Ed è pensabile che architetti che, per mestiere, si occupano proprio di questi argomenti, non sappiano nulla del Piano particolareggiato ‘fantasma’ di Mondello? (detto per inciso, Li Castri è un esperto di diritto urbanistico).
Il Piano particolareggiato – atto di competenza del Consiglio comunale – per la cronaca, non è un capriccio: è indispensabile per garantire le urbanizzazioni primarie e secondarie, per rispettare gli standard edilizi (Decreto 1444/1968). Trattandosi di Mondello, il Piano particolareggiato serve anche per tutelare la zona sottoposta a vincoli paesaggistici.
Che hanno combinato, invece, a Mondello? Hanno preso, come dire?, una scorciatoia: si sono cimentati con un Piano planovolumetrico. Senza passare dal Consiglio comunale? Senza l’individuazione di aree per servizi? E con quali limiti di densità edilizia?
Alla fine – almeno fino ad oggi, perché sarà l’esito del processo a stabilire chi ha ragione e chi ha torto – le intuizioni dei vigili urbani hanno mandato sotto processo un be po’ di persone.
Di mezzo, in questa storia, c’è anche una concessione edilizia in sanatoria che – così sembrerebbe – non dovrebbe esistere, perché la costruzione contrasta con le previsioni del Piano regolatore generale di Palermo e con le Norme tecniche di attuazione urbanistica.
Insomma, a Mondello, definita come zona B0B, per costruire le ville che sono state realizzate – lo ribadiamo ancora una volta – serve un Piano particolareggiato, ovvero uno studio urbanistico dettagliato per definire le varie tipologie urbanistiche, le tipologie edilizie, le volumetrie, i servizi. Concetto questo che è stato ribadito dal CTU, cioè dal Consulente Tecnico del PM che, in occasione dell’ultima udienza innanzi al Tribunale penale di Palermo, ha confermato la sua posizione.
Resta una domanda: se il Piano particolareggiato di Mondello non c’è, com’è stato possibile consentire la realizzazione di questo complesso edilizio? Sembra che l’Amministrazione comunale si sia basata su una circolare a firma dell’architetto Giovanni Schemmari.
Ma può una circolare sostituirsi a un Piano particolareggiato che non c’è? Il dubbio è che si sia trattato di una forzatura. Anche perché sembrerebbe che questa benedetta circolare – che prevede una vera e propria variante urbanistica, visto che modificherebbe le previsioni del Piano Regolatore rispetto alle zone B0B – non sia stata mai trasformata in variante urbanistica e, di conseguenza, non sarebbe mai stata sottoposta ad eventuali opposizioni ed osservazioni e non sia stata mai approvata dalla Regione.
Insomma, si tratterebbe di una sorta di atto interno, che non ha e non può avere, rispetto al Piano Regolatore Generale, alcun valore giuridico. Di questo anche gli uffici comunali sembrano essere pienamente consapevoli, stando alla lettura di una corposa relazione ispettiva scritta da una commissione interna chiamata, nel 2016, a far luce sulla vicenda interna.
Stando ai controlli, sarebbero venute fuori altre irregolarità: per esempio, nel caso dell’abitazione di Li Castri, una piscina di 30 metri quadrati e una veranda molto ‘ariosa’, pari a 88 metri quadrati. Per la veranda prima sarebbe stata chiesta una variante e poi una sanatoria.
La delicata vicenda giudiziaria non ha creato problemi all’architetto Li Castri, che è stato nominato, nel 2015, capo area per la riqualificazione urbana e le infrastrutture, in stretta collaborazione con l’assessore Emilio Arcuri. Si tratta di un incarico apicale in un ufficio centrale: l’ufficio dal quale passano i progetti più importanti del Comune di Palermo: basti pensare al PON metro, al ‘Patto per Palermo’, Tram e via continuando.
Li Castri, dipendente del Comune con la qualifica di funzionario di ottavo livello, viene nominato dirigente dall’Amministrazione comunale con un contratto a termine di dirigente ‘esterno’ (con conseguente e consistente aumento anche del compenso).
Sempre per la cronaca, l’8 febbraio del 2016 il Comune di Palermo, nella persona dello stesso sindaco Leoluca Orlando, si è costituito parte civile nei confronti di tutti gli imputati, ivi compresi Li Castri e Monteleone. Il sindaco chiede, in sede penale, 500 mila euro di danni e la confisca delle ville.
La vicenda è un po’ strana. Vero è che l’Amministrazione comunale si è costituita parte civile chiedendo danni e confisca dei beni. Ma è altrettanto vero che la stessa Amministrazione comunale ha i poteri per esercitare un’azione repressiva degli abusi edilizi. Insomma il Comune può esercitare un’azione sanzionatoria prevista dalle leggi.
E qui la vicenda diventa un po’ pirandelliana. Perché? Perché si scopre che ad esercitare l’azione sanzionatoria dovrebbero essere proprio gli uffici dell’architetto Li Castri!
In effetti, proprio alla luce della costituzione di parte civile da parte del sindaco Leoluca Orlando, ci si sarebbe aspettati la revoca dell’incarico di dirigente apicale conferita all’architetto Li Castri, con competenze anche nel settore della repressione degli abusi edilizi.
Invece – e qui sta la ‘stranezza’ – l’incarico conferito all’architetto Li Castri non è stato revocato. Anzi, nel 2016 è stato prorogato fino al 30 giugno 2017.
Una persona normale si chiede e chiede: ma se l’Amministrazione comunale si costituisce parte civile, chiede 500 mila euro di danni e la confisca delle ville, come fa a tenere al vertice dell’ufficio urbanistico del Comune un personaggio che è tra i protagonisti di questa vicenda e, per giunta, sotto processo, conferendogli tra l’altro un ruolo essenziale proprio nella materia oggetto del procedimento penale?
Inoltre nel maggio 2016 il TAR Sicilia aveva accolto il ricorso presentato dall’ex capo area, Vincenzo Polizzi, che aveva impugnato, tra l’altro, la nota con la quale il sindaco aveva individuato i 14 dirigenti a contratto. Secondo i giudici amministrativi la nomina fatta dal sindaco non era adeguatamente motivata.
Nonostante la decisione del Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia gli incarichi erano stati mantenuti e successivamente prorogati.
Sulla vicenda erano intervenuti anche i parlamentari nazionali del Movimento 5 Stelle con un’interrogazione.
“La legge – afferma il deputato alla Camera Riccardo Nuti – stabilisce precisi divieti al conferimento di incarichi dirigenziali negli enti locali, come l’Autorità nazionale anticorruzione ha ribadito con propria recente delibera: tra questi, vi è il divieto di conferimento rivolto a chi ricopre, o ha ricoperto nell’ultimo anno, cariche amministrative nelle società partecipate locali”.
La notizia è stata riportata anche dalla stampa nel 2016. Il quotidiano la Repubblica, edizione di Palermo, il 18 maggio 2016 scrive.
“Per il deputato sarebbe stata irregolare la nomina di Mario Li Castri (dirigente tecnico e capo area all’ufficio riqualificazione urbana e delle infrastrutture), attualmente amministratore unico della partecipata Energy Auditing e in passato nel cda di Amg Energia. A forte rischio sarebbero quelle di Antonino Rera (dirigente dell’ufficio economato), fino a poche settimane fa membro del Cda di AMG Energia; e di Giuseppe Monteleone (dirigente Sportello unico), fino a poche settimane fa membro del consiglio di amministrazione di Amap”.
Ebbene, tutto questo non ha impedito al sindaco Orlando di prorogare l’incarico con determinazione sindacale del 30 agosto 2016, per un anno ancora e fino al 30 giugno 2017.
Non è finita. Il 30 giugno di quest’anno, quando scade l’incarico a Mario Li Castri, l’Amministrazione comunale concede allo stesso Li Castri una proroga di un mese: 30 giugno-31 luglio.
Tale atto amministrativo è un po’ temerario e molto strano.
E’ temerario perché, nel frattempo, ci sono state le elezioni comunali. Orlando è stato rieletto. Ed è a capo di una nuova Amministrazione. Una nuova Amministrazione, per conferire un incarico così importante, non dovrebbe ricorrere ad evidenza pubblica?
Ancora: prima di conferire un incarico così importante l’Amministrazione comunale non dovrebbe richiedere il certificato di carichi pendenti? Eh già, perché, lo ricordiamo, Li Castri è sempre sotto processo per abusivismo e lottizzazione abusiva .
La stranezza: perché una proroga di un mese? Forse la risposta a questa domanda potrebbe essere legata a una sentenza della Corte di Cassazione: la n. 478 del 2014. E’ una sentenza che riguarda il Comune di Orestano. Dove un incarico dirigenziale simile è stato prorogato, dal nuovo sindaco, per 45 giorni, e successivamente non confermato. Ebbene, in tale sentenza la Cassazione ha stabilito che per incarichi dirigenziali a soggetti esterni all’Amministrazione la durata di tali incarichi “non può essere inferiore a tre anni né eccedere il termine di cinque”.
Forte di questa sentenza, l’architetto Li Castri, avendo avuto conferito l’incarico per un mese, potrebbe rivolgersi, come ha già annunciato in più occasioni, al giudice del Lavoro e chiedere che l’incarico gli venga conferito dal Comune di Palermo per tre anni.
In questa vicenda, molto ‘gesuitica’, ci sono due problemi.
Il primo problema l’abbiamo già sottolineato e si condensa nella seguente domanda: Orlando, visto che è stato rieletto ed è a capo di una nuova Amministrazione, per conferire incarichi importanti non avrebbe dovuto fare ricorso ad un’evidenza pubblica?
Il secondo problema è legato a una sentenza più recente, sempre della Cassazione: la n. 11015 del 2017. Semplificando, possiamo affermate che, secondo la Suprema Corte, la proroga di tre anni non può essere affidata se il ruolo di dirigente in esame è apicale e fiduciario: e l’incarico di capo area, conferito dall’Amministrazione comunale di Palermo all’architetto Li Castri, è, per l’appunto, apicale e fiduciario. Per cui nessun diritto ad una durata minima di tre anni potrebbe rivendicare il dipendente .
Fine delle polemiche? Niente affatto. Sono tanti, al Comune di Palermo, che aspettano da anni il concorso pubblico per coprire, in via definitiva, i posti vuoti in pianta organica, facendo cessare, finalmente le nomine di dirigenti esterni a termine. Concorso bandito, per 12 dirigenti tecnici nel maggio 2017. Un concorso che ha suscitato le perplessità di molti dirigenti interni, che si sono già rivolti al Segretario Generale del Comune per chiedere di intervenire sul bando, ritenuto dagli stessi dirigenti poco imparziale e non conforme alle norme
Ultima considerazione (anche se non è ultima per importanza): l’architetto Li Castri, per il ruolo che ha occupato fino al 31 luglio e che rivendica per altri tre anni con l’annunciato e tempestivo ricorso al giudice del Lavoro, è stato e tornerebbe a ricoprire anche il ruolo di capo area e quindi responsabile del controllo del territorio.
Che significa questo? Che in tale vicenda, fra le tante stranezze, si potrebbe configurare anche un conflitto di interessi. Infatti allo stesso spetterebbe la firma degli atti finali di repressione e sanzione degli abusi edilizi, che sono adempimenti dovuti, secondo il Testo Unico sull’edilizia .
In questa storia c’è un aspetto legato al processo penale ed un aspetto autonomo ed indipendente legato a questioni amministrative.
La vicenda penale infatti non esclude gli obblighi amministrativi che gravano sul Comune in materia di controllo del territorio. Ebbene, rispetto all’attività di controllo del territorio, a fronte di quanto emerso in questa vicenda, anche alla luce degli atti di polizia giudiziaria e della corposa e pesante relazione ispettiva interna del 2016, che provvedimenti ha adottato il Comune di Palermo? E chi avrebbe dovuto adottare tali provvedimenti a carico dell’architetto Li Castri? L’ufficio retto dallo stesso architetto Li Castri?
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