Lo racconta la parlamentare nazionale eletta in Sicilia, Claudia Mannino, che già da tempo ha puntato i riflettori su un giro di affari illegali che riguarda il Centro e, soprattutto, il Sud Italia. Di incendi di rifiuti se ne contano quasi uno al giorno. Perché? Perché il fuoco consente a chi gestisce questi centri di risparmiare un sacco di soldi evitando costosi trattamenti… I pericoli per la salute nell’area che va da Carini ad Alcamo dove, con quello di ieri, si contano già tre incendi. Il caso delle discariche in Sicilia. Salvo Cocina: manovra contro la raccolta differenziata?
“La lista è sempre più lunga, solo negli ultimi 30 giorni sono andati in fiamme ben 22 impianti. Oggi un altro incendio in un centro di stoccaggio rifiuti è in corso ad Alcamo. Questi episodi sono troppo frequenti e spesso dolosi e bisogna intervenire per tutelare la salute dei cittadini e c’è chi ha ancora il coraggio di parlare di inceneritori e centrali nucleari in Italia?”.
Così ha scritto ieri sulla propria pagina facebook la parlamentare nazionale, Claudia Mannino, commentando l’incendio che è esploso sempre ieri ad Alcamo in un centro per la raccolta differenziata dei rifiuti. L’incendio ha sprigionato una densa nube nera.
Insomma, sembra che il fuoco sia il motivo conduttore di questa lunga e calda estate siciliana. Non sono bastati i circa 14 mila ettari di boschi andati in fumo grazie, soprattutto, all’insipienza di un Governo regionale che ‘risparmia’ sulla tutela del verde e sul servizio antincendio nei boschi.
A complicare le cose ci sono anche gli incendi che colpiscono i centri di stoccaggio dei rifiuti e alcune zone industriali dove non mancano i rifiuti. Ieri, ad Alcamo, si è consumato il quarto incendio nel giro di un mese (due sono stati registrati a Carini e uno a Grammichele).
Ieri sera, sulla rete, l’incendio di Alcamo era la notizia più commentata. E lo è ancora oggi. Il timore – che in realtà è molto di più di un timore – è che ad Alcamo e dintorni la nube di denso fumo abbia inquinato l’ambiente. Di questo si dovrebbe occupare l’ARPA, l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente che, per definizione, ‘tranquillizza’ tutti.
Meglio affidarsi a fonti meno governative. Sennò finirà come a Palermo e dintorni nell’estate del 2012, quando Iddio solo sa cos’ha provocato l’incendio – durato giorni e giorni – della discarica di Bellolampo.
Perché gli incendi nei centri di stoccaggio dei rifiuti? Prova a spiegarlo la stessa Claudia Mannino, che segue con grande impegno la questione rifiuti.
“L’Italia intera – scrive la parlamentare nazionale – è una terra dei fuochi. Da anni nel nostro Paese si verificano incendi gravi in impianti e discariche di rifiuti. Dopo il devastante rogo della Eco X di Pomezia, nessuna iniziativa è stata presa per arginare un fenomeno a causa del quale l’aria che respiriamo viene invasa da sostanze altamente tossiche come diossine o amianto. Basta una ricerca superficiale su google per verificare come la media sia di quasi di un rogo al giorno, un fatto inaccettabile per un Paese civile. In provincia di Palermo, per esempio, dopo il grave rogo doloso avvenuto alla discarica di Bellolampo, sono recenti gli incendi avvenuti nella zona industriale di Carini presso le aziende Ecofarma (rifiuti speciali) e Sidermetal (metallo, plastica e rifiuti ospedalieri)”.
Inascoltato è stato l’appello di Roberto Pennisi, magistrato della DNA esperto di crimini ambientali, che in passato ha dichiarato:
“Le imprese che trattano rifiuti hanno interesse ad acquisirne il più possibile, perché più acquisiscono, più aumentano gli introiti”.
“Ma poiché la normativa ambientale – sottolinea sempre Claudia Mannino – prevede la necessità di trattamento, e dunque costi, per evitare di toccare questi rifiuti tante volte arriva il benedetto fuoco. Quello che brucia va in fumo e il fumo non si tocca più. Anche i casi di autocombustione, per Pennisi, possono essere un segnale di una gestione illegale, in cui sono stati messi in discarica o stoccati rifiuti che non avrebbero dovuto essere collocati in quei luoghi”.
“Questi incendi – scrive sempre la parlamentare nazionale – producono alti valori di diossine e di altri composti altamente inquinanti, pericolosi per la salute dei cittadini, indipendentemente dai valori di concentrazione nell’aria. Esiste poi tutta una serie di piccoli roghi di rifiuti e discariche abusive, che ogni giorno, soprattutto nel Centro e nel Sud d’Italia, devastano il territorio e compromettono la qualità dell’aria, tanto da convincere il sindaco di Ercolano a chiedere l’intervento dell’Esercito per arginare il fenomeno. Si tratta di un business che riscontra forti interessi da parte della criminalità organizzata”.
“Con un’interrogazione con richiesta di risposta scritta – prosegue Claudia Mannino – ho dunque chiesto al Ministro dell’ambiente, Gian Luca Galletti, quali iniziative intenda intraprendere affinché questa vera e propria escalation di incendi si fermi, e se ritenga opportuno un intervento legislativo affinché l’uso della video sorveglianza nei luoghi dove si svolgono attività di trattamento, di stoccaggio o recupero dei rifiuti diventi obbligatorio per quelle aziende che richiedono una nuova autorizzazione, ovvero un rinnovo. Le tecnologie oggi possono infatti prevenire questi rischi sanitari ed ambientali, ad esempio con le termocamere ad infrarossi, atte alla prevenzione e al rilevamento degli incendi”.
“Il fatto che nessun esecutivo sia intervenuto nonostante l’emergenza esista da anni è inaccettabile – conclude la parlamentare nazionale – la tutela della qualità dell’aria deve essere una priorità e il sistema della gestione rifiuti necessita di essere ripensato, a cominciare dall’eccesivo utilizzo di discariche. Non fare niente per fermare questi roghi tossici vuol dire essere corresponsabili dell’inquinamento atmosferico e dei conseguenti gravi danni per la salute dei cittadini”.
Interessante anche il passaggio “sull’eccessivo utilizzo di discariche”. In Sicilia c’è un sistema di potere che ha puntato sulle discariche. Gestite, in molti casi, da soggetti privati. Un sistema molto potente, che riesce a condizionare le scelte dei Governi regionali.
La Sicilia, negli anni passati, con il ricorso ad affidamenti diretti (cioè senza evidenza pubblica, in forza della gestione commissariale dei rifiuti), ha appaltato lavori – per centinaia e centinaia di milioni di euro – per la realizzazione di impianti di compostaggio, ovvero per impianti legati alla raccolta differenziata dei rifiuti.
Ma di questi impianti si sa poco o nulla. O meglio, si sa che i soldi sono spariti, mentre delle opere finite si sa, per l’appunto, poco o nulla.
Si sa, ad esempio, che, qualche anno fa, uno di questi centri di compostaggio realizzato a Castelvetrano, in provincia di Trapani, nel nome dell’emergenza, è stato trasformato in una discarica.
E si sa anche – e questa è notizia di un mese fa – che uno dei più importanti centri per la raccolta differenziata dei rifiuti è andato a fuoco. Si tratta dell’impianto di Grammichele, in provincia di Catania. Un impianto che aveva cominciato una quasi rivoluzione in materia di rifiuti, in una provincia nella quale gli affari, in questo settore, sono andati di pari passo con le discariche, tra le proteste di migliaia di cittadini.
Cosa vogliamo dire? Che, alla fine, questi incendi, oltre a favorire chi, grazie al fuoco, risparmia sui trattamenti, favorisce anche ‘I signori’ delle discariche’, che in Sicilia sono ancora forti, potenti e prepotenti.
Interessante un commento su facebook di Salvo Cocina, ingegnere, dirigente regionale a capo di un ufficio molto importante che sta provando, tra mille difficoltà, a far decollare in Sicilia raccolta dei rifiuti:
“C’e davvero in atto una strategia contro la recente crescita della differenziata in Sicilia? Amministratori, tecnici, Comuni e Regione, associazioni… stiamo dando davvero fastidio mettendo in discussione interessi intoccabili? Oggi incendio impianto di Alcamo, mese scorso incendio impianto compostaggio di Grammichele e piattaforma Pieco a Patti, chiusura impianti di compostaggio di Ramacca e Joppolo, chiusura piattaforma di Messina-Pace, campagna di stampa contro ‘plastica, carta e vetro raccolto separatamente sono mischiate e vanno in discarica’. Per finire coincidenza con sentenza del TAR a favore della discarica di Motta!”.
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In questo articolo sull'incendio di Alcamo purtroppo è andato bruciato ancora di più che in quello stabilimento.
Intendo il ragionamento logico, che è sceso sotto il livello dei parenti dei malati di Ebola nella Sierra Leone, che hanno linciato i medici.
Intendo l'occasione per "i Vespri" di documentarsi e di documentare i lettori (servivano ventiquattr'ore di riflessione).
Intendo l'occasione di dimostrare qual'è la differenza fra una vera agenzia di stampa e l'ufficio propaganda di un gruppo politico ambizioso e spregiudicato.
E anche (nelle persone intervistate) il senso di responsabilità.
Da un'opinione pubblica sospettosa per principio, eccitata, superstiziosa, nessuno ha niente da guadagnare.
Nè la stampa che si crede "di inchiesta", nè gli accademici vanitosi, nè gli uomini e le donne in politica: che domani saranno scavalcati da altri, che riescono ad eccitare la piazza più furiosamente di loro.
Esiste una fonte relativa a questa notizia "solo negli ultimi 30 giorni sono andati in fiamme ben 22 impianti."
la raccolta e il trattamento dei rifiuti deve essere un servizio publico gestito dai servizi publici, i privati devono astenersi ........
Siamo senza speranze. . . Povera Sicilia. ......povera Italia. ....
@Stefano:
Tra le tante velletarie teorie esposte nell'articolo, spesso anche in contrasto tra di loro, non si può iootizzare anche l'interesse delle municipalizzate verso la tua soluzione? ... municipalizzate ultimamente sotto la lente di ingrandimento ...?
Meditate gente .... meditate!!