Renzi, il PD, Leoluca Orlando e Rosario Crocetta hanno sperimentato un nuovo ‘modello’: facendo aumentare la povertà e la disperazione sociale a votare vanno, in maggioranza, solo i rappresentanti del voto organizzato, cioè gli elettori che votano per lo stesso sistema politico che produce sottosviluppo e disperazione. E’ questo il ‘modello’ che proporranno per le regionali di novembre. Che fare per combatterlo?
Alla fine, conti alla mano, Leoluca Orlando, sul oltre 500 mila cittadini che a Palermo hanno diritto al voto, raccoglierà, sì e no, 120 mila voti. In pratica, tra i circa 250 mila cittadini che non si sono recati alle urne (il 48% circa) e quasi 15 mila schede annullate (un’arte tutta palermitana…), Orlando, conti alla mano, è stato votato dal 20% circa dei palermitani.
Due gli elementi politici e sociali che sono sotto gli occhi di tutti.
Primo elemento. Pur mettendo assieme l’appoggio del Governo nazionale, l’appoggio del Governo regionale (si pensi ai soldi del PSR che l’assessore regionale Antonello Cracolici sbandiera da un anno di qua e di là da consumato piazzista della politica), il controllo ‘militare’ dello stesso Comune (a cominciare dalle società collegate con migliaia di dipendenti), gli appalti ferroviari a ruota libera (le centinaia e centinaia di milioni di euro spesi e altre centinaia di milioni di euro da spendere), le promesse di concorsi nella sanità del sottosegretario Davide Faraone eccetera eccetera, Leoluca Orlando è riuscito a convincere il 20% dei cittadini.
Orlando diventa sindaco al primo turno mettendo assieme tutto questo ambaradan, con il ‘conforto’ di un aumentato astensionismo e grazie a una legge elettorale diversa dal resto d’Italia: una legge elettorale che dà la possibilità a un candidato sindaco di essere eletto al primo turno con il 40% dei voti (nel resto d’Italia, per essere eletti al primo turno, serve il 50% dei voti più uno).
Il secondo elemento politico e sociale che viene fuori da queste elezioni amministrative è, forse, più importante: affamando i ceti popolari, riducendo i servizi, incrementando la povertà, lasciando le discariche al posto della raccolta differenziata dei rifiuti, tenendo le strade sfasciate, riducendo i servizi sanitari pubblici e condannando centinaia di esercizi commerciali alla chiusura tantissimi cittadini, invece di esprimere il proprio dissenso attraverso il voto, preferiscono non andare a votare, lasciando il campo libero alla vecchia politica.
In questo momento storico, con Orlando riconfermato sindaco dal 20% degli elettori, Palermo ha ritrovato il proprio pessimismo nichilista, la propria rassegnazione (“Non cambierà mai niente”) e l’olimpica certezza che tutto peggiorerà comunque, tanto vale non andare più a votare.
Un principio molto importante, questo, per la stessa vecchia politica che oggi governa la Sicilia: facendo aumentare la povertà e la disperazione sociale a votare vanno, in maggioranza, i rappresentanti del voto organizzato, cioè gli elettori che votano per lo stesso sistema politico che produce sottosviluppo e disperazione.
Siamo ben oltre I vecchi e i giovani di Luigi Pirandello e I Vicerè di Federico De Roberto.
Questo secondo elemento – aumento dei disagio economico e sociale ai cui corrisponde un aumento della disaffezione verso le urne – non si è manifestato solo a Palermo, ma in tutta la Sicilia.
Con molta probabilità, a Palermo la formazione politica che avrebbe dovuto intercettare questo disagio economico e sociale – il Movimento 5 Stelle – si è presentato diviso: cosa, questa, che, magari, ha accentuato la disaffezione al voto.
Ma il principio – il sottosviluppo che conferma al governo chi lo produce – ha funzionato in tutta la Sicilia.
Paradossalmente, lasciando i Comuni senza soldi si aiutano i sindaci espressione della vecchia politica, che vengono rieletti grazie alla disaffezione verso le urne dei cittadini; e si penalizzano, ad esempio, i sindaci grillini, perché la gente si convince che non c’è alternativa e non va più a votare.
Sotto questo profilo, Leoluca Orlando ha ragione a dire che “Palermo è un modello da esportare”, perché le strade scassate, gli ospedali pubblici allo sbando, gli esercizi commerciali che chiudono, gli appalti ferroviari al posto dei servizi, i diritti civili al posto dei diritti sociali, la disoccupazione, la cittadinanza e le tessere elettorali consegnate in tempi record a centinaia di immigrati, l’immondizia non raccolta per le strade e la discarica al posto della raccolta differenziata, ebbene, tutto questo tiene lontani tanti cittadini nauseati dalle urne e conferma al potere i protagonisti di questo disastro sociale, economico e morale.
Però Orlando è ‘ingiusto’ ad arrogarsi tutto il merito di questo ‘modello’. Perché una parte importante nello sfascio sociale ed economico della Sicilia di oggi l’hanno giocato anche Renzi, il PD e il presidente della Regione, Rosario Crocetta.
Paradossalmente, il presidente Crocetta, ha ragione quando annuncia di volersi ricandidare. Perché è grazie a lui che la Sicilia sta conoscendo un altissimo grado di disperazione economica, sociale e morale (si pensi allo scandalo dei trasporti marittimi utilizzato per puntellare la politica che lo produce, o ai disabili gravi lasciati senza assistenza mentre a Palermo si spendono 320 milioni di euro per 15 km di Tram che serve a pochi cittadini e che costa una barca di soldi ogni anno; o, ancora, si pensi ai disastri della Formazione professionale, con i lavoratori che, dopo quasi cinque anni di disoccupazione-disperazione, per andare in pensione dovranno foraggiare anche le banche e le assicurazioni con l’APE renziana…).
E’ grazie alle sue scelte, alle scelte di Crocetta – per esempio, i ‘Patti’ firmati con Renzi che hanno regalato i soldi dei siciliani a Roma, il caos nella raccolta dei rifiuti, l’acqua ai privati, l’agricoltura usata solo per spartire soldi pubblici e via continuando – se i siciliani non si recano più alle urne.
Questo significa che a novembre, se chi in Sicilia si batte per una svolta non presenterà un’offerta politica nuova, diversa, un’offerta politica in grado di vincere il pessimismo e la rassegnazione di tanti siciliani si rischierà di riconsegnare la Regione a chi fino ad oggi l’ha distrutta. Perché “il modello Palermo” si può esportare il tutta la Sicilia.
La vera partita che si apre, oggi può di ieri, è convincere il 50% dei siciliani che non va più a votare a recarsi alle urne. Ma bisognerà essere credibili. Sennò, ancora una volta, i ‘modelli’ dei vari Orlando, Crocetta, Cracolici, Raciti, Marziano risulteranno, ancora una volta, vincenti.
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