Sono passati 37 anni da quel tragico giorno. L’apertura degli archivi aveva suscitato la speranza di sapere qualcosa in più. Non è così, come dice la presidente dell’associazione delle vittime, Daria Bonfietti
Quello che è successo il 27 Giugno del 1980, dopo un ventennio di indagini complicatissime e inquinatissime, lo ha detto il giudice Rosario Priore nel 1999: il DC9 – partito da Bologna e diretto a Palermo- è stato abbattuto durante un episodio di guerra aerea che si stava combattendo nei cieli del Mediterraneo.
A 37 anni da quella strage che ha causato 81 morti, la verità, però, resta ancora parziale. Non sappiamo con certezza quale fosse il contesto, chi voleva sparare a chi. Quello che è certo è che quella notte “c’erano moltissimi aerei nei cieli dell’Italia meridionale e di diverse nazionalità”.
Misteri che continuano e che, con ogni probabilità, non saranno mai svelati. Nemmeno la desecretazione dei documenti sulle stragi voluta dal governo Renzi è servita a qualcosa. Una delusione per i familiari delle vittime:
“All’inizio abbiamo avuto pazienza. – dice Daria Bonfietti, presidente dell’Associazione Familiari delle Vittime della Strage di Ustica in una intervista pubblicata oggi da Vanity fair- Sapevamo che poteva esserci difficoltà a reperire i materiali e che i nuovi addetti potevamo non sapere dove fossero le cose. Gli abbiamo insegnato dove dovevano cercare. Dopo tre anni ci siamo stancati: non hanno niente di coevo alla strage di Ustica. Quella notte è assente nelle carte dell’amministrazione pubblica”.
“Certo, quello che è successo è quello che ci ha consegnato la magistratura nel 1999, quella del giudice Priore. Il DC9 è stato abbattuto all’interno di un episodio di guerra aerea. Però chi aveva intelligenza, consapevolezza e coscienza di quanto accaduto ha fatto il possibile per distruggere tutta la documentazione possibile. Dai tracciati radar mancano piccoli pezzi: dalle 8 alle 8 e 15 a Poggio Renatico, dalle 8 e 20 alle 8 e 40 a Grosseto.
Priore- aggiunge Boffietti- ha provato anche che in cielo in quel momento c’erano altri aerei di altre nazionalità. Glielo ha confermato la Nato. Erano presenti aerei francesi, americani, belgi, inglesi e forse libici, ma avevano questi la targa spenta. Io non so chi voleva sparare a chi. Questo lo deve scrivere ancora la magistratura se ci riesce, se ha altri elementi, ma non credo. Altrimenti la politica”.
Insomma, mancano ancora gli autori. E manca, soprattutto, un impegno del Governo italiano a chiedere ai Paesi coinvolti cosa ci facessero quella notte nei cieli italiani. Sempre ammesso che non lo sappia già. Cosa probabile a giudicare dal segreto ancora imposto ad alcuni documenti militari.
Lo ha ricordato, l’anno scorso, l’associazione antimafie Rita Atria:
“C’è ancora il segreto di Militare sulla documentazione inerente all’esercitazione militare che si svolse con l’Awacs, i caccia militari di Grosseto e Cameri, il Pd 808, ll C47 , il Mig inoffensivo.
-Non esistono o non sono consultabili o sono secretati i verbali di distruzione dei volumi con le strip dei piano di volo e progresso volo dei voli di Cameri , Grosseto, Pisa, Pratica di Mare, Licola e Marsala.
– Non sono consultabili i registri della R.i.v di Roma, la maggior parte dei registri e della documentazione radaristica nelle basi aeree militari italiane di Cameri, Grosseto, Pisa, Pratica di Mare, Licola e Marsala, i libretti di volo di chi partecipò all’esercitazione militare: l’Awacs Usa, i caccia di Grosseto e Cameri, il Pd 808 , il C47 e la documentazione del pilota del Mig”.
Morale: la documentazione non è stata resa interamente pubblica. Un po’ di propaganda, niente più.
L’Associazione per la verità su Ustica, di cui è presidente onoraria Giuliana Cavazza,figlia di una delle vittime, non si arrende:
“Vogliamo che gli appelli a far luce su quanto accadde quella notte non restino facile retorica, ma si traducano in risultati concreti ed evitino di delegittimare i risultati consolidati nei giudizi penali di ogni ordine e grado”.
“Di recente abbiamo appurato che l’Italia non ha mai presentato all’Icao, l’agenzia dell’Onu che sovrintende all’aviazione civile mondiale, il rapporto finale sulle cause della distruzione del DC-9. Si tratta di un atto richiesto dalle convenzioni internazionali, che vede l’Italia inadempiente. Più che chiedere di conoscere a chi spetti colmare la lacuna e perchéa cio’ non si sia provveduto, riteniamo necessario sottolineare la necessita’ di fare chiarezza su un evento cosi’ drammatico”.
E, oggi, va da sé, non mancheranno le dichiarazioni di rito.
C’è già quella del Presidente della Repubblica: “La data del 27 giugno, ricorrenza della strage di Ustica, resta impressa nella coscienza del Paese come un evento tragico e come una ferita sempre aperta, per le vite spezzate, per le indicibili sofferenze dei familiari, e per il vulnus alla sensibilità civile e democratica del nostro popolo” dice Sergio Mattarella. E poi rivolgendosi a chi chiede giustizia, aggiunge:
Altri passi potranno essere compiuti, nella auspicabile collaborazione con istituzioni di paesi amici affinché la memoria di quanto avvenuto nel cielo di Ustica rafforzi la solidarietà e la speranza di quanti operano per il trionfo delle ragioni dello stato di diritto”.
Al momento, dunque, restano solo le ipotesi e la certezza che senza la collaborazione di “paesi amici” non si faranno passi avanti.
La teoria più accreditata resta quella della caccia al Mig libico poi ritrovato sulle montagne calabresi. Ma chi lo cacciava? Americani? Francesi?
Una ipotesi originale è quella del giornalista Claudio Gatti, che nel 1994 firma con la collega Gail Hammer, il libro edito da Rizzoli, “Il Quinto Scenario”. Ipotesi che il giornalista ha sostenuto ancora di recente: il DC9 dell’Itavia sarebbe finito nella rotta di un caccia israeliano che avrebbe scambiato il velivolo italiano per un aereo francese carico di uranio per il dittatore iracheno Saddam Hussein. Solo una potenza come quella israealiana, secondo Gatti, sarebbe stata in grado di garantire una “riservatezza” così impenetrabile.
Scartati i primi quattro scenari (Italia, Usa, Francia e Libia) Gatti arriva al quinto attraverso una inchiesta dettagliata basata su una grande quantità di documenti.
Qual è la verità?
Come tante altre stragi, forse, non si saprà mai.