La sentenza della Corte dei Conti inviataci da dirigente del Servizio “Pianificazione e Programmazione Ambientale” dell’Assessorato al Territorio e Ambiente insieme con la sua replica (che potete leggere qui)
Repubblica Italiana
In nome del popolo italiano
La Corte dei Conti
Sezione Giurisdizionale d’Appello per la Regione Siciliana composta dai magistrati:
dott. SALVATORE CILIA Presidente dott.ssa LUCIANA SAVAGNONE Consigliere dott. SALVATORE CULTRERA Consigliere dott. PINO ZINGALE Consigliere
dott. VALTER DEL ROSARIO Consigliere- relatore ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 203/A/2012
nel giudizio d’appello in materia di responsabilità amministrativa, iscritto al n. 3545 del registro di segreteria, promosso da:
Genchi Gioacchino, nato a Palermo il 3.11.1947, ivi residente in via
Principe di Scordia, n.7;
Pellerito Alessandro, nato a Palermo il 19.10.1970, ivi residente in via Santo Canale, n.37;
difesi dall’avv. Massimiliano Mangano (con domicilio eletto presso il suo studio legale, in via N. Morello, n.40, Palermo), avverso la Procura della Corte dei Conti, per la riforma della sentenza n.1031/2010, emessa dalla Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana in data 14.5.2010;
visti tutti gli atti e documenti di causa;
uditi nella pubblica udienza del 24 maggio 2012 il relatore dott. Valter
Del Rosario, l’avv. Massimiliano Mangano per i sig.ri Genchi e
Pellerito ed il Pubblico Ministero dott.ssa Maria Rachele Aronica.
FATTO
Con atto di citazione ritualmente notificato alle controparti il
10.6.2009 il Procuratore regionale della Corte dei Conti conveniva in giudizio di responsabilità amministrativa Genchi Gioacchino e Pellerito Alessandro (dirigenti in servizio presso il Dipartimento Territorio ed Ambiente della Regione Siciliana), al fine d’ottenerne la condanna “pro quota” al risarcimento del danno patrimoniale, quantificato in complessivi € 54.770,28 (da maggiorarsi degli accessori di legge e delle spese processuali), da loro ingiustamente cagionato alla Regione per effetto dell’omessa riscossione della tassa di concessione governativa regionale (ammontante unitariamente ad € 180,76), che si sarebbe dovuta applicare in occasione del rilascio, in favore di ditte esercenti attività industriali, artigianali ecc., di provvedimenti di autorizzazione alle “emissioni in atmosfera”, di cui al D.P.R. n.203/1988 ed al D.L.vo n.152/2006. Secondo la Procura, i comportamenti del Genchi (dirigente preposto al Servizio 3° “Tutela dall’inquinamento atmosferico”) e del Pellerito (dirigente preposto all’Unità Organica S3-1) risultavano caratterizzati da colpa grave, avendo essi agito con notevole negligenza nonché in palese ed ingiustificata inosservanza di disposizioni di legge (così come anche chiarite da varie circolari emesse dai competenti Organi della Regione e da pareri resi dall’Ufficio Legislativo e Legale), che imponevano l’esazione della tassa di concessione governativa
regionale al momento del rilascio delle autorizzazioni in questione.
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Con la sentenza n.1031/2010 il Giudice di primo grado, condividendo sostanzialmente le tesi della Procura, ha ravvisato la sussistenza di responsabilità amministrativa a carico del Genchi e del Pellerito, condannandoli, rispettivamente, al pagamento in favore della Regione siciliana di € 27.114,00 e di € 27.656,28 (da maggiorarsi di accessori e spese processuali), avendo rilevato che su un totale di
310 provvedimenti di autorizzazione alle “emissioni in atmosfera”, emessi dal Servizio 3° “Tutela dall’inquinamento atmosferico” durante il periodo dal 14.1.2004 al 14.3.2007:
il Pellerito ne aveva istruito e predisposto 306;
il Genchi (dirigente del Servizio) ne aveva sottoscritto 300. Esaminando l’impianto motivazionale della sentenza n.1031/2010, risulta che il Giudice di primo grado ha preliminarmente evidenziato che, in base all’art. 36 dello Statuto d’Autonomia Speciale ed alle relative norme di attuazione, contenute nel D.P.R. n.1074/1965, alla Regione Siciliana:
è riservato, salve le eccezioni previste da apposite leggi statali, il gettito dei tributi erariali riscossi nel suo territorio;
compete la facoltà d’istituire nuovi tributi, sia pur nei limiti dei principii generali del sistema tributario dello Stato;
spetta, altresì, la potestà legislativa in ordine alla concreta disciplina, relativamente al territorio regionale, degli stessi tributi erariali, fermo restando che, in mancanza di norme regionali di tenore diverso,
vanno applicate in Sicilia le norme tributarie statali.
Orbene, con la L.R. 24.8.1993, n.24, modificata dall’art. 4 della L.R.
16.4.2003, n.4, sono state disciplinate le tasse sulle concessioni governative regionali.
In particolare, l’art. 6 ha disposto che siano soggetti a tassazione:
gli atti ed i provvedimenti, di competenza della Regione, elencati nella tariffa annessa al D.L.vo 22.6.1991, n.230, nelle misure previste dalla medesima tariffa e sue successive modificazioni;
gli atti ed i provvedimenti, di competenza della Regione, indicati nella tabella allegata al D.P.R. n.641/1972, nelle misure stabilite da tale tabella e sue successive modificazioni.
Tenuto conto di tale articolato quadro normativo, il Giudice di primo grado ha osservato che:
con l’art. 6 della L.R. n.24/1993 il legislatore ha inteso istituire e disciplinare “tributi proprii” della Regione siciliana, effettuando un rinvio di tipo “ricettizio” (ossia “statico”) alla predetta normativa statale, sia in ordine alla concreta individuazione dei provvedimenti amministrativi, il cui rilascio comporta l’applicazione della tassa sulle concessioni governative regionali, sia ai fini della quantificazione dei singoli tributi, il cui ammontare (in carenza di successive rimodulazioni stabilite da leggi regionali) rimane ancorato (per quanto interessa in questa sede) all’importo già fissato, all’epoca d’entrata in vigore della L.R. n.24/1993, nella tabella allegata al D.P.R. n.641/1972;
in sostanza, per effetto di tale rinvio “statico”, non verrebbero ad
assumere alcuna automatica rilevanza nell’ordinamento tributario regionale né la soppressione, ad opera di leggi statali sopravvenute, di talune delle voci di tassa incluse nella tabella allegata al D.P.R. n.641/1972 né eventuali modifiche inerenti l’ammontare del tributo. Ciò premesso, il Giudice di primo grado ha affermato che i provvedimenti di autorizzazione alle “emissioni in atmosfera”, il cui rilascio alle ditte interessate compete al Dipartimento regionale Territorio ed Ambiente, rientrano indubbiamente nella tipologia prevista dall’art. 86 della tabella allegata al D.P.R. n.641/1972, in cui sono state individuate, in via residuale, come soggette alla tassa di concessione governativa di £ 350.000 (pari ad € 180,76) le “autorizzazioni, licenze ed iscrizioni (non menzionate in altri articoli della tabella) richieste dalla legge per l’esercizio di attività industriali, artigianali, professionali ecc.”.
Pertanto, in occasione del rilascio dei provvedimenti di autorizzazione alle “emissioni in atmosfera”, ove prescritti per l’espletamento di attività produttive potenzialmente inquinanti per l’ambiente, i competenti Organi del Dipartimento regionale Territorio ed Ambiente sono tenuti ad esigere il pagamento, da parte delle ditte interessate, della relativa tassa di concessione governativa, configurandosi l’omessa riscossione come condotta illegittima e foriera di danno erariale.
Ad avallo di tali conclusioni, il Giudice di primo grado ha fatto riferimento anche a varie circolari emesse dall’Assessorato regionale alle Finanze e ad alcuni pareri resi dall’Ufficio Legislativo e Legale.
In particolare, con la circolare n.290446 del 22.1.1996 (inviata a tutti gli Assessorati), il Dipartimento delle Finanze sottolineava che:
la circostanza che l’art. 3, comma 138, della legge statale n.549/1995 avesse soppresso alcune voci di tasse sulle concessioni governative statali già ricomprese nella tabella allegata al D.P.R. n.641/1972, tra cui quella specificata all’art. 86, non determinava alcun effetto giuridico nell’ordinamento regionale, considerato che, mediante la legge n.24/1993, il legislatore regionale aveva disciplinato autonomamente ed in maniera organica, mediante un rinvio “statico” (e non “dinamico”) alla normativa statale all’epoca vigente, la materia delle tasse sulle concessioni governative regionali;
pertanto, dovevano continuare ad essere applicate in Sicilia anche le voci di tassa che erano state soppresse a livello nazionale.
Con il parere n.154 del 26.9.2001 (rivolto specificamente agli Assessorati alle Finanze ed all’Industria ma messo a disposizione di tutte le altre Amministrazioni interessate, mediante inserimento in banca dati) l’Ufficio Legislativo e Legale ribadiva che:
in virtù del rinvio “statico” alla normativa statale all’epoca vigente, contenuto nell’art. 6 della L.R. n.24/1993, continuava ad essere assoggettato al pagamento delle tasse di concessione governativa regionale il rilascio di tutti i provvedimenti indicati nella tabella allegata al D.P.R. n.641/1972;
conseguentemente, l’emissione dei provvedimenti di competenza dell’Assessorato all’Industria, concernenti autorizzazioni, licenze, iscrizioni, prescritte dalla legge per lo svolgimento di attività
industriali ecc., comportava il pagamento della tassa di concessione governativa regionale, rientrandosi nell’ampia formulazione contenuta nell’art. 86 della tabella allegata al D.P.R. n.641/1972.
Al fine di chiarire ulteriormente la portata normativa ed i profili applicativi dell’art. 6 della L.R. n.24/1993, l’Assessorato alle Finanze diramava la circolare n.3 del 30.12.2003 (inviata a tutti gli Assessorati), confermando la sussistenza dell’obbligo di applicare la tassa sulle concessioni governative regionali in tutti i casi di rilascio di autorizzazioni, licenze ecc., trattandosi di atti (anche se non menzionati espressamente nell’elencazione delle singole fattispecie) rientranti nella “voce generica e residuale” di cui all’art. 86 della tabella annessa al D.P.R. n.641/1972.
A tal proposito alla predetta circolare n.3/2003 veniva allegato un prospetto riepilogativo, in cui, in corrispondenza del “codice 0501”, veniva specificato, ancora una volta, che “le autorizzazioni, licenze ed iscrizioni, richieste dalla legge per l’esercizio di attività industriali, commerciali nonché di arti, mestieri e professioni”, erano soggette al pagamento dell’apposita tassa di concessione governativa.
Con nota n.12074 del 27.9.2006 il Dipartimento Regionale Finanze- Servizio Entrate Tributarie rammentava al Servizio 3° del Dipartimento Territorio ed Ambiente (in cui prestavano servizio il Genchi ed il Pellerito) la necessità di esigere il pagamento della tassa di concessione governativa regionale in caso di rilascio di autorizzazioni, ivi comprese quelle relative alle “emissioni in atmosfera”, inerenti l’esercizio di attività industriali, artigianali ecc.,
trattandosi di atti rientranti nella categoria contrassegnata dal “codice
0501” della tabella riepilogativa allegata alla circolare n.3/2003.
In senso analogo si esprimeva il medesimo Dipartimento nella successiva nota n.14409, inviata al Dipartimento Territorio ed Ambiente in data 22.11.2006.
Tali conclusioni venivano infine ribadite dall’Ufficio Legislativo e Legale nei pareri resi in date 9.10 e 5.11.2007 (ossia dopo che era emerso che il Genchi ed il Pellerito avevano omesso, durante un lungo arco temporale, di esigere il pagamento della tassa di concessione governativa regionale in occasione del rilascio delle autorizzazioni alle “emissioni in atmosfera”).
Sulla base di tale complesso di elementi, il Giudice di primo grado ha, quindi, ravvisato la sussistenza della colpa grave nei comportamenti tenuti dal Genchi e dal Pellerito, avendo essi, assai negligentemente e senza alcuna valida giustificazione giuridica (considerati anche gli orientamenti interpretativi reiteratamente espressi in materia dai competenti Organi), omesso di esigere il pagamento della tassa di concessione governativa regionale in esame, cagionando così un mancato introito di notevoli dimensioni complessive per le finanze regionali.
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Avverso la sentenza n.1031/2010 hanno proposto appello sia il
Genchi che il Pellerito (difesi dall’avv. Massimiliano Mangano).
In primo luogo, le parti appellanti hanno affermato che il Giudice di primo grado avrebbe erroneamente interpretato l’art. 36 dello Statuto
regionale nonché le relative norme d’attuazione contenute nel D.P.R. n.1074/1965, ipotizzando la sussistenza di una potestà impositiva autonoma della Regione siciliana in materia tributaria.
In realtà, alla Regione, oltre che essere attribuito il gettito della maggior parte dei tributi erariali riscossi sul suo territorio, competerebbe la potestà legislativa unicamente in ordine alla disciplina dei “medesimi tributi erariali” mentre non le sarebbe consentito introdurre tributi nuovi e diversi da quelli statali.
In sostanza, la potestà legislativa di tipo “concorrente” della Regione siciliana in materia tributaria dovrebbe essere esercitata nei limiti fissati dall’ordinamento statale, dovendo tenersi conto delle esigenze d’unitarietà del sistema tributario.
Conseguentemente, in materia di tasse sulle concessioni governative dovrebbe ritenersi preclusa alla Regione siciliana la facoltà d’introdurre nuove voci e, comunque, di modificare sostanzialmente la normativa statale vigente in materia.
Ciò premesso, il Genchi ed il Pellerito hanno sostenuto che, avendo l’art. 3, comma 138, della legge statale n.549/1995 soppresso alcune voci di tassa elencate nella tabella allegata al D.P.R. n.641/1972, tra le quali quella prevista, “in via residuale”, dall’art. 86, dovrebbe ritenersi che le modifiche sopravvenute nella normativa statale abbiano automaticamente prodotto effetti anche in quella regionale, ragion per cui, sin dall’1.1.1996, non sarebbero più assoggettabili alla tassa di concessione governativa regionale i provvedimenti di autorizzazione (ivi compresi quelli relativi alle “emissioni in
atmosfera”) inerenti l’esercizio di attività industriali, artigianali ecc.. D’altro canto, il rinvio alla tabella allegata al D.P.R. n.641/1972, operato dall’art. 6 della L.R. n.24/1993, non sarebbe di tipo “statico” (come ritenuto dal Giudice di primo grado) bensì “dinamico”. Conclusivamente, il Genchi ed il Pellerito hanno affermato che, non essendo più applicabile in Sicilia la tassa di concessione governativa di cui all’art. 86 della tabella allegata al D.P.R. n.641/1972, la Regione non avrebbe subito alcun effettivo danno finanziario a causa della sua mancata riscossione in sede di rilascio dei provvedimenti di autorizzazione alle “emissioni in atmosfera”, rientranti nella competenza del Dipartimento Territorio ed Ambiente.
In secondo luogo, il Genchi ed il Pellerito hanno sostenuto che, nell’ipotesi in cui fosse fondata la tesi (seguita dalla Procura e dal Giudice di primo grado) secondo cui la tassa di concessione governativa di cui all’art. 86 della tabella allegata al D.P.R. n.641/1972 sarebbe rimasta applicabile in Sicilia anche successivamente all’abrogazione di tale norma da parte del legislatore statale, essi non avrebbero avuto concreti ed esaustivi elementi per ritenere che i provvedimenti di autorizzazione alle “emissioni in atmosfera”, rilasciati dal Dipartimento Territorio ed Ambiente (in cui essi operavano come dirigenti), fossero effettivamente ricompresi tra quelli occorrenti per l’esercizio di attività industriali, artigianali ecc. e fossero, quindi, soggetti a tassazione in base alla predetta norma.
A tal proposito, gli appellanti hanno affermato che, all’epoca dei fatti
loro contestati dalla Procura (dal gennaio 2004 al marzo 2007), l’Amministrazione regionale non aveva ancora assunto un orientamento chiaro e definitivo sulla problematica in esame.
Infatti:
i pareri resi dall’Ufficio Legislativo e Legale in date 9.10 e 5.11.2007 sono stati emessi dopo che il Genchi ed il Pellerito erano stati sollevati dagli incarichi dirigenziali da loro ricoperti presso il Servizio
3° “Tutela dall’inquinamento atmosferico”;
le note n.12074 del 27.9.2006 e n.14409 del 22.11.2006, inviate al predetto Servizio dal Dipartimento Regionale delle Finanze, non sarebbero state finalizzate ad impartire direttive o, comunque, a formulare sollecitazioni per la riscossione della tassa di concessione governativa regionale in occasione del rilascio delle autorizzazioni alle “emissioni in atmosfera” ma si sarebbero limitate a chiedere un parere del Servizio 3° in ordine a future iniziative legislative eventualmente da assumere in materia;
d’altro canto, sia nella normativa generale concernente tale tipologia di provvedimenti autorizzativi (D.P.R. n.203/1988) sia nelle direttive attuative emanate, per quanto riguarda la Sicilia, dall’Assessorato regionale Territorio ed Ambiente con il decreto n.232/17 del
18.4.2001 non si faceva alcuna esplicita menzione dell’obbligo di riscossione della tassa di concessione governativa.
A ciò deve aggiungersi il fatto che nel parere n.154, reso il 26.9.2001 dall’Ufficio Legislativo e Legale (indirizzato agli Assessorati all’Industria ed alle Finanze), si faceva riferimento alla necessità di
applicare la tassa di concessione governativa regionale in occasione del rilascio delle autorizzazioni occorrenti per l’esercizio di “attività industriali in senso civilistico”, tra le quali, ad avviso del Genchi e del Pellerito, non rientrerebbero le “autorizzazioni alle emissioni in atmosfera”.
In tale contesto, quindi, secondo gli appellanti, non sarebbero ravvisabili nei comportamenti da loro tenuti profili di grave negligenza e d’inescusabile violazione di norme vigenti e di direttive, avendo essi agito correttamente ed in buona fede.
Per quanto riguarda la quantificazione del danno finanziario ad essi ascritto dalla Procura e dal Giudice di primo grado, il Genchi ed il Pellerito hanno riferito che il Dipartimento Territorio ed Ambiente, dopo che era emersa la vicenda dell’omessa riscossione, aveva tempestivamente attivato, già entro la fine dell’anno 2007, le procedure finalizzate ad ottenere il pagamento della tassa di concessione governativa di € 180,76 da parte delle varie ditte che avevano ottenuto, nel periodo dal 14.1.2004 al 14.3.2007, il rilascio delle autorizzazioni alle “emissioni in atmosfera”.
Per effetto di tali iniziative di recupero risulta che, a fronte degli originari 309 casi (e non 310, come inesattamente indicato nell’atto di citazione e nella sentenza impugnata) di mancata riscossione della tassa, in 285 casi le ditte interessate hanno provveduto, nel frattempo, a versare all’Amministrazione quanto loro richiesto. Pertanto, come ufficialmente attestato nella recentissima nota n.26189 del 4.5.2012, inviata dal Dipartimento Ambiente- Servizio II°,
le tasse di concessione governativa regionale che risultano tuttora non riscosse riguardano soltanto 24 casi, per un ammontare complessivo di € 4.338,24 (€ 180,76 x 24).
Conclusivamente, il Genchi ed il Pellerito hanno chiesto d’essere prosciolti dagli addebiti loro contestati ed, in subordine, che l’onere risarcitorio posto a loro carico venga notevolmente ridotto, considerato che, nel frattempo, l’Amministrazione ha riscosso la sua quasi totalità delle tasse di concessione governativa in questione.
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La Procura Generale presso questa Corte ha depositato le proprie conclusioni, nelle quali ha confutato le tesi del Genchi e del Pellerito, chiedendo la conferma della sentenza impugnata (rimanendo riservata al Collegio Giudicante qualsiasi valutazione in ordine all’istanza degli appellanti, finalizzata alla riduzione del concreto onere risarcitorio in correlazione con le somme nel frattempo recuperate dall’Amministrazione interessata).
DIRITTO
Preliminarmente, il Collegio Giudicante osserva, dal punto di vista normativo, che, ai sensi dell’art. 36 dello Statuto d’Autonomia, approvato con R.D.Lgs. 15.5.1946, n.455 (convertito in legge costituzionale 26.2.1948, n.2): “Al fabbisogno finanziario della Regione siciliana si provvede con i redditi patrimoniali ed a mezzo di tributi deliberati dalla medesima”.
Con D.P.R. 26.7.1965, n.1074, sono state emanate le “Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia
finanziaria”, le quali stabiliscono che:
“La Regione provvede al proprio fabbisogno finanziario: a) mediante le entrate derivanti dai suoi beni demaniali e patrimoniali o connesse all’attività amministrativa di sua competenza; b) mediante le entrate tributarie ad essa spettanti” (art. 1);
“Ai sensi del primo comma dell’art. 36 dello Statuto, spettano alla Regione siciliana, oltre alle entrate tributarie da essa direttamente deliberate, tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell’ambito del suo territorio, dirette od indirette, comunque denominate, ad eccezione delle nuove entrate tributarie il cui gettito sia destinato da apposite leggi alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalità contingenti o continuative dello Stato, specificate nelle leggi medesime” (art. 2, comma 1);
“Salvo quanto la Regione disponga nell’esercizio e nei limiti della competenza legislativa ad essa spettante, le disposizioni delle leggi tributarie dello Stato hanno vigore e si applicano anche nel territorio regionale” (art. 6, comma 1);
“Nei limiti dei principii del sistema tributario dello Stato, la Regione può istituire nuovi tributi in corrispondenza delle particolari esigenze della comunità regionale” (art. 6, comma 2).
Orbene, come si desume agevolmente dalla normativa sopra riportata e com’è stato sottolineato in varie occasioni dalla Corte Costituzionale (v., ex plurimis, le sentenze nn. 111 e 138 del 1999, n.442 del 2008), la Regione siciliana:
ha la potestà d’istituire proprii tributi, sia pur nei limiti dei principii
generali del sistema tributario dello Stato;
fruisce del gettito di tutte le entrate tributarie erariali riscosse nel suo territorio, salve le eccezioni disposte da apposite leggi dello Stato;
può legiferare anche in ordine agli stessi tributi erariali, fermo restando che, in assenza di norme diverse emanate dalla Regione, si applicano nel suo territorio le leggi tributarie dello Stato.
Ciò premesso, deve evidenziarsi che con l’art. 6 della L.R. n.24/1993, il legislatore siciliano ha emanato disposizioni in ordine alle “tasse sulle concessioni governative regionali” e, quindi, relativamente a “tributi proprii” della Regione e non ha, invece, inteso dettare norme inerenti “tributi erariali (statali) riscossi sul suo territorio”.
Nel disciplinare tali “tributi proprii”, il legislatore siciliano ha, tuttavia, preferito utilizzare la tecnica del rinvio “ricettizio” o “statico” ad alcune norme già vigenti nell’ordinamento statale, disponendo (per quanto interessa in questa sede) che venivano ad essere assoggettati alle “tasse sulle concessioni governative regionali”:
gli atti ed i provvedimenti, di competenza della Regione, elencati nella tariffa annessa al D.L.vo n.230/1991, nelle misure previste dalla medesima tariffa e sue successive modificazioni (salve le eccezioni ed integrazioni specificate nel medesimo art. 6 della L.R. n.24/1993); gli atti ed i provvedimenti, di competenza della Regione, indicati nella tabella allegata al D.P.R. n.641/1972, nelle misure stabilite da tale tabella e sue successive modificazioni.
Appare, quindi, evidente che, avendo la Regione inteso legiferare in
ordine a “tributi proprii” (e non relativamente a tributi erariali riscossi nel suo territorio) mediante un rinvio “ricettizio” o “statico” (e non “dinamico”) a norme statali previgenti, sia per quanto riguarda gli atti ed i provvedimenti (di competenza della Regione) soggetti a tassazione sia per quanto concerne l’ammontare del singolo tributo, non possa esservi alcun dubbio sul fatto che eventuali modifiche od abrogazioni, operate dal legislatore statale (successivamente all’entrata in vigore della L.R. n.24/1993), delle norme oggetto del rinvio “ricettizio” non potevano determinare alcun effetto automatico nell’ordinamento regionale vigente in materia di tasse sulle concessioni governative.
Opinando diversamente, verrebbe a determinarsi un grave “vulnus” per l’autonomia legislativa statutariamente riconosciuta alla Regione siciliana in materia di disciplina dei “tributi proprii”, quali sono indubbiamente le tasse sulle concessioni governative regionali.
A conferma di tale tesi va rilevato che, come si desume dal testo attualmente vigente dell’art. 6 della L.R. n.24/1993, la Regione ha continuato ad apportare modifiche ed integrazioni alla normativa in esame (che era stata originariamente elaborata essenzialmente mediante un rinvio “statico” a disposizioni vigenti nell’ordinamento statale), senza che ciò abbia dato luogo a rilievi di costituzionalità (non risultando travalicati i limiti derivanti dai principii generali del sistema tributario nazionale).
Deve, pertanto, ritenersi, in conformità a quanto osservato dal
Giudice di primo grado, che:
la sopravvenuta abrogazione, da parte dell’art. 3, comma 138, della legge statale n.549/1995, di alcune voci di tassa elencate nella tabella allegata al D.P.R. n.641/1972, tra le quali quella prevista dall’art. 86, cui aveva fatto rinvio “statico” l’art. 6 della L.R. 24.8.1993, n.24, non ha comportato alcun effetto nell’ordinamento regionale; pertanto, la voce di tassa di cui al predetto art. 86, essendo stata espressamente recepita nell’ordinamento tributario regionale, ha continuato ad essere applicabile relativamente ai provvedimenti di competenza della Regione ivi contemplati;
in mancanza di modifiche introdotte dal legislatore regionale, l’ammontare della tassa di concessione governativa in questione è rimasta ancorata alla misura che risultava prevista dal testo dell’art.
86 della tabella allegata al D.P.R. n.641/1972, vigente all’epoca dell’entrata in vigore della L.R. n.24/1993.
Conseguentemente, risulta privo di giuridico fondamento il primo motivo d’appello formulato dal Genchi e dal Pellerito, i quali avevano sostenuto che, non essendo più applicabile in Sicilia la tassa di concessione governativa di cui all’art. 86 della tabella allegata al D.P.R. n.641/1972, la Regione non avrebbe subito alcun danno finanziario per effetto della sua mancata riscossione.
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Con il secondo motivo d’appello il Genchi ed il Pellerito hanno affermato che, anche nell’ipotesi in cui fosse fondata la tesi (seguita dal Giudice di primo grado) secondo cui la tassa di concessione governativa di cui all’art. 86 della tabella allegata al D.P.R.
n.641/1972 (oggetto del rinvio “statico” operato dall’art. 6 della L.R. n.24/1993) sarebbe rimasta applicabile in Sicilia anche dopo l’abrogazione di tale norma nell’ambito statale, non vi sarebbero, tuttavia, congrui elementi giuridici per sostenere che i provvedimenti di autorizzazione alle “emissioni in atmosfera”, rilasciati dal Dipartimento Territorio ed Ambiente, siano ricompresi tra quelli occorrenti per l’esercizio di particolari attività industriali, artigianali ecc. e siano, quindi, tassabili in base alla predetta norma.
A tal proposito, il Collegio Giudicante osserva che l’art. 86 individua quali atti soggetti a tassazione “le autorizzazioni, licenze ed iscrizioni, non considerate in altri articoli della presente tabella, richieste dalla legge per l’esercizio di attività industriali o commerciali e di professioni, arti e mestieri”.
Appare, quindi, evidente che il presupposto giuridico per l’applicazione del tributo sia costituito dal rilascio di particolari provvedimenti amministrativi, senza i quali non sarebbe legittimamente consentito al soggetto interessato l’espletamento di determinate attività produttive.
Orbene, tenuto conto che il legislatore, sulla base della crescente rilevanza giuridica delle tematiche inerenti la tutela dell’ambiente e della salute pubblica, ha emanato normative sempre più dettagliate, finalizzate ad evitare o perlomeno a limitare i fenomeni d’inquinamento scaturenti dallo svolgimento di particolari attività produttive, disponendo altresì l’effettuazione, da parte delle competenti Amministrazioni, di verifiche e controlli preventivi sulle
ditte e sugli stabilimenti interessati, non v’è dubbio che in tale contesto le autorizzazioni alle “emissioni in atmosfera”, rilasciate dal Dipartimento regionale Territorio ed Ambiente (dapprima ai sensi del D.P.R. 24.5.1988, n.203, e poi in base al D.L.vo 3.4.2006, n.152), si configurino come provvedimenti miranti a regolamentare e vincolare le modalità di svolgimento delle attività suscettibili di causare inquinamento atmosferico (ad es.: quelle degli stabilimenti petrolchimici, delle centrali termoelettriche, delle grandi officine, delle industrie metallurgiche, chimiche ecc.) e rientrino, quindi, tra gli atti tassativamente prescritti dalla legge per l’espletamento di attività potenzialmente assai nocive per l’ambiente.
Deve, pertanto, ritenersi che l’omessa riscossione della tassa di concessione governativa regionale, che si sarebbe dovuta applicare in occasione del rilascio delle autorizzazioni alle “emissioni in atmosfera”, abbia causato un danno ingiusto per le finanze regionali, sotto forma di perdita di tributi legittimamente esigibili a carico delle ditte interessate.
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Con il terzo motivo d’appello il Genchi ed il Pellerito hanno sostenuto che non sarebbero, comunque, ravvisabili nei comportamenti da essi tenuti nella vicenda in esame profili di grave negligenza o d’inescusabile inosservanza di norme vigenti, considerato anche che non sarebbero mai pervenute al Dipartimento regionale Territorio ed Ambiente (in cui essi lavoravano come dirigenti addetti al Servizio “Tutela dall’inquinamento atmosferico”) direttive chiare ed univoche
in ordine alla necessità d’applicare la tassa di concessione governativa regionale in sede di rilascio dei provvedimenti autorizzativi alle “emissioni in atmosfera”.
Il Collegio Giudicante reputa che anche tale motivo d’appello sia infondato.
Infatti, come rilevato dal Giudice di primo grado e come dettagliatamente riferito nella parte narrativa della presente sentenza, sulla tematica inerente l’ambito applicativo della tassa di concessione governativa di cui all’art. 86 del D.P.R. n.641/1972 (oggetto del rinvio “ricettizio” operato dall’art. 6 della L.R. n.24/1993) avevano avuto modo di pronunziarsi in varie occasioni sia l’Assessorato regionale alle Finanze sia l’Ufficio Legislativo e Legale. In questa sede è sufficiente rammentare che con la circolare n.3 del
30.12.2003 (inviata a tutti gli Assessorati, ivi compreso quello al Territorio ed Ambiente), corredata da un dettagliato prospetto riepilogativo, l’Assessorato alle Finanze aveva ribadito la sussistenza dell’obbligo di riscuotere la tassa sulle concessioni governative regionali in tutti i casi di rilascio di “autorizzazioni, licenze, iscrizioni, richieste dalla legge per l’esercizio di attività industriali o commerciali o di professioni, arti e mestieri”, trattandosi di “atti rientranti nella voce generica e residuale di cui all’art. 86 della tabella allegata al D.P.R. n.641/1972”.
Orbene, come sopra ampiamente argomentato, non può esservi alcun dubbio sul fatto che nel quadro normativo vigente le autorizzazioni alle “emissioni in atmosfera” (rilasciate dal
Dipartimento regionale Territorio ed Ambiente, ai sensi, dapprima, del D.P.R. n.203/1988 e poi del D.L.vo n.152/2006) si configurino come provvedimenti miranti a regolamentare e vincolare le modalità di svolgimento delle attività produttive suscettibili di cagionare fenomeni d’inquinamento atmosferico e costituiscano, quindi, presupposti indispensabili per il loro legittimo esercizio.
Inoltre, risulta che con la nota n.12074 del 27.9.2006, indirizzata proprio al Servizio 3° “Tutela dall’inquinamento atmosferico” (in cui prestavano servizio come dirigenti il Genchi ed il Pellerito), il Dipartimento Regionale delle Finanze- Servizio Entrate Tributarie: sottolineava testualmente che: “Codesto Ufficio, al momento del rilascio dei provvedimenti di autorizzazione alle emissioni in atmosfera, ai quali fa riferimento il decreto dell’Assessore al Territorio ed Ambiente del 18.4.2001, è tenuto ad applicare la tassa sulle concessioni governative prevista nel D.P.R. n.641/1972 e precisamente la voce residuale di cui all’art. 86 della tabella ad esso allegata (autorizzazioni, licenze ed iscrizioni, non considerate negli altri articoli della presenta tariffa, richieste dalla legge per l’esercizio di attività industriali o commerciali e di professioni, arti o mestieri)”; richiamava, altresì, espressamente il “codice 0501”, di cui al prospetto riepilogativo allegato alla circolare n.3, datata 30.12.2003, del Dipartimento Finanze.
Orbene, dalla disamina degli atti acquisiti al fascicolo processuale si desume inequivocabilmente che, nonostante la chiara normativa vigente e le specifiche indicazioni operative pervenute al loro Ufficio,
il Genchi ed il Pellerito non si sono mai attivati per esigere il pagamento della tassa di concessione governativa regionale in questione.
I loro comportamenti risultano, quindi, caratterizzati da grave negligenza e da inescusabile inosservanza di disposizioni vigenti nonché da scarsa sollecitudine per la tutela degli interessi finanziari dell’Amministrazione d’appartenenza.
* * * * *
Passando alla quantificazione del concreto onere risarcitorio che deve gravare sul Genchi e sul Pellerito, il Collegio Giudicante rileva che, nelle more della celebrazione del giudizio di responsabilità amministrativa, promosso nei loro confronti dalla Procura di questa Corte, il Dipartimento Territorio ed Ambiente ha provveduto ad attivare le procedure finalizzate ad ottenere il pagamento della tassa di concessione governativa, ammontante ad € 180,76, da parte delle varie ditte che avevano ottenuto, durante il periodo dal 14.1.2004 al
14.3.2007, il rilascio delle autorizzazioni alle “emissioni in atmosfera”. Come attestato ufficialmente nella recente nota n.26189 del
4.5.2012, trasmessa dal Dipartimento Territorio ed Ambiente- Servizio II°, risulta che:
per effetto delle suddette procedure, a fronte degli originari 309 casi (e non 310, come inesattamente indicato nell’atto di citazione e nella sentenza impugnata) di omessa riscossione della tassa, in 285 casi le ditte interessate hanno provveduto, nel frattempo, a versare quanto loro richiesto dall’Amministrazione;
conseguentemente, le tasse di concessione governativa regionale che permangono tuttora non riscosse riguardano soltanto 24 casi, per un ammontare complessivo di € 4.338,24 (€ 180,76 x 24).
In tale misura dev’essere, quindi, rideterminato l’onere risarcitorio complessivamente gravante sul Genchi e sul Pellerito, onere che va ripartito tra di loro in due quote da € 2.169,12 ciascuna.
* * * * * Conclusivamente, il Collegio Giudicante reputa che:
l’appello proposto dal Genchi e dal Pellerito avverso la sentenza n.1031/2010 non sia meritevole d’accoglimento, essendo ravvisabili tutti gli elementi necessari per confermare la sussistenza della loro responsabilità amministrativa nella vicenda in esame;
l’onere risarcitorio gravante sui medesimi debba essere rideterminato nella misura sopra indicata, tenuto conto delle somme che sono state nel frattempo recuperate dall’Amministrazione, relativamente alle quali va dichiarata cessata la materia del contendere.
PER QUESTI MOTIVI
la Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale d’Appello per la Regione
Siciliana, definitivamente pronunciando:
dichiara giuridicamente infondato l’appello proposto da Genchi Gioacchino e da Pellerito Alessandro avverso la sentenza n.1031/2010, emessa nei loro confronti dalla Sezione Giurisdizionale di primo grado in data 14.5.2010;
tenuto conto delle somme che sono state nel frattempo recuperate dall’Amministrazione (corrispondenti a gran parte delle tasse di
concessione governativa regionale, che non furono riscosse in sede di rilascio dei provvedimenti di autorizzazione alle “emissioni in atmosfera” di competenza del Dipartimento Territorio ed Ambiente), in relazione alle quali va dichiarata la sopravvenuta cessazione della materia del contendere, ridetermina l’onere risarcitorio complessivamente gravante sul Genchi e sul Pellerito, in favore della Regione Siciliana, nella misura di € 4.338,24, da ripartirsi tra di loro in due quote da € 2.169,12 ciascuna (cui dovranno aggiungersi gli interessi legali, con decorrenza dalla data di pubblicazione della presente sentenza e sino al soddisfo).
In base al principio della “soccombenza legale”, il Genchi ed il Pellerito vengono, altresì, condannati in solido al pagamento in favore dello Stato delle spese inerenti il presente grado di giudizio, che vengono quantificate, a tutt’oggi, in € 777,80 (settecentosettantasette/80).
Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 24 maggio
2012.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
f.to (Valter Del Rosario) f.to(Salvatore Cilia)
sentenza depositata in segreteria nei modi di legge
Palermo, 28/06/2012
Il direttore della segreteria f.to (Nicola Daidone)