La stessa ‘feccia’ di mercenari piemontesi e ungheresi, già tra i protagonisti della squallida sceneggiata passata alla storia come ‘impresa dei mille’, replicò il pomeriggio del 30 luglio 1861 ad Auletta, piccolo centro in provincia di Salerno, dove gli abitanti si erano ribellati ai piemontesi, che si comportavano da predoni. I ribelli volevano tornare al Regno delle Due Sicilie. Puntuale arrivò la repressione con oltre cento morti ad opera degli assassini piemontesi e ungheresi
Facendo giustizia di una damnatio memoria cui ci ha condannato, da 156 anni a questa parte, la storiografia ufficiale e di maniera, molto spesso abbiamo ricordato episodi e avvenimenti caratterizzati da eccidi, stragi e saccheggi di cui furono vittime agli albori dell’Unità d’Italia, ad opera dei piemontesi, le popolazioni meridionali e la Sicilia.
Per quanto riguarda la Sicilia abbiamo riportato in passato in diversi articoli l’eccidio di Bronte (ne abbiamo parato qui) i moti di Biancavilla, di Alacara li Fusi (li abbiamo ricordati in questo articolo sullo scrittore siciliani, Vincenzo Consolo), i moti di Castellammare del golfo (La rivolta dei Cutrara, che abbiamo raccontato in questo articolo dove rirodiamo Alnega, la bimba di nove anni fatta fucilare dai militari dei Savoia) l’eccidio di Fantina (ne abbiamo parlato qui), la rivolta palermitana del 1866 altrimenti detta ‘La rivolta del sette e mezzo’ (qui il nostro articolo) con migliaia e migliaia di vittime innocenti.
Nel resto del Sud la distruzione di paesi come Pontelandolfo e Casalduni, in provincia di Benevento, interamente rasi al suolo e tutti i loro abitanti uccisi e massacrati senza pietà. Ed ancora la distruzione ed i saccheggi di paesi come San Marco in Lamis ( Foggia), Vieste (Foggia), Cotronei (Catanzaro), Spinelli, Montefalcione (Benevento), Rignano Garganico (Foggia), Vico (Foggia), Palma (Napoli), Barile (Potenza), Lavello (Potenza), Campochiaro (Campobasso), Guardiaregia (Campobasso), Ruvo del Monte, Campolattaro (Benevento) e molti altri.
Orribili crimini e stragi in nome dell’Unità d’Italia al punto che viene legittimamente da chiedersi perché puntualmente si ricordano, come è giusto fare, le stragi di Marzabotto, di Sant’Angelo di Stazzema e delle Fosse Ardetatine e altrettanto puntualmente si ignorano questi eccidi compiuti dall’esercito italo-piemontese a danno delle popolazioni meridionali e che per criminalità, barbarie e crudeltà non ebbero nulla da invidiare, anzi superarono, quelli che, poco più di ottantanni dopo saranno consumati in Italia dai nazisti.
Crimini dimenticati e sacrificati sull’altare di un patriottismo risorgimentalista intriso di menzogne, falsità ed ipocrisie. Ed in questo contesto che va ricordata la strage di Auletta che avvenne, nell’estate del 1861, a poco più di quattro mesi dalla proclamazione dell’Unità d’Italia. Una strage dimenticata e, come tante altre, mai riportata dai libri di storia.
Il pomeriggio del 28 Luglio del 1861 nel piccolo centro di Auletta, un paese in provincia di Salerno, sulle rive del Tanagro, si erano radunati, accolti festosamente dalla popolazione locale, un elevato numero di rivoltosi costituiti da contadini, da soldati del disciolto esercito borbonico, da legittimisti e da gente delusa che non aveva mai creduto alle promesse dei conquistatori garibaldini prima e dei piemontesi poi. Concentratisi davanti il palazzo comunale, dopo avere rimosso e bruciato i ritratti di Vittorio Emanuele II e di Garibaldi, innalzarono la bandiera del Regno delle Due Sicilie, mentre le campane della chiesa suonavano a distesa invitando i cittadini alla rivolta.
All’inizio la sommossa ebbe successo ed i pochi carabinieri ed i militi della guardia nazionale di stanza nel vicino centro di Petrosa, subito intervenuti, furono costretti alla fuga. I rinforzi regi, affiancati da una feroce squadra di mercenari ungheresi per sedare la rivolta, non si fecero attendere e giunsero numerosissimi ad Auletta la mattina del 30 luglio. Mentre i ribelli erano fuggiti dal paese iniziò, da parte dei Bersaglieri e dei mercenari ungheresi (quelli stessi ungheresi che avevano affiancato Garibaldi nella spedizione in Sicilia), una spietata caccia all’uomo sui cittadini inermi.
Il paese viene messo a ferro e a fuoco. Un vero e proprio eccidio con i mercenari ungheresi più di tutti protagonisti e scatenati in saccheggi stupri e massacri che assolsero impietosamente al lavoro sporco cui erano stati preposti.
I mercenari ungheresi che, come dicevamo prima, erano stati assieme a polacchi, russi, americani ed avventurieri (altro che patrioti) al soldo di Garibaldi nella “gloriosa” impresa dei mille. Mercenari ungheresi al soldo di Garibaldi prima e dei Savoia poi.
Ma tornando alla strage di Auletta, quel tragico 30 luglio del 1861 la violenza e la barbarie delle regie truppe sabaude e degli ungheresi non si rivolse solamente sugli inermi cittadini uomini, donne e bambini, del piccolo centro del salernitano, ma anche sui luoghi di culto e sui preti rei di avere fiancheggiato la rivolta.
Numerosi religiosi furono massacrati di botte e taluni costretti ad inginocchiarsi davanti al tricolore. Uno di questi, il parroco settantenne Giuseppe Pucciarelli, che non volle sottostare a tale umiliante posizione mentre, facendo appello alla dignità del suo ruolo, tentava di rialzarsi veniva massacrato ed ucciso da un sergente dei bersaglieri a colpi di calcio di fucile alla testa.
Il bilancio finale del massacro di quel tragico giorno fu di circa cento morti tra la popolazione civile e più di duecento abitanti di Auletta arrestati e deportati nel carcere di Salerno con l’accusa di rivolta e cospirazione.
A più di 145 anni di quegli avvenimenti nella piazza del paese posta da una locale Associazione culturale campeggia oggi una lapide che così recita:
“Auletta 30 luglio 1861-145° anniversario-La strage di Auletta- morirono da eroi dimenticati dalla storia- 30 luglio 2006”.
Questa è un’altra disonorevole e sconosciuta pagina che puntualmente viene ignorata dagli agiografi di regime e che ci deve far riflettere ogni qual volta vediamo il tricolore intriso del sangue di quegli innocenti innalzarsi sui pennoni della nostra storia e che, ancor di più, ci deve far riflettere per come sulla pelle dei meridionali si è realizzata questa mala Unità d’Italia. Una pagina del libro nero della nostra storia sulla quale ancor oggi si stende un pietoso velo e un criminale e connivente silenzio da parte della storiografia ufficiale e di regime.
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Questa riscoperta della nostra storia non fa altro che aumentare la rabbia verso i Borbone in quanto l'Unità d'Italia la potevano portare a termine loro,ma tant'è a loro piaceva passare il tempo appresso alle sottane ed il loro regno andava in malora.Alla fine il Sud ha dovuto subire il colonialismo dei piemontesi ed ereditato una mentalità " BORBONICA ".