Oggi Cosimo Gioia – produttore di grano duro nell’entroterra della Sicilia e unico dirigente generale della Regione che ha cercato di fermare le navi cariche di grano duro prodotto chissà come che arrivano nei porti della nostra Isola – fa di mestiere il ‘grande vecchio’ dell’agricoltura siciliana. Ma qualche ‘zampata’ la rifila ancora. “Ancora oggi – dice – nessuno controlla le navi cariche che arrivano nei porti siciliani”. la battuta sui suoi successori. L’impossibilità di coltivare pomodoro in irriguo. I ‘Contratti di filiera’. L’assenza della politica. La grande truffa dei prezzi bassi del grano duro imposti dalle multinazionali
Così adesso anche i canadesi ammettono che nel grano duro che producono e che esportano c’è il glifosato (ne abbiamo parlato qui). “Ci hanno levato il marcio”, ironizza Cosimo Gioia, titolare di una grande e storica azienda cerealicola nel cuore dell’entroterra siciliano, già dirigente generale della Regione siciliana con delega al dipartimento Agricoltura, l’unico che, fino ad oggi, ha provato a fare qualcosa per bloccare il grano avvelenato che arriva nella nostra Isola con le navi da mezzo mondo (ne abbiamo parlato in questo articolo).
Siamo tornati a fare quattro chiacchiere da Cosimo Gioia perché, di certo casualmente, proprio mentre dal Canada arrivava l’ammissione del grano duro al glifosato, abbiamo scoperto che il prezzo del grano duro siciliano, in questi giorni, è precipitato a 18 Euro al quintale. “Con questo prezzo – ci dice Gioia – non prendiamo nemmeno le spese sostenute. Questa incredibile storia dei prezzi del grano duro va affrontata una buona volta e per tutte. Questo non è un prezzo di mercato formato dalla domanda e dall’offerta. Questo è un prezzo imposto per strozzarci”.
Quello del prezzo del grano duro tenuto basso è uno dei problemi posti con forza da GranoSalus, l’associazione che raccoglie produttori di grano duro del Sud Italia e consumatori. Il prezzo del grano duro precipitato ai minimi storici in questi giorni è un segnale preciso da parte di chi controlla questo settore e non ha alcuna intenzione di mollare.
I ‘padroni’ del mondo agricolo italiano – che non sono gli agricoltori, ma gli industriali – sanno che quest’anno non sono mancate le piogge a marzo e ad aprile e che, di conseguenza, ci sarà un’ottima produzione di grano duro. E stanno mettendo le mani avanti:
“Badate che noi comandiamo sempre, analisi o non analisi, noi siamo i padroni e voi siete i nostro sottoposti. Tutti in fila per tre…”.
“Quello che mi terrorizza è il silenzio della politica sulle analisi sulla pasta condotte da GranoSalus – ci dice sempre Gioia -. Sono analisi certificate da laboratori europei (qui l’articolo sulle analisi su otto marche di pasta italiane volute da GranoSalus). Mi sarei aspettato una reazione della politica. Invece nulla: tutti silenziosi. Tutto questo è incredibile. Così com’è altrettanto incredibile che non vengano disposti i controlli sulle navi cariche di grano duro che arrivano in Sicilia. Io ho avuto modo di vedere, di persona, quello che arriva con le navi. Ho visto tutto con i miei occhi”.
“Quando ho ricoperto l’incarico di dirigente generale dell’assessorato regionale dell’Agricoltuta – racconta sempre Gioia – ho disposto i controlli su queste navi. So di che cosa parlo. Ho visto con i miei occhi i primi cinque centimetri di grano duro ammuffito. Uno spettacolo tremendo. Pensavo: questi ce lo fanno mangiare sotto forma di pasta, pane, pizze, farine e dolci…”.
Superfluo aggiungere che, dopo aver disposto i primi controlli sulle navi cariche di grano duro che arrivavano nei porti di Palermo, Catania e Pozzallo – presidente della Regione siciliana era Raffaele Lombardo – Gioia venne precipitosamente allontanato dal dipartimento Agricoltura della Regione siciliana. Figuriamoci: l’agricoltura siciliana gestita con serietà, nell’interesse della Sicilia e della salute dei Siciliani. Non scherziamo!
“La cosa incredibile – precisa ancora Gioia – è che, ancora oggi, non ci sono controlli sulle navi cariche di grano duro che arrivano in Sicilia e nel resto d’Italia. Nulla di nulla. La storia è nota: queste navi toccano il porto di Marsiglia, in Francia, dove non viene effettuato alcun controllo e, poi, possono approdare in qualunque porto europeo senza controlli. Fanno quello che vogliono. Ricordo che, qualche tempo fa, ho partecipato ad un convegno. C’era, tra gli altri, l’assessore regionale all’Agricoltura, Antonello Cracolici. Il quale a un certo punto ha detto: ‘Se trovo una nave di questa la faccio saltare in aria’. A questo punto non ce l’ho fatta più: mi sono alzato e ho detto all’assessore Cracolici: assessore, proprio in questo momento, a Pozzallo, ci sono due navi che stanno scaricando grano duro che arriva da chissà dove. Andiamo insieme. L’accompagno con piacere”.
E l’assessore Cracolici che ha risposto?
“E’ rimasto di sasso. E’ diventato pallido. Ed è rimasto in silenzio”.
A parte l’assessore, gli alti burocrati che sono arrivati dopo di lei hanno fatto qualcosa per questa incredibile storia delle navi?
“Che io sappia nulla. poi non lo so: bisognerebbe chiedere a Cartabellotta, Barbagallo, Barresi e adesso anche a Cimò. Perché non li andate ad intervistare?”.
In effetti l’idea non è malvagia. Detto questo, lei oggi che fa?
“Il grande vecchio. Ho quasi ceduto le redini dell’azienda agricola di famiglia ai miei figli. Del resto, cosa dovrei fare con il grano duro a 18 Euro al quintale? L’ho detto: non si prendono nemmeno le spese. Se poi ci mettiamo pure i pagamenti in ritardo da parte di AGEA, la frittata è fatta. Sa quel è il bello di questa storia?”.
Ci dica?
“Che se ci sono pagamenti INPS in ritardo o tasse non pagate se li trattengono. Spesso, pur producendo grano, ortaggi e frutta di qualità, non sappiamo come vendere i nostri prodotti. Scontiamo problemi enormi nell’organizzazione del lavoro in azienda e altro ancora. Ma se siamo in debito di un centesimo ci vengono a cercare fino a casa”.
E i costi di produzione?
“Altra nota dolente. I prezzi dei prodotti agricoli sono bassi. Ma il costo dei concimi cresce del 2-3 per cento all’anno”.
Se ne deduce che i ‘Contratti di filiera’ (ne abbiamo parlato qui) diventano onerosi.
“I ‘Contratti di filiera’ fanno gli interessi dell’industria della pasta, non degli agricoltori. Gli agricoltori che cadono in questo tranello si devono impegnare a produrre grano duro iperproteico. Ma per produrre grano duro iperproteico non solo ti impongono le loro varietà di grano duro, ma sei costretto a dare sotto con le concimazioni azotate. Dimenticando che l’imprenditore agricolo deve fronteggiare un fattore imponderabile: l’andamento climatico”.
Infatti: che succede se non piove con le concimazioni azotate?
“Bella domanda. Succede un mezzo patatrac. Succede che bisogna cambiare tipo di concimazione con maggiorazione dei costi di produzione”.
Scusi, ma se questi ‘Contratti di filiera’ fanno solo gli interessi dell’industria della pasta, se sono onerosi per gli agricoltori che si devono anche accollare i rischi legati all’andamento climatico, perché il Governo nazionale li sostiene? Perché i Governi delle Regioni del Sud Italia non fanno nulla a tutela dei produttori di grano duro?
“Queste domande lei deve andarle a porre al Ministro delle Risorse agricole e Alimentari, Maurizio Martina, ai presidenti delle Regioni Sicilia e Puglia, rispettivamente, Rosario Crocetta e Michele Emiliano, agli assessori all’Agricoltura di queste due Regioni. E, ovviamente, anche ai vertici delle organizzazioni agricole che sponsorizzano i ‘Contratti di filiera’. Siamo tutti curiosi di sapere cosa vi risponderanno”.
E’ vero che la vostra azienda, che produceva il pomodoro in irriguo, da quest’anno ha interrotto questa linea di produzione?
“E’ vero”.
Perché avete operato questa scelta?
“Perché è diventato impossibile produrre pomodoro in irriguo con le attuali regole in materia di lavoro”.
Ci spieghi.
“E’ semplice. Noi producevamo pomodoro in irriguo su parecchi ettari di terreno. Davano lavoro, ogni anno, a quaranta, talvolta cinquanta operai. Anzi, per essere precisi, a quaranta-cinquanta famiglie. Prima di iniziare a lavorare è prevista la visita preventiva. Poi c’è la visita di controllo. Il tutto passando le per agenzie per il lavoro. Insomma, per dirla in breve, prima di far lavorare gli operai, per essere in regola, passano almeno sette giorni. Il problema è che, a secondo dell’andamento climatico, succede che abbiamo a disposizione quarantotto ore per raccogliere il prodotto, altrimenti buttiamo tutto. La verità è che, oggi, la distanza tra le esigenze pratiche degli agricoltori e le normative è abissale”.
Ma almeno era economicamente conveniente?
“Abbiamo riflettuto. Alla fine un operaio messo in regola, ammesso che riusciamo a farlo lavorare quando serve, costa circa 100 Euro al giorno. Che dovremmo fare? Lavorare fuori legge? Non se ne parla nemmeno. Poi c’è il problema della trasformazione del prodotto. Vede, in Campania ci sono le industrie del pomodoro. In Sicilia, a parte qualcosa che ormai è residuale, c’è il deserto economico. Mancano le industrie di trasformazione del pomodoro. Io magari non avrei mollato. Amo il mio lavoro. Davanti a tutti questi problemi i miei figli di hanno detto: ‘Papà, levaci mano’. E hanno ragione. In queste condizioni produrre il pomodoro in irriguo è diventato impossibile. Coltivo solo il pomodoro che mi porto a casa. E’ un pomodoro splendido. Me lo mangio io”.
Le viene il dubbio che questo sistema sia pensato per spingere gli agricoltori siciliani e, in generale del Sud Italia, ad abbandonare le campagne?
“Dubbio? Io sono certo che il progetto politico sia questo: costringerci a gettare la spugna. Torniamo al grano duro a 18 Euro il quintale. Sanno che quest’anno sarà un annata buona, sotto il profilo produttivo. E ci stanno preparando il solito schema: prezzi bassi per impedirci di sopravvivere. Lo fanno apposta. Ci vogliono affamare perché deve arrivare il grano duro canadese, ucraino e via continuando. Dobbiamo smettere di produrre pomodoro, perché dobbiamo mangiare il pomodoro e la passata di pomodoro cinese piena di chissà quali fitofarmaci. E’ tutto così. Vogliono sbaraccare soprattutto le grandi e medie aziende agricole. Io sono disposto ad accontentarli: anche se ho alle spalle una storia familiare legata al mondo agricolo siciliano, dico che se trovo un cinese che fa un prezzo buono vendo tutto”.
Non vede altre soluzioni?
“Il problema è politico. A novembre, qui in Sicilia, andremo a votare alle elezioni regionali. Bene. Con chi andiamo a discutere? Con politici che non distinguono una pianta di grano da una di avena? Andiamo a discutere con Cracolici, con Crocetta, con Raciti, con D’Alia, con Ardizzone? Secondo voi questi signori lo sanno che, nell’entroterra della Sicilia, al grano non c’è alternativa? L’anno scorso il prezzo del grano duro nel Sud Italia è precipitato a 14-16 Euro al quintale. Un prezzo ridicolo. Una manovra, lo ribadisco, per distruggerci. E per fare arrivare nel nostro Paese il grano duro estero. Cos’ha fatto il Governo nazionale? Nulla. Cos’hanno fatto i governanti delle Regioni meridionali, Sicilia e Puglia in testa? Nulla. Ora i canadesi ci vengono a dire che il loro grano duro contiene glifosato. E perché non se lo mangiano loro? No, loro il grano duro buono lo producono e se lo mangiano. Agli europei rifilano il grano duro che fanno maturare con il glifosato (come ve l’abbiamo raccontato qui). Loro il grano duro al glifosato non se lo mangiano. Non lo danno nemmeno ai loro animali perché poi gli ritornerebbe con le uova, la carne, il latte e i formaggi. Sono bravi i canadesi. In compenso ce lo mangiamo noi in Europa”.
Ultima domanda: secondo lei, in Italia, potrebbe rendere piede il grano duro al glifosato?
“Non ho capito la domanda”.
Allora: supponiamo che, anche da noi, per arrivare a un contenuto proteico del 18% invece che del 14%, secchiamo tutto prima…
“Sarebbe una totale follia! Non ci voglio nemmeno pensare”.
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