Come richiesto, pubblichiamo la replica del dirigente del Servizio “Pianificazione e Programmazione Ambientale” dell’Assessorato al Territorio e Ambiente ad un nostro articolo. Avevamo proceduto alla pubblicazione, ma, per un disguido, di una versione che non era quella definitiva
Gentile direttore,
le scrivo a proposito dell’articolo “Possibile che in Sicilia panifici e pizzerie inquinano di più delle automobili?” pubblicato sul sito da lei diretto, per chiederle l’esercizio del diritto di replica, al fine di evitare che possano essere intenzionalmente veicolate alla pubblica opinione informazioni non corrette.
Il Piano regionale di coordinamento per la tutela della qualità dell’aria
Nell’articolo viene rispolverata una vecchia polemica su presunti “dati padani” del piano siciliano, e su presunte responsabilità dell’ufficio che all’epoca dirigevo. Giova ricordare in merito che nel novembre 2007 alcuni esponenti di Legambiente hanno pubblicamente sostenuto di avere scoperto nella Regione una sorta di associazione a delinquere – formata da tecnici dell’assessorato, Arpa e Università – che avrebbe operato contro l’interesse dei cittadini rendendosi responsabile di una vasta gamma di illeciti e reati. Le verifiche fatte successivamente dalla Regione (Commissione d’inchiesta) e le indagini della Magistratura (Corte dei Conti, Procura), tuttavia, hanno accertato l’inesistenza di qualsivoglia addebito a carico dell’ufficio da me diretto. Questo spiega perché Legambiente, che avrebbe potuto impugnare al TAR il decreto di adozione del Piano di coordinamento, come fa sempre se condivide un provvedimento della Regione, in questo caso si sia guardata bene dal rivolgersi al Giudice Amministrativo per una verifica di legittimità.
Va inoltre chiarito che il Piano di coordinamento è composto da molti decreti con relativi allegati tecnici. Quello citato nel vostro articolo è il primo di una lunga serie di provvedimenti, rappresenta solo la fase d’avvio della pianificazione regionale, ed è allineato a una norma statale (oggi abrogata) che imponeva un format vincolante per tutte le regioni (da qui le similitudini). Il piano è pubblicato sul sito dell’assessorato, e chiunque può verificare se i relativi dati siano “padani” o siciliani. Leggendo il piano, inoltre, si potrà verificare che nella sua stesura sono stati consultati documenti di altre amministrazioni, utilizzandone alcune parti per aspetti trasversali fra tutte le regioni. Il materiale impiegato per la compilazione è stato citato in due elenchi (Capitolo 8 e Bibliografia), e l’utilizzo di parti di documenti di altre amministrazioni è pertanto avvenuto citando le fonti e in modo trasparente.
La consulenza del CTU
Nel vostro articolo viene citata una consulenza effettuata da un CTU del Tribunale di Palermo per verificare l’esistenza di presunti “dati padani” nel piano siciliano. Dalla perizia si evince che nel piano siciliano esistono alcune riproposizioni del piano del Veneto – che infatti è indicato fra le fonti – ma voi omettete di citare le conclusioni del CTU, il quale afferma che le “mere riproposizioni sono risultate essere di carattere nozionistico e di argomentazioni generiche e pertanto attinenti anche alla regione Sicilia”.
Le allego copia della consulenza, da cui si evince che le strutture dei piani regionali erano uguali perché definite per legge, che la Sicilia ha utilizzato parti del piano del Veneto relative ad aspetti nozionistici e generali validi per tutte le regioni, che gli autori del piano siciliano hanno acquisito per la compilazione dati e documenti provenienti da svariati enti (pubblici e privati) indicando correttamente le fonti utilizzate, e infine che nel piano siciliano non esistono dati padani o “peculiarità, caratteristiche e strutture tipiche” riferibili al Veneto ed al suo territorio.
Ne consegue che utilizzare le conclusioni del CTU di un tribunale in modo improprio, e ridurre strumentalmente la pianificazione della Regione ad una sorta di giochino per bambini burloni e disattenti, inganna il lettore e costituisce inoltre un’offesa ai tanti funzionari che lavorano e non meritano tale trattamento. Vediamo meglio perché.
La pianificazione in Sicilia
Il Piano di coordinamento adottato con il D.A. n. 176 del 9 agosto 2007 definisce solo principi generali e rimanda a momenti successivi l’adozione degli strumenti attuativi. Il decreto non si limita ad avviare la pianificazione, ma adotta misure volte a contrastare gli sforamenti dei limiti sulle polveri (PM10) registrati in Sicilia e avvia azioni concrete ai fini della tutela della qualità dell’aria a livello regionale:
con l’art. 2 vengono ridotti i limiti alle emissioni delle polveri per tutti gli impianti esistenti in Sicilia, e in particolare vengono imposti limiti molto restrittivi per gli impianti ubicati nelle tre Aree ad elevato rischio di crisi ambientale;
con l’art. 3, comma 1, viene istituito il Tavolo tecnico regionale di coordinamento sulla qualità dell’aria ambiente, con il compito di coordinare le attività di pianificazione, e i Tavoli provinciali e i Tavoli di settore regionali, destinati a coordinare attività altamente complesse e specifiche;
con l’art. 4, comma 1, viene normato il sistema regionale di raccolta e gestione dei dati sull’inquinamento atmosferico e sulla qualità dell’aria ambiente;
con l’art. 4, commi 2 e 3, viene istituito l’Inventario Regionale delle Sorgenti di Emissioni in Aria ambiente;
con l’art. 4, comma 6, viene introdotto l’obbligo, per i grandi impianti industriali, di trasmettere giornalmente all’amministrazione i dati delle emissioni, per consentire il controllo da remoto del corretto funzionamento degli impianti;
l’art. 4, comma 7, dispone infine, in adempimento di quanto previsto dall’art. 281, comma 7, del D. Lgs. 152/06, che tutti i provvedimenti relativi alle emissioni in atmosfera vengano messi a disposizione del pubblico, ai sensi di quanto previsto dal D. Lgs. 195/2005.
Va ricordato inoltre che nel periodo in cui il competente ufficio è stato da me diretto (dal 2007 al 2010) l’assessorato ha emanato una serie di decreti attuativi del piano, adottando progressivamente provvedimenti specifici e mirati ai fini della prevenzione dell’inquinamento atmosferico. Solo per la cronaca, e senza entrare nel merito per ovvi motivi di spazio, ci si limiterà a citare le norme più importanti:
D.A. n. 175 del 9 agosto 2007, di adozione delle Nuove procedure per il rilascio in Sicilia delle autorizzazioni alle emissioni in atmosfera, con il quale sono stati recepiti in Sicilia tutti i principi cardine del D. Lgs. 152/2006 (Testo Unico Ambientale), Parte V “Norme in materia di tutela dell’aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera”;
D.A. n. 42 del 12/03/08, di attivazione dei Tavoli di settore provinciali per la tutela della qualità dell’aria ambiente;
D.A. n. 43 del 12/03/08, con modifiche al Piano regionale di coordinamento per la tutela della qualità dell’aria ambiente;
D.D.G. n. 92 del 21/02/08, di semplificazione delle procedure amministrative ai fini del rilascio dell’autorizzazione unica di cui all’art. 12 del D. Lgs. 387/03 ed all’art. 208 del D. Lgs. 152/06;
D.A. n. 94 del 24/07/08, che adotta sia l’Inventario regionale delle emissioni in aria ambiente sia la Valutazione della qualità dell’aria e zonizzazione del territorio della Sicilia;
D.A. 154 del 24/09/08, che adotta le Linee guida per il contrasto del fenomeno delle emissioni di sostanze odorigene nell’ambito della lotta all’inquinamento atmosferico sul territorio della Regione Siciliana;
D.A. 74 del 08/05/09, che adotta le Linee guida per l’adozione delle autorizzazioni in via generale previste dall’art. 272, comma 2, del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, per le attività trasferite alle Province Regionali ai sensi della legge regionale 3 ottobre 1995, n. 71 per la Regione Siciliana;
DA 168 del 18/09/2009, con gli Adempimenti attuativi del decreto legislativo 3 agosto 2007, n. 152 (attuazione della direttiva 2004/107/CE concernente l’arsenico, il cadmio, il mercurio, il nichel e gli idrocarburi policiclici aromatici nell’aria ambiente) per la Regione Siciliana;
DA 169 del 18/09/2009, con gli Adempimenti attuativi del decreto legislativo 21 maggio 2004, n. 183 (attuazione della direttiva 2002/3/CE relativa all’ozono nell’aria) per la Regione Siciliana.
Non posso documentarle al meglio il lavoro fatto in tre anni, come ho fatto invece con l’Autorità Giudiziaria producendo nel 2010 il lavoro di chiusura della pianificazione, prima del trasferimento ad altro incarico. Tuttavia se intende approfondire il tema sono a sua disposizione (e questo vale anche per i suoi lettori) con tutta la documentazione di supporto. Ai decreti sopracitati, infine, si aggiunga il D.A. n. 97 del 25/06/2012, di adozione della Zonizzazione e classificazione del territorio della Regione Siciliana ai fini della Qualità dell’Aria per la protezione della salute umana in attuazione D. Lgs. 13 agosto 2010 n. 155, con il quale si è adeguata la zonizzazione per la Regione Siciliana ai principi della nuova normativa di settore. I provvedimenti sono consultabili sul sito dell’assessorato, e sono a disposizione dei cittadini che potranno quindi verificare di persona la veridicità delle tesi bislacche sui “dati padani” che taluni soggetti – e non sto parlando del suo giornale – hanno tentato strumentalmente di propagandare alla pubblica opinione.
Va detto, infine, che chiunque può criticare i provvedimenti di un’amministrazione, se lo ritiene opportuno, usando possibilmente argomentazioni tecniche valide e misurate. Chiunque inoltre avrebbe potuto, in passato, contestare in via amministrativa i provvedimenti dell’assessorato al fine di ottenerne l’annullamento. E se questo non è avvenuto ci sarà pure un motivo, peraltro abbastanza evidente. Ciò che non andrebbe fatto, invece, è utilizzare uno strumento di informazione per fuorviare l’opinione pubblica. E da questo punto di vista dispiace rilevare come il vostro sito abbia dato spazio a tesi surreali e improponibili. Per la consultazione dei documenti sopracitati è utilizzabile il link:
“http://www.artasicilia.eu/old_site/web/newsite/verticale/serv_3/index.html”.
La sentenza n. 2034/2017 del dott. Trombetta
Nel vostro articolo si fa riferimento alla recente sentenza n. 2034/2017 del dott. Trombetta, relativa a un contenzioso civile con Fontana di Legambiente, e si ipotizza un danno all’erario. Va detto però che tale lite civile è agli inizi, che l’Avvocatura dello Stato ha chiesto due milioni di euro di risarcimento a Legambiente per i danni arrecati all’immagine della Regione, e che la vicenda è ancora tutta da verificare nei previsti gradi di giudizio e nelle sedi competenti. Pertanto non esiste in proposito alcuna ipotesi di responsabilità che possa interessare la Corte dei Conti, che invece è già intervenuta per altri aspetti dei quali parleremo a breve.
Un punto da approfondire riguarda tuttavia le vicende ricostruite in tale sentenza, considerato che le verifiche fatte in sede penale hanno accertato da un lato l’inconsistenza delle accuse di Fontana e dall’altro precise responsabilità proprio a carico di chi, nel 2007, ha innescato il contenzioso di cui si è occupato il dott. Trombetta. E’ il caso di ricordare che, dopo le indagini svolte dai NOE e dalla Procura di Palermo sulla mancata pianificazione, è stata verificata la mia totale estraneità a qualunque addebito e sono state invece accertate gravi omissioni del mio predecessore (Genchi) nello svolgimento dei compiti d’ufficio. Con la sentenza n. 5464/2015 il Tribunale di Palermo ha infatti contestato a Genchi, citato nel vostro articolo, di avere danneggiato l’amministrazione e la collettività a causa della sua “palese inadeguatezza rispetto ai ruoli ricoperti ed alle attività svolte” e della sua “imbarazzante inanità” durata più di un quadriennio, nonché di avere fatto metodicamente ricorso a “meri espedienti” e strumentali denunce pubbliche, “palesemente funzionali rispetto alla finalità perseguita di evitare possibili conseguenze sul piano penale, civile e/o disciplinare”.
Il Tribunale spiega che Genchi avrebbe dovuto “rispondere personalmente dei reati ascritti” ad altri imputati, ma che è intervenuta la prescrizione. Stigmatizza inoltre le difficoltà da me incontrate a causa delle omissioni del mio predecessore, ed effettua una comparazione fra il lavoro svolto da me e da Genchi pervenendo ad una conclusione che non si presta a interpretazioni: sotto la direzione di Genchi l’ufficio “dal 2002 al 2006 in pratica non aveva fatto quasi nulla. Mentre, come vedremo, sotto la direzione del dr. Anzà le medesime risorse sono state sufficienti per raggiungere risultati accettabili sul piano della corretta prassi amministrativa”. Le allego copia della sentenza, passata in giudicato, in modo che lei possa trarre interessanti spunti di valutazione riguardo la buonafede dei protagonisti di questa vicenda.
Detto quanto sopra, è facile verificare come, nel pronunciarsi su questa lite civile, il dott. Trombetta abbia totalmente ignorato le conclusioni cui è giunto il Tribunale di Palermo, e mi chiedo come sia potuto accadere. Del problema, e delle eventuali correlate implicazioni, si occuperanno gli organi competenti.
Per concludere, e solo perché nel vostro articolo si affronta l’argomento, ricordo che non esiste oggi alcun contenzioso (e quindi non esiste alcuna condanna) con Genchi e Messina. Precedenti contrasti, con alterne vicende, sono stati superati da una composizione bonaria con reciproca rinuncia a qualunque lite. Una ulteriore pretesa di lite civile, avanzata da Legambiente, è stata inoltre bocciata perché inammissibile. Resta in piedi solo la lite civile con Fontana e Legambiente Regionale, la cui conclusione si vedrà negli anni futuri.
Infine appare particolarmente grave che nel suo articolo si cerchi di fare credere al lettore che lo scrivente sia oggi gravato da non meglio identificate condanne in sede penale, che non esistono. Il procedimento citato nel vostro articolo si è infatti definitivamente concluso nel 2016 con una assoluzione in Corte d’Appello.
Le indagini della Corte dei Conti e la responsabilità erariale
Nel vostro articolo si auspica un intervento della Corte dei Conti, per verificare responsabilità discendenti dall’attività dell’Ufficio. Sembra tuttavia il caso di spiegare ai vostri lettori che gli accertamenti della Corte dei Conti sull’ufficio ci sono già stati, ed hanno portato alla condanna per danno all’erario del mio predecessore (sempre il Genchi da voi citato). E’ curioso che tale fatto sia sfuggito alla vostra attenzione. Motivi di spazio e di opportunità non consentono di approfondire i dettagli, ma per corretta informazione le allego copia della sentenza della Corte dei Conti n. 1031 del 24/02/10, confermata in appello dalla sentenza 203/A/2012, che ha condannato il mio predecessore per “grave negligenza e inescusabile inosservanza di disposizioni vigenti, nonché scarsa sollecitudine per la tutela degli interessi finanziari dell’Amministrazione d’appartenenza”. Può ricavarne ulteriori elementi di valutazione sui protagonisti della storia che avete raccontato.
Dott. Salvatore Anzà
ndr Insieme con la replica il dott. Anzà ci ha inviato i seguenti documenti:
La sentenza della Corte dei Conti
Ci sono anche le altre due sentenze citate nella replica- la relazione CTU e la sentenza 5464/15 che allegheremo non appena scaricato un plug-in necessario.