Il 5 Luglio del 1950, esattamente 67 anni fa, moriva, in circostanze misteriose, Salvatore Giuliano. Ma non tutti sono ancora oggi convinti che Giuliano sia stato ammazzato. Da sempre si parla di un sosia ucciso al suo posto. La riesumazione del cadavere, nel 2010, non ha sciolto tutti i dubbi. E c’è la testimonianza di un personaggio quasi centenario che a Castelvetrano, in punto di morte, raccontò che…
Il 5 Luglio del 1950, esattamente 67 anni fa, moriva Salvatore Giuliano. Una morte avvolta da mille misteri. Chi lo uccise e dove fu ucciso ? Gaspare Pisciotta a Castelvetrano o, come si dice, Luciano Liggio in un summit di mafia a Villa Carolina, nei pressi di Monreale? Ed ancora: la messa in scena della sua morte da parte dei carabinieri del colonnello Luca e del capitano Parenze, nel cortile Di Maria, a Castelvetrano, quando tutto dimostra che era stato ucciso in un altro luogo e non nel cortile.
Misteri ed ancora misteri, complicità e protezioni politiche ed istituzionali che hanno caratterizzato sino alla sua morte la vita del ‘Re di Montelepre’. Ma poi, in effetti, la messa in scena da parte dei carabinieri, scoperta allora dal giornalista Tommaso Besozzi che il 15 Luglio del 1950 così titolava sull’Europeo: “Di sicuro c’è che morto”, mettendo a nudo appunto gli aloni di misteri della morte di Giuliano e ponendo i legittimi interrogativi dove appunto era stato ucciso e chi l’avesse ucciso.
Di recente, poi, il mistero della morte di Salvatore Giuliano s’è arricchito di un nuovo tassello che ha dell’incredibile. Ossia che quel cadavere che, il 5 Luglio del 1950, massacrato di colpi, giaceva a terra nell’assolato cortile Di Maria non fosse quello di Giuliano, ma di un suo sosia. Questa la tesi dello storico Giuseppe Casarubea, recentemente scomparso, che era fermamente convinto che al posto di Giuliano era stato ucciso un sosia per consentire al vero Giuliano di fuggire ed espatriare negli Stati Uniti con i suoi compromettenti segreti che coinvolgevano forze politiche ed istituzioni.
Una tesi, quella di Casarrubea, se pur assurda che, in seguito alla denunzia dello stesso storico è stata, come atto dovuto, raccolta, nel 2010, dall’allora procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, e dai PM Marcello Viola e Lia Salvia.
“La riesumazione – spiegò allora il procuratore Ingroia – è una scelta obbligata. Anche se noi continuiamo a dire che andiamo con i piedi di piombo, prima di fare ipotesi bisogna aspettare le analisi”.
E le analisi, ossia il riscontro del DNA effettuato su Giuseppe Sciortino, nipote di Giuliano e comparato con quello del cadavere riesumato del re di Montelepre portarono all’archiviazione dell’inchiesta, arrivando alla conclusione che i due DNA, appunto con qualche riserva, erano al 90% compatibili.
Un margine di dubbio che è rimasto e si è accresciuto quando Gregorio Di Maria, soprannominato “l’avvocaticchio”, l’uomo che aveva ospitato per lungo tempo Giuliano nella sua casa di Castelvetrano ed a conoscenza dei suoi segreti, in punto di morte, e non si vede perché in tal frangente avrebbe dovuto mentire, all’età di 98 anni, all’ospedale di Castelvetrano, ebbe a confessare a due infermieri che lo assistevano, quasi a volersi liberare di un peso che lo aveva angosciato per tutta la sua vita, che quello che era stato ucciso e depositato, dai carabinieri, nel cortile della sua casa non era Salvatore Giuliano, ma bensì un suo sosia.
Quindi, volendo prestar fede allo storico Giuseppe Casarubea prima e alle affermazioni dello’”avvocaticchio” Gregorio De Maria poi, e per dirla con Tommaso Besozzi ed estremizzando ancor più il suo concetto “Di sicuro che in quel lontano Luglio del 1950 nel cortile di Maria c’era un cadavere”, ma non si sa bene se di Salvatore Giuliano o di un suo sosia.
Ancora: ad avvalorare l’ipotesi di uno scambio tra Giuliano e il suo sosia vi è l’autopsia che, a suo tempo, il professore Ideale del Carpio compì, quasi a lavarsene le mani, in maniera approssimativa, raffazzonata e sbrigativa il 6 luglio nel cimitero di Castelvetrano sul cadavere che il giorno prima giaceva crivellato di colpi all’interno del cortile Di Maria. Un esame autoptico del quale se ne perse in seguito anche traccia.
L’unica cosa certa, a questo punto, è che ancora, a distanza di quasi 70 anni, i misteri della morte di Salvatore Giuliano ed ancor più della strage di Portella della Ginestra sono ancora avvolte nel mistero più fitto e scandaloso. Come scandaloso è il fatto, per non fare scoprire verità scomode e compromettenti per la politica e per le istituzioni, che allora fu apposto il Segreto di Stato che doveva essere rimosso lo scorso anno nel 2016.
E’ passato un anno da quella scadenza, ma il segreto di Stato sulla strage di Portella e sulla misteriosa morte di Salvatore Giuliano, con la colpevole complicità dello Stato, ancora una volta, come capita troppo spesso, non è stato rimosso, mentre le vittime di quella orrenda strage – con riferimento, sempre, alla strage di Portella della Ginestra – aspettano ancora giustizia ed i loro discendenti e il popolo siciliano attendono di sapere la verità e di conoscere i nomi dei mandanti e dei complici della prima delle tante stragi di Stato della Italia repubblicana.
Foto tratta da cineblog.it
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