Sembrava che il fuoco che quest’anno ha distrutto mezza Sicilia avrebbe risparmiato la Riserva naturale dello Zingaro, l’area verde che si distende tra Castellammare e San Vito Lo Capo. Invece, ieri, le fiamme hanno fatto la comparsa, per l’ennesima volta, in questo tratto di costa. Con il professore Silvano Riggio ripercorriamo la tormentata storia di questa Riserva che deve fare spesso i conti con le fiamme
Lo Zingaro è la prima Riserva naturale istituita in Sicilia nel 1980. Si estende per circa 7 km per una superficie di circa mille e 700 ettari. Ricade in parte nel Comune di San Vito Lo Capo e in parte nel Comune di Castellammare del Golfo. Da quando è stata istituita, questa Riserva è stata più volte colpita dagli incendi. Quest’anno sembrava miracolosamente sfuggita alle fiamme che nelle scorse settimane hanno devastato mezza Sicilia. Invece, ieri, il fuoco ha fatto la sua comparsa, per l’ennesima volta, nella Riserva dello Zingaro.
Immediato l’intervento dei Vigili del fuoco, degli operai del servizio antincendio della Forestale e di due Canadair. Un operaio della Forestale è rimasto ustionato ed è stato trasportato in ospedale.
Lo Zingaro, sin dagli anni ’70 del secolo passato, fa gola a chi avrebbe voluto trasformare questo tratto di costa in una sommatoria informe di ville e ‘villazze’ in riva al mare. Nel 1976 erano già iniziati i lavori per realizzare una strada litoranea per collegare Scopello a San Vito Lo Capo. Nel maggio di quell’anno gli ambientalisti diedero vita a una grande manifestazione di protesta contro la ‘cementificazione’ di questo angolo di Sicilia.
La protesta sortì gli effetti sperati. La politica siciliana dell’epoca recepì il messaggio. Su input del Governo regionale dell’epoca intervenne l’Azienda Foreste Demaniali della Regione siciliana che espropriò tale area. In quegli anni l’Azienda Foreste acquisiva al demanio molte aree della nostra Isola per rimboschirle e, in generale, per tutelarle.
La battaglia di tutela dello Zingaro cambiò il corso della storia dell’ambiente in Sicilia. Nel 1978 l’allora presidente della Regione, Piersanti Mattarella, si intestò la battaglia per una grande legge di riforma urbanistica che, tra le tante innovazioni, ne conteneva una che speculatori e mafiosi non hanno mai ‘digerito’: la drastica riduzione dell’attività edificatoria nel verde pubblico.
C’è chi ha sempre sostenuto che nel delitto Mattarella (la famiglia Mattarella è originaria di Castellammare del Golfo) ci sarebbe anche un filone trapanese. Forse legato a interessi che l’allora presidente della Regione avrebbe colpito con la sua azione amministrativa di contrasto alla mafia e alla mentalità mafiosa. La tutela dell’ambiente operata da Piersanti Mattarella non piaceva a mafiosi e speculatori.
Grazie alla sensibilità degli ambientalisti – e grazie alla legge di riforma urbanistica proposta dal Governo Mattarella e approvata dall’Assemblea regionale siciliana nel dicembre del 1978 (si tratta della legge regionale n. 71 del 1978, in buona parte tutt’ora in vigore) – il Parlamento siciliano, con la legge regionale n. 98 del 1981, istituì la già citata Riserva naturale orientata dello Zingaro.
Dopo lo Zingaro, negli anni successivi, verranno istituite altre Riserve naturali e i Parchi naturali. Oggi, tra Riserve, Parchi, Siti d’Interesse Comunitario (SIC) e Zone di Protezione Speciale (ZPS), oltre il 20% del territorio della Sicilia è protetto. Ma non dagli incendi che, quest’anno, hanno provocato danni ingenti.
Non è difficile capire che il fuoco potrebbe essere legato a chi ha interessi a speculare su aree della Sicilia che, oggi, non possono essere oggetto di ‘cementificazioni’.
Ma la pressione sul territorio c’è: ci sono casi di multinazionali e di società estere che pressano per privatizzare ‘pezzi’ di Sicilia.
Anche sullo Zingaro non sono mancate le pressioni. E le storie particolari.
Noi siamo tornati a fare quattro chiacchiere con il professore di ecologia all’università di Palermo, Silvano Riggio che ci ha già esposto le sue idee a proposito degli incendi in Sicilia (qui la sua intervista).
L’intervista al professore Riggio è stata molto letta e commentata. Riggio ha vissuto il periodo in cui è stata istituita la Riserva dello Zingaro: e di questa vicenda conosce uomini e cose.
Professore Riggio, sono stati tanti gli incendi che, nel corso degli anni, hanno colpito la Riserva dello Zingaro.
“Un’infinità. Anche se negli ultimi tempi gli incendiari si erano un po’ calmati. Ricordo che con la gestione di Valeria Restuccia gli incendi allo Zingaro erano quasi scomparsi. Poi questa valente funzionaria dell’Azienda Foreste è stata trasferita prima nella Riserva di Capo Gallo e poi negli uffici”.
Perché tanti incendi alla Zingaro?
“Lì la storia è un po’ complicata. Come nella gestione di tutte le aree verdi bisogna essere diplomatici. Evitando attriti con chi vive in questi luoghi”.
Lei, quest’anno, di fronte a una pluralità di incendi che ha colpito mezza Sicilia, ha parlato di strategia terroristica da parte di chi ricorre al fuoco.
“Sì, e lo ribadisco. Alcuni hanno seguito il filo del mio ragionamento, altri – a giudicare dai commenti che ho letto – mi hanno criticato. Qualcuno ha detto anche che sarei una testa di… Pazienza. Sono intelligenti loro. La verità è che la parola terrorismo, in alcuni, li porta a riflettere sulle Brigate Rosse, pensando al passato, o all’ISIS, pensando al presente. La strategia terroristica utilizzata da chi utilizza il fuoco, invece, è qualcosa di diverso”
Cioè?
“Il fuoco è un linguaggio. Un messaggio rovinoso per i delicati equilibri dell’ambiente. Sono persone che si pongono contro le istituzioni. In genere, sono soggetti di livello culturale basso che pensano di poter fare quello che vogliono, al di fuori della legge. E’ una forma di protesta che non viene allo scoperto, ma che si manifesta con il fuoco”.
Ma chi potrebbero essere i soggetti interessati al ‘linguaggio del fuoco’?
“Non è semplice. Un tempo si pensava ai pastori, a screzi tra gli operai della forestale e gli abitanti di questi luoghi. Agli stessi operai della Forestale rimasti senza lavoro. E poi c’è anche la politica”.
In che senso?
“Penso a una certa politica e a una certa burocrazia che si sostengono a vicenda”.
E la mafia?
“Qui il discorso si complica ulteriormente”.
Perché?
“Stando ai miei ricordi di fine anni ’70, primi anni ’80 del secolo passato, sembrava che la mafia fosse favorevole all’istituzione della Riserva dello Zingaro”.
Favorevole?
“Sì, favorevole. Allora si parlava della famiglia dei Minore. Che non gradiva la confusione in un’area che è sempre stata tranquilla e, soprattutto, ideale per i traffici illegali”.
Anche oggi è così?
“Non è detto. Oggi la Riserva dello Zingaro è meta di tanti turisti. Il fuoco potrebbe servire per allontanare i turisti”.
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