Renzi non è nuovo a questi ‘gesti’. Aveva detto che se avesse perso il referendum sulle riforme costituzionali si sarebbe ritirato dalla vita politica: ma è ancora lì. Oltre quattro mesi fa il suo Governo ha varato il decreto per inserire nei pacchi di pasta il luogo di produzione del grano. Ma adesso il Governo Gentiloni ha inviato a Bruxelles una nuova versione del provvedimento. In ogni caso, tra meno di un anno si voterà per le elezioni politiche nazionali. E agricoltori e consumatori in caso di presa per i fondelli, sapranno come regolarsi…
Mentre nel Sud Italia – e segnatamente in Sicilia e in Puglia – prosegue la battaglia del grano, ci si interroga sulle mosse del Governo nazionale e dell’Unione Europea in questo settore. C’è una notizia ufficiale che desta qualche perplessità: Roma ha inviato a Bruxelles un nuovo schema di etichettatura della pasta. Ricordate? Nel dicembre dello scorso anno il Governo del nostro Paese ha deciso che, nei pacchi di pasta, va indicata la provenienza del grano. Da qui un decreto che è stato inviato agli uffici dell’Unione Europea. Con il gruppo Barilla che si è messo subito di traverso (come potete leggere qui).
Da qui la domanda: che stanno combinando a Roma? Ripercorriamo i passaggi di questa storia per provare a capire che cosa bolle nella ‘pentola’ renziana in materia di grano duro (perché, com’è noto, è con il grano duro che si produce la pasta, coltura che è tipica del Mezzogiorno d’Italia).
Nel mese di dicembre 2016, come già ricordato, è stato inviato a Bruxelles, per la prima verifica, lo schema di decreto che prevede di indicare nei pacchi di pasta l’origine del grano. Provvedimento che è stato condiviso dal Ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, e dal Ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda.
Il decreto introduce la sperimentazione dell’indicazione obbligatoria dell’origine per la “filiera grano pasta in Italia”.
Poiché, ormai, ogni cosa passa da Bruxelles, anche tale atto deve avere lo sta bene dell’Unione Europea. Se ci riflettiamo, dovrebbe essere un passaggio normale: perché i consumatori non dovrebbero conoscere l’origine del grano, cioè il luogo dove è stato coltivato il grano con il quale è stata prodotta la pasta?
Il decreto predisposto dal Governo italiano prevede un modello di etichettatura che consente di indicare con chiarezza al consumatore, sulle confezioni di pasta prodotta in Italia, l’area dov’è coltivato il grano e il luogo dove lo stesso grano è stato macinato.
In particolare, se coltivazione e molitura avvengono nel territorio di più Paesi, possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture: “Paesi UE, Paesi NON UE, Paesi UE E NON UE”; e se il grano duro è coltivato almeno per il 50 per cento in un solo Paese, come ad esempio l’Italia, si potrà usare la dicitura: “Italia e altri Paesi UE e/o non UE”.
Come potete notare, si tratta di informare i consumatori, che finalmente potrebbero conoscere, leggendolo nei pacchi di pasta, il Paese dove il grano duro è stato prodotto e dove è stato macinato. Tutto sommato, dovrebbe essere un vantaggio per quelle industrie che dicono di utilizzare solo grano duro italiano, perché potrebbero dimostrare che quanto affermano risponde a verità.
Certo, ci potrebbero essere le false dichiarazioni: ma sarebbe un reato e le eventuali batoste sarebbero pesanti!
Ora, però, come accennato all’inizio, apprendiamo che il Governo del nostro Paese ha inviato a Bruxelles un nuovo schema di decreto sull’etichettatura della pasta insieme con un provvedimento che riguarda il riso. Come mai?
Tutta questa perdita di tempo è un po’ sospetta. Sono già passati più di quattro mesi. E in fondo – lo ribadiamo – si tratta di introdurre la ‘tracciabilità’ della pasta: cioè di mettere in condizione i consumatori – non soltanto italiani, ma di tutto il mondo – di conoscere il luogo di produzione del grano con il quale è prodotta la pasta.
I consumatori italiani ed europei, in particolare, vogliono sapere se la pasta che arriva sulle proprie tavole è prodotta con il grano duro italiano o con il grano duro estero (per esempio, canadese ed ucraino), o con entrambi.
Non è una cosa di poco conto, perché il grano duro prodotto nel Sud Italia è privo di glifosato e di micotossine DON.
Che dire? La sensazione è che quella in atto sull’etichettatura della pasta potrebbe essere una recita messa su dal Governo nazionale di centrosinistra a guida PD.
In Italia e nel resto d’Europa (ma anche nel resto del mondo: tutti, oggi, vogliono notizie precise sui cibi), negli ultimi tempi è cresciuta l’attenzione dei cittadini-consumatori nei riguardi del cibo. Ed è cresciuta, soprattutto, l’attenzione verso la pasta, soprattutto per i dubbi che non risparmiano certo i grandi quantitativi di grano duro che arrivano in Italia con le ‘famigerate’ navi’.
Sull’onda di un’attenzione dei consumatori italiani verso la pasta, attenzione che cresce di giorno in giorno (nel nostro Paese il consumo di pasta annua, in media, è oltre 5 volte superiore al consumo di pasta che si registra nel resto d’Europa: da qui la richiesta dei consumatori di una pasta priva di contaminanti), il Governo nazionale ha varato il già citato decreto e l’ha inviato a Bruxelles. Dove è rimasto per oltre quattro mesi.
Ora il PD ha un grosso problema: non può, come si dice dalle nostre parti, ‘annacarsela’ troppo, cioè non può gingillare con questo tema senza offrire qualcosa di concreto agl’italiani. Anche perché il prossimo anno di vota per le elezioni politiche e Renzi e il suo partito rischiano di perdere una barca di voti. Questo perché, pur controllando l’informazione tradizionale, non controllano la rete (già Renzi ha preso la prima batosta sul referendum del 4 dicembre scorso grazie anche alla rete).
Renzi e il PD, d’altra parte, non possono forzare la mano, perché le multinazionali di questo settore sono contrarie a informare i consumatori su dove acquistano il grano per produrre la pasta. Sostenuti, in questo, da un’Unione Europea fino ad oggi molto permeabile agli interessi delle stesse multinazionali.
Ma qualcosa dovrà venire fuori. La nuova versione del decreto sull’etichettatura inviata da Roma a Bruxelles è il frutto di una mediazione al ribasso, magari per dare un mezzo contentino agli agricoltori e ai consumatori italiani, per provare a non perdere molti voti?
Il dubbio c’è. Ricordiamo che Renzi e il Parlamento nazionale di ‘nominati’ sono stati bravissimi a favorire le imprese, dall’abolizione dell’articolo 18 al Jobs Act. Quando c’e da togliere sono efficienti. Quando c’è da difendere gli interessi reali dei cittadini – in questo caso di agricoltori e consumatori – Renzi e il PD tentennano.
In oltre quattro mesi – questi sono i fatti nudi e crudi – sull’indicazione del luogo di produzione del grano utilizzato per produrre pasta, Governo e Partito Democratico hanno prodotto un decreto e tante chiacchiere.
La stessa cosa hanno fatto contro chi specula sul prezzo del grano duro del Sud Italia. E’ stata approvata la legge che istituisce la CUN, la Commissione Unica Nazionale che dovrebbe tagliare le gambe a chi tiene basso il prezzo del grano duro delle Regioni del Sud Italia.
La legge, lo ribadiamo, è stata fatta. Ma la CUN – chiesta a gran voce dall’associazione GranoSalus e, in generale, dal mondo del grano duro – non è ancora stata istituita. Anche in questo caso, solo chiacchiere.
E’ chiaro che con le chiacchiere Renzi e il PD, nel mondo agricolo, non avranno vita lunga. E non l’avranno nemmeno con i cittadini italiani, ormai sempre più informati sulle navi cariche di grano duro di pessima qualità che arrivano nei porti del nostro Paese.
Insomma, per dirla in breve, se il Governo nazionale e le multinazionali pensano di continuare a ‘strozzare’ i produttori di grano duro del Mezzogiorno d’Italia con prezzi da fame e di continuare imporre ancora la pasta prodotta con il grano duro che arriva con le navi, beh, si sbagliano. Non solo perché la rete continuerà a ‘bastonarli’, ma anche perché i consumatori – ormai consapevoli – risponderanno con intelligenza a un ennesimo atto di prepotenza.