C’è chi ancora si stupisce che il “percorso per la stabilizzazione” sia stato interrotto dalla politica siciliana. O meglio, dalla vecchia politica siciliana che oggi governa la Regione e i Comuni dell’Isola. Noi, invece, non siamo stupiti: se questo personale venisse stabilizzato la vecchia politica perderebbe il potere contrattuale che ancora oggi esercita su di loro. Soprattutto in campagna elettorale…
C’è chi si stupisce del fatto che la politica siciliana ha deciso di bloccare il percorso di stabilizzazione dei precari dei Comuni siciliani che, fino allo scorso anno, erano oltre 20 mila e che, adesso, sono diventati meno di 14 mila. Tra quelli che non sono stupiti per quanto sta succedendo ci sia noi. Proviamo a illustrare il perché.
Com’è noto, l’agognato posto fisso – legge stabilizzazione – dovrebbe arrivare o con l’assunzione a tempo indeterminato nei Comuni, o con l’assunzione presso la Resais, una società regionale di ‘parcheggio’ costituita nei primi anni ’80 del secolo passato per ‘parcheggiare’ di dipendenti degli enti economici regionali di quegli anni (EMS, ESPI e AZASI) e ancora oggi in piedi.
Così era stato stabilito. Ma così non è più. Perché? Semplice: i precari sono figli della politica. Non sono entrati nella pubblica amministrazione dopo aver sostenuto un concorso, ma per ‘chiamata diretta’ da parte della vecchia politica e dei sindacati (che, in molti casi, non sono estranei alla vecchia politica siciliana: anzi).
Il potere della politica sui precari è dato dal fatto che questi lavoratori sono, per l’appunto, precari. Ogni anno hanno bisogno del rinnovo del contratto: e ogni anno interviene la politica, magari in prossimità di una campagna elettorale.
Se la vecchia politica siciliana dovesse decidere di stabilizzare questi lavoratori, questi ultimi perderebbero il legame con la vecchia politica: in una parola, non avrebbero più bisogno dei politici.
Mettetevi nei panni della vecchia politica siciliana: hanno governato la Regione siciliana portandola alla bancarotta, non dichiarata, certo, ma pur sempre bancarotta; hanno portato i Comuni al quasi fallimento; hanno fatto sparire le ex Province dove sono a rischio persino gli stipendi per i dipendenti.
Domanda: per quale motivo dei Siciliani sani di mente dovrebbero votare per la vecchia politica, cioè per PD, UDC, gli ex democristiani sparsi qua e là, gli amici del Ministro Angelino Alfano che cambiano nome al loro partito ogni settimana per cercare di confondere gli elettori, Forza Italia e via continuando?
In parole semplici, tenendo i precari con il laccio della proroga annuale, gli esponenti della vecchia politica siciliana sperano di mantenere i loro voti. Pensano – e forse non sbagliano – che una volta stabilizzati, diventando ex precari, perderebbero il controllo su questo personale.
Che succederà, allora? Tra meno di due mesi si vota per le elezioni comunali. I vecchi politici siciliani diranno ai precari:
“Tranquilli, ci pensiamo noi. Per ora vediamo come andiamo alle elezioni”.
La speranza, lo ribadiamo, è di mantenere i voti (e il controllo dei Comuni).
A giugno, dopo le elezioni, i vecchi politici siciliani diranno ai precari:
“Ragazzi, poi ci pensiamo alla vostra stabilizzazione. Intanto organizziamoci per le elezioni regionali di novembre. Dopo il voto ne parliamo”.
Dopo le elezioni regionali di novembre i vecchi politici diranno ai precari:
“Ragazzi, avete avuto tanta pazienza, non è che vi dovete confondere per altri quattro mesi? A Marzo si vota per le elezioni politiche nazionali. Dopo le elezioni sistemeremo tutto…”.
Vota che ti passa!
Foto tratta da centonove.it