A criticare la scelta dei magistrati – il Presidente della seconda sezione penale, Benedetto Giaimo, e la PM, Amelia Luise – è l’Associazione Antimafie Rita Atria, che esprime “sconcerto” e parla di scelta che “lede la libertà di stampa e nega ai cittadini il diritto di conoscere o almeno di ascoltare tutte le fasi del processo”. Il processo, che si è aperto ieri, è stato rinviato al 20 settembre
Ieri si è aperto il processo al giornalista, Pino Maniaci, il direttore di TeleJato che, con le sue inchieste, ha fatto venire fuori le magagne nella gestione della sezione per le misure di prevenzione del Tribunale di Palermo (gestione Silvana Saguto).
Il caso (o il fato?) ha voluto che ieri, 19 luglio 2017, giorno della commemorazione della strage di via D’Amelio, si sia aperto anche il processo a carico del giornalista, Pino Maniaci, il direttore di TeleJato che, con le sue inchieste, ha messo a nudo le magagne della Sezione per le misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, presieduta da Silvana Saguto. Processo che si è aperto con una notizia che lascia basiti: il divieto per le riprese audio e video!
Duro il commento dell’Associazione Antimafie, Rita Adria:
“Il nostro 19 luglio – si legge nel comunicato diffuso dall’Associazione Antimafie Rita Adria – è iniziato in Tribunale al processo Maniaci. Come Associazione Antimafie Rita Atria che ha supportato in passato, così come altre realtà, l’azione di Telejato e del suo direttore Pino Manici, esserci significava voler andare fino in fondo, senza delegare, poiché a noi non piace affidarci all’opinione altrui, ma cercare la verità leggendo e studiando direttamente le carte. Tutte”.
“Questo che è un processo così importante che ha fatto parlare tutta l’Italia – si legge sempre nel comunicato – uscendo anche dai confini nazionali, diventa improvvisamente per il Presidente della seconda sezione penale, Benedetto Giaimo e per la PM Dott.ssa Amelia Luise, un processo che ‘non ha interesse sociale’, quindi non vengono ammesse radio storiche come Radio Radicale e le televisioni”.
“Abbiamo avuto sempre rispetto per le decisioni della magistratura quando queste sono ben articolate e motivate – leggiamo sempre nel comunicato – ma questa volta desideriamo (senza entrare nel merito dei capi di imputazione) esprimere il nostro sconcerto per una scelta che contraddice le motivazioni che hanno, invece, spinto la Procura della Repubblica a fare una conferenza stampa il 4 maggio 2016 proprio sulle indagini che oggi hanno portato al processo Maniaci. Un processo che per noi doveva essere stralciato da quello degli altri imputati… ma questa è un’altra storia”.
“Vorremmo, in tal senso, fare notare, specialmente alla Dott.ssa Amelia Luise – si legge sempre nel comunicato – che la sua posizione, oggi, è quantomeno incoerente se si pensa alla sua presenza a quella conferenza stampa e considerato che il senso di una conferenza stampa è sempre quello di informare l’opinione pubblica riconoscendone l’ ‘interesse sociale’. Interesse sociale che, sul caso Maniaci, a noi sembra lapalissiano, non solo perché giornalista, non solo perché direttore di una TV, ma perché quella Televisione ha una natura ‘comunitaria’ e in quella televisione sono passate centinaia di anime sociali (giovani e meno giovani)”.
“No, Dott.ssa Amelia Luise e Dott. Giaimo, non potete oggi dichiarare che il processo Maniaci non è di ‘interesse sociale’ perché questa scelta, oltre che ledere la libertà di stampa, nega ai cittadini il diritto di conoscere o almeno di ascoltare tutte le fasi del processo. Noi ci saremo comunque, ma auspichiamo che il 20 settembre (data della prossima udienza) non si neghi l’accesso alla stampa. Se così fosse per noi tutti sarebbe un brutto segnale e una pagina nera non solo per questo Paese, ma anche per la libertà di informazione e per la Magistratura”.
Ricordiamo che anche l’Unione dei cronisti, l’Ordine dei giornalisti e l’Assostampa si sono schierati contro questa decisione:
“Dispiace prendere atto di questa censura”, ha detto il presidente regionale dell’Unci, Andrea Tuttoilmondo, commentando il no a Radio Radicale. “Per la rilevanza sociale di chi è coinvolto, consentire la registrazione di questo processo significa contribuire a realizzare pienamente quella missione di pubblico servizio che guida lo spirito di chiunque faccia informazione seria e con coscienza”.
In una nota congiunta l’ Odg Sicilia e l’Assostampa hanno parlato di scelta non condivisibile:
“Tralasciando il carattere tecnico-giuridico del provvedimento , che in sé lascia molti dubbi anche ai profani, non si comprende come la richiesta non susciti “il consenso unanime delle parti” se il dibattimento non è ancora cominciato. Soprattutto, poi, non si capisce- continuano Riccardo Arena, presidente dell’Odg e Alberto Cicero dell’Assostampa- come si possa sostenere che non ricorra “alcun interesse sociale particolarmente rilevante alla conoscenza” di un dibattimento in cui è imputato, fra gli altri, un giornalista ritenuto particolarmente impegnato nell’antimafia, accusato di estorsione nei confronti di amministratori pubblici, che sarebbero stati ricattati con la minaccia di pubblicare notizie e servizi televisivi sfavorevoli nei loro confronti”
E ancora: “Negare l’importanza e la rilevanza sociale e pubblica della documentazione di un processo del genere è a nostro avviso veramente arduo: sta al tribunale, semmai, contemperare l’innegabile interesse pubblico per questa parte del giudizio con le esigenze delle altre parti e degli altri imputati che sono estranei alle contestazioni mosse a Maniaci. Quanto al collega imputato, non riteniamo che egli intenda non far conoscere ciò che avviene nel processo a suo carico: è anzi suo interesse che si sappia come sono andate veramente le cose. Invitiamo dunque il tribunale a rivalutare la questione alla prima udienza, interpellando in particolare Maniaci e stabilendo forme e misure che possano consentire, ad esempio, la registrazione delle udienze e degli atti dibattimentali che coinvolgono la posizione del giornalista pubblicista ed escludendo gli atti non inerenti questo contesto”.