Il PD, in otto anni di Governo della Regione, ha svenduto la Sicilia a Roma. Ora, però, si avvicina la resa dei conti. A novembre si voterà per le elezioni regionali e i vari Raciti, Cracolici, Faraone sanno bene che qualunque “pupo” nostrano presentassero come candidato a Presidente della Regione questi sarebbe sommerso da fischi e flatuli. Allora pregano che Roma immoli Piero Grasso…
Ascari, cioè servi sottomessi si diventa, non ci si nasce. Come tanti poveri indigeni eritrei sconfitti, per avere un minimo di poterucolo sui loro compaesani si abbassarono a fare da cani da guardia degli italiani, così i nostri politicanti d’accatto, per giungere ad uno status che, né con la loro intelligenza, né con le loro capacità, né con la loro cultura, né tantomeno con il loro lavoro, avrebbero mai potuto raggiungere, si acconciano a prendere ordini dai loro padroni romani e per fare qualunque passo ad aspettare chi gli si dica quando muoversi e in che direzione.
La loro sudditanza è sviscerata. Il loro servilismo ha quasi distrutto la nostra Isola. Quasi, appunto, non hanno finito il lavoro. Non sono ancora soddisfatti e si apprestano a sferrare il colpo di grazia.
L’ascarismo non ha colore politico: è un condizione di degrado personale e morale dei nostri politici a qualunque partito appartengano. Tutti hanno sempre fatto lo stesso gioco, tutti hanno eseguito ed eseguono gli stessi ordini. Da nullismo dei 61 deputati (a zero) di Gianfranco Miccichè e di Forza Italia alla svendita delle nostre ricchezze, da parte di Rosario Crocetta e del PD, la musica è sempre la stessa.
Di fronte al baratro che la loro insipienza e la loro inettitudine gli ha scavato davanti, i Piddini cercano aiuto. Disperatamente. Sanno bene che qualunque “pupo” nostrano presentassero come candidato a Presidente della Regione questi sarebbe sommerso da fischi e flatuli, e allora tentano il colpo grosso. Come?
Facendo diventare il loro squallore e il loro fallimento politico “questione siciliana” che, come tale, per definizione, noi siciliani, secondo i nostri colonizzatori, non siamo in grado di risolvere. Tant’è che da 150 anni ce la “risolvono” gli stessi che l’hanno fatta nascere. Campa cavallo!
Eccovi allora l’ultimo manifesto dell’ascarismo. Lo enuncia l’ombra pallida del segretario del PD siciliano, Raciti, il quale afferma:
“Rimango dell’idea che debbano essere investiti (della “questione siciliana”, appunto) il segretario nazionale Renzi (quello stesso che voleva azzerare l’Autonomia regionale con la sua folle riforma costituzionale) e tutto il partito (troppa grazia!) a Roma (via del Nazareno), per la scelta del candidato”.
Della serie: vai avanti tu che a me viene da ridere. Raciti invoca un intervento chiarificatore dal suo “principale”. Il dossier Sicilia è sui tavoli dei grandi statisti nazionali del PD, capitanati da un certo Orfini e dell’AP (Anonima Poltronisti), capitanata da un uomo solo al comando (e alle urne), tale Angelino Alfano.
L’uomo giusto parrebbe essere Piero Grasso, il presidente del Senato che però nicchia, cincischia, temporeggia, tentenna. “Vorrei ma non posso”, parea dicesse, a meno che il PD, sogna Grasso, non raggiunga l’unanimità sul suo augusto nome.
Come se la parola unanimità appartenesse al vocabolario del PD.
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