La vera storia del lager di Fenestrelle dove i Savoia scannarono e fecero sparire nella calce migliaia di meridionali!

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La cosa incredibile di questa incredibile storia è che, ancora oggi, ci sono storici – o presunti tali (in Italia, quando c’è di mezzo il risorgimento, la differenza tra storici e presunti tali si assottiglia…) – che negano un’evidenza storica. Tra i negazionisti c’è Alessandro Berbero (che non a caso è piemontese di Torino: e vedi che mangi!). Ma la verità è lì, raccontata da giornali e testimoni dell’epoca: e la verità è che i piemontesi, nei primi anni dell’unificazione, furono i precursori dei nazisti: barbari e assassini. Da un’Italia nata così non poteva che venire fuori l’Italia di oggi…  

di Ignazio Coppola

Qualche tempo fa, a proposito della esistenza del lager di Fenestrelle in occasione della pubblicazione del libro di Juri Bossuto e Luca Costanzo Le Catene dei Savoia, con la prefazione di Alessandro Barbero a sua volta autore del libro I prigionieri dei Savoia – La vera storia della congiura di Fenestrelle si scatenò un acceso dibattito. Costoro nei loro libri non fanno altro che negare spudoratamente terribili verità sostenendo che Finestrelle non fu mai un lager dove, a differenza di quanto da loro sostenuto, subito dopo l’unità d’Italia furono deportati decine di migliaia di meridionali e fatti morire a migliaia in quella fortezza destinata appunto, come tante altre del Settentrione, alla deportazione dei prigionieri meridionali.

Bossuto, Costanzo e soprattutto Barbero fanno parte di quella schiera di ricercatori o pseudo-storici – che per fortuna sono sempre di meno – che ancora non intendono arrendersi a quelle evidenze ed a quelle verità nascoste dalla storiografia ufficiale che, in questi ultimi tempi, puntigliosi e documentati storici e ricercatori stanno mettendo in luce. Negare come hanno fatto Barbero, Bossuto e Costanzo nei loro libri che Fenestrelle non fu un vero e proprio lager dove vennero deportati e fatti morire alcune migliaia di prigionieri meridionali è come negare la esistenza di campi di concentramento di Auschwichz e di Dachau dove, 80 anni dopo, nelle camere a gas vennero fatti morire milioni di ebrei.

Migliaia di meridionali morti, scomparsi e sciolti nella calce viva nelle vasche ancora esistenti all’interno della fortezza di Fenestrelle: verità oggi da negare. E’ per questo che di tutti questi orrori non se ne trovano tracce negli archivi di Torino in cui Barbero e Bossuto sostengono di averle ricercate. Orrori come quelli degli ebrei uccisi molti anni dopo nelle camere a gas naziste.

Razza inferiore, i meridionali, teorizzata a quei tempi dalla scuola positivista di Cesare Lombroso e razza inferiore quella ebrea, teorizzata dalle teorie naziste dopo. Razze da umiliare, deportare e annientare.

Le migliaia di deportati che entravano a Fenestrelle, come monito alla loro rieducazione ebbero il “privilegio” di leggere una scritta: “Ognuno vale non in quanto è, ma in quanto produce” simile a quella che centinaia di migliaia di deportatati, 80 anni dopo, ebbero l’analogo “privilegio” di leggere nei campi di stermino nazista di Auschwitz: “Il lavoro rende liberi”. Tragiche e terribili analogie e similitudini.

Ancora oggi entrando a Fenestrelle, su un muro, è tuttora visibile quella triste e provocatoria iscrizione. Anche in questi propagandistici processi rieducativi si può a buon diritto dire che i piemontesi per massacri, eccidi e stermini perpetrati nei confronti delle popolazioni meridionali furono a suo tempo, maestri dei futuri nazisti.

Di tutto questo i negazionisti Barbero e Bossuto avrebbero dovuto farsene una ragione. Avrebbero dovuto farsene una ragione che, a migliaia e migliaia, furono i deportati meridionali nelle carceri del Nord di cui Fenestrelle fu la punta dell’iceberg.

Dal 1861 – primo anno dell’unità d’Italia – in poi migliaia e migliaia di ex soldati del disciolto esercito borbonico, di soldati papalini prigionieri, di contadini meridionali che i piemontesi definivano briganti, di prigionieri politici e renitenti di leva, di ex garibaldini dell’impresa di Aspromonte – tra cui alcune centinaia di siciliani – furono deportati nei lager del Centro Nord Italia e, precisamente: a San Maurizio Canavese, Alessandria, Milano, Genova, Bergamo, Bologna, Ascoli Piceno, Livorno, Ancona, Rimini, Fano e nelle isole dell’arcipelago toscano e della Sardegna. In questo universo carcerario del nuovo Stato italiano il lager più importante e più tristemente famoso e temuto fu appunto quello di Fenestrelle, nell’alta Savoia.

Fenestrelle, un’antica e inaccessibile fortezza sabauda a circa 150 chilometri da Torino, posta a più di 2 mila metri d’altezza a protezione del confine sabaudo-piemontese (come potete vedere sopra nella foto), fu dunque, a partire dal 1861, il lager di casa Savoia, la Siberia italiana, in cui non ci si fece scrupolo di deportare, senza soluzione di continuità, appunto ex soldati del disciolto esercito del Regno delle Due Sicilie, papalini, pseudo briganti, prigionieri comuni e politici, donne e uomini di ogni provenienza in una promiscuità degna di peggior causa.

Sulle condizioni e sul trattamento dei detenuti all’interno della fortezza di Fenestrelle ne dà ampio e documentato conto, ove per loro conoscenza Barbero e Bossuto alla ricerca di documentazioni non lo avessero mai letto, un giornale piemontese dell’epoca: L’armonia:

“La maggior parte dei poveri reclusi sono ignudi, cenciosi, pieni di pidocchi e senza pagliericci. Quel poco di pane nerissimo che si dà per cibo, per una piccola scusa si leva e, se qualcuno parla, è legato per mani e per piedi per più giorni. Vari infelici sono stati attaccati dai piedi e sospesi in aria col capo sotto ed uno si fece morire in questa barbara maniera soffocato dal sangue e molti altri non si trovano più né vivi, né morti. E’ una barbarie signori”.

Un’altra testimonianza dello stesso tenore, per ulteriore conoscenza dei tre negazionisti, è quella del pastore valdese Georges Appia che, nell’ottobre del 1860, e siamo solo all’inizio delle deportazioni, in visita al forte che già rigurgita di prigionieri meridionali, così ebbe a descriverli:

“Laceri, ignudi e poco nutriti appoggiati a ridosso dei muraglioni nel tentativo disperato di catturare i timidi raggi solari invernali, ricordando forse con nostalgia il caldo dei loro climi mediterranei”.

Laceri, ignudi e malnutriti: l’aspettativa di vita, per questi poveretti, era fatalmente ridotta al minimo. Furono migliaia i prigionieri e i deportati che entrarono a Fenestrelle e pochi quelli che ne uscirono vivi per gli stenti, la fame e le temperature rigide alle quali non erano abituati e alle quali crudelmente (gli infissi nelle finestre delle celle deliberatamente erano stati tolti e vi erano solamente grate) furono sottoposti.

In questa disperata situazione e al limite di ogni umana sopportazione vi fu, il 22 agosto del 1861, un tentativo di rivolta, che scoperto in tempo e ferocemente represso portò all’inasprimento delle pene, per cui da quel momento la maggior parte dei deportati protagonisti della rivolta fu costretta a portare ai piedi ceppi e catene appesantiti da palle di 16 chili! Pochissimi in quelle condizioni riuscirono a sopravvivere e a chi non riusciva a farcela era riservato un particolare trattamento privo di ogni umana pietà.

I cadaveri di questi sventurati, anziché essere seppelliti, venivano sciolti nella calce viva, in una grande vasca posta nel retro della chiesa che sorgeva all’ingresso della fortezza che è ancora oggi visibile.

Una morte anonima, senza alcuna sepoltura e alcuna lapide, perché non restasse memoria e traccia dei crimini compiuti dai civilissimi “piemontesi”. Ecco perché i nostri “eroi” Barbero, Bossuto e Costanzo non troveranno, come sostengono nelle loro ricerche, tra l’altro parziali, tracce delle migliaia di morti, limitandosi a dire spudoratamente che i morti alla luce delle loro ricerche furono solamente quaranta.

Pochi per i suddetti motivi, infatti, i nomi furono annotati nei registri parrocchiali dei prigionieri meridionali morti a causa delle terrificanti condizioni carcerarie. E per questo, nei registri, mancheranno le migliaia e migliaia di nomi di tanti anonimi sventurati, morti dopo inenarrabili patimenti di fame e di freddo e poi sciolti nella calce viva e dei quali non rimarrà più alcuna traccia. Sciolti con gli stessi metodi che, molti anni più avanti, userà la mafia per cancellare le tracce e la memoria delle proprie vittime (i mafiosi utilizzeranno l’acido).

Anche per i mafiosi, come per i nazisti, gli italo-piemontesi di allora furono fulgidi esempi e buoni maestri per le generazioni di criminali a venire.

Questo, dunque, il libro nero, mai scritto o scritto male (come nel caso dei libri di Bossutto e di Barbero), dei lager dell’Italia post-unitaria, degli scheletri nell’armadio e della cattiva coscienza del nostro Risorgimento. Fatti che meritano, per quanto descritto e documentato, una profonda riflessione su una unità che costò ai meridionali, come sempre, lacrime e sangue e che, se vogliamo giungere a una storia condivisa, è ormai tempo che vengano tirati fuori dagli armadi questi scheletri.

Operazione necessaria per liberare la cattiva la coscienza, rivelando verità storiche scomode da troppo tempo secretate, perché, alla luce di tutto questo, per le popolazioni del Sud, risorgimento equivale oggi, sul piano storico, morale e politico, a risarcimento. Il risarcimento di una verità storica che, per 155 anni, ci è stata negata e che Barbero e Bossuto continuano a negarci.

Infatti le tesi spudoratamente negazioniste dei nostri eroi Barbero, Bossuto e Costanzo di certo non vanno nella giusta direzione della ricerca di una verità condivisa, ma in quella opposta di negare e dividere il Paese. Stando così le cose non ci resta che consigliare a Juri Bossuto di rileggersi, ove non lo avesse ancora fatto, quello che Antonio Gramsci, nel 1920, su Ordine Nuovo ebbe testualmente a scrivere a proposito del brigantaggio, dei Savoia e dello Stato italiano:

“Lo Stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e a fuoco l’Italia meridionale, squartando, fucilando e seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono di infamare con il marchio di briganti”.

E furono molti di questi “contadini-briganti” meridionali, agli albori dell’unità d’Italia, ad essere incarcerati assieme a tanti altri prigionieri per vari motivi deportati e lasciati morire, senza che ne rimanesse traccia nei lager del settentrione e, in special modo, a Finestrelle.

Infine ad Alessandro Barbero, emerito professore di studi medievali dell’Università del Piemonte Orientale, diamo uno spassionato consiglio: continui ad occuparsi e perfezionarsi in storia medievale che è la sua materia e non in quella risorgimentale nella quale, a quanto ci ha dato ad intendere, ha dimostrato di avere parecchie lacune e che decisamente non è proprio il suo campo. E proprio nel campo della storia medievale di cui è docente che Barbero potrebbe dare, in una delle sue tante lectio magistralis cui spesso è chiamato a tenere, un peculiare contributo alla verità storica spiegando ai suoi conterranei padani che Alberto da Giussano, simbolo dell’orgoglio leghista di di Matteo Salvini, e a cui sono state dedicate a sproposito ed abbondantemente vie, piazze e statue, è un personaggio mai esistito e parto fuorviante e diseducativo della narrativa di scrittori compiacenti impegnati ad accreditare questo inesistente personaggio quale eroe del medioevo Lombardo.

Un’operazione verità che consigliamo a Barbero di intestarsi, anziché arrampicarsi sugli specchi per dimostrare false verità su Fenestrelle. Con Alberto da Giussano, nel ristabilire la verità storica, sarebbe facilitato dal fatto che questo presunto eroe non è mai esistito essendo, questo sì, il frutto di una falsa verità che ha fatto, in questi anni, tanto comodo nei loro sproloqui ai dirigenti della Lega Nord.

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  • Alberto da Giussano hanno fatto anche un film,la gente, siccome non è stupida,lo ha snobbato,snobbato nella sua stupidità.

  • Dunque Coppola, che è uno storico affermativista, produce le seguenti prove delle sue affermazioni circa le condizioni dei deportati a Fenestrelle: 1. un “ampio e documentato”, cioè fondato su fonti attendibili debitamente presentate, arti-colo apparso sul giornale “L’Armonia” in data non precisata; 2. un brano tratto da una testimonianza del pastore valdese George Appia, risalente all'ottobre 1860, periodo in cui Fenestrelle a suo dire “rigurgitava” di prigionieri meridionali.
    Peccato che “l'ampio e documentato etc.” sia in realtà un brano estratto da una “supplica” indirizzata “Ai Signori Presidenti e Deputati del Parlamento Nazionale” da alcuni detenuti nel carcere napoletano di S. Maria Apparente per denunciare le condizioni della propria prigionia, pubblicata dalla Gazzetta di Napoli il 5 dicembre 1862 e prontamente ripresa da alcuni giornali di parte democratica e da “La Civiltà Cattolica”, anno decimoquarto, vol. V della serie quinta, Roma, 1863, pp. 230-231[fascicolo reperibile su google.books, e dunque controllabile da chiunque senza la fatica di andare in biblioteca; preciso che la rivista dei gesuiti omise il nome del responsabile delle condizioni dei carcerati, de Blasio, probabilmente per evitare una querela da parte di quest’ultimo]. E Napoli è piuttosto lontana da Fenestrelle, anche se riportiamo il complesso della piazzaforte alla sua reale quota, che non supera nel punto più alto i 1700 metri, e lo ricollochiamo alla reale distanza da Torino che non è di “circa 150 chilometri” ma non supera il centinaio se si sceglie il percorso più lungo.
    Quanto alla testimonianza del pastore Georges Appia, questi a S. Carlo visitò nell'ottobre 1860 alcuni prigionieri “degli Stati pontifici”, marchigiani e romagnoli, che aveva incontrato a Pinerolo, durante la loro marcia verso Fenestrelle, “in uno stato pietoso, senza il becco d’un quattrino, laceri, affamati e stanchi per le settimane di prigionia sofferte”: recatosi al forte li trovò “scaglionati lungo le mura della fortezza, a scaldarsi al sole; altri, sparsi lungo il torrente, lavavano la loro unica camicia”. Ai soldati e a due ufficiali, “ben messi” questi ultimi, che incontrano, Appia e un suo compagno distribuiscono su loro richiesta sigari e bibbie. Quanto ai prigionieri napoletani, Appia dice che ne giunsero circa 800 ma alcuni giorni più tardi. Purtroppo il libro di Appia [Georges Appia pasteur et professeur en Italie et à Paris, Flammarion, Paris, pp. 22-23] può essere consultato solo presso la biblioteca di Torre Pellice; ma credo si possa chiedere al bibliotecario fotocopia delle pagine che interessano per controllare se sia più fedele la traduzione che propongo tra virgolette o quella, ricca di particolari patetici, di Coppola.
    Di Gramsci e del suo testo parleremo un'altra volta.

  • P.S. Citando a memoria, ho scritto erroneamente che "Civiltà Cattolica" omise il nome di de Blasio, che invece è mantenuto nel testo.

    • La D di De Blasio va scritta in
      maiuscolo.Ma come,Lei che
      corregge ogni minimo errore
      degli altri commentatori,
      incorre in un simile svarione?

      • Nell' analisi storiografica l'intervento di un correttore di bozze è rilevante come una conferenza di Paolo Brosio al congresso internazionale di fisica nucleare.
        Ma lei non vale nulla neanche come correttore di Bozze visto che non usa la barra spaziatrice e le cose che scrive sono separate dal punto.
        Anche questo usato a sproposito visto che dopo dopo il "ma come" sarebbe stato meglio un bel punto interrogativo :)

        • Ma io non sono un colto,erudito,
          sapiente,esperto,dotto,studioso
          come Lei. Mi limito a fare quello
          che posso, mi corregga sempre
          quando sbaglio, non è mai troppo
          tardi per imparare. Grazie

  • Anche per le stragi di Casalduni
    e Pontelandolfo si disse che si
    trattava di fandonie neoborboniche
    dopo anni di menzogne e negazioni
    la Repubblica Italiana ufficialmente
    riconosce le stragi e chiede scusa
    ai discendenti di quei paesi
    martoriati. Quando si commettono
    dei crimini, di solito si tende a
    distruggere le prove. Meno male
    che in tanto squallore negazionista
    troviamo personaggi come il Conte
    Bianco di Saint-Jorioz, il quale,
    inorridito di tante atrocità
    commesse dall'esercito piemontese
    solleva il velo delle menzogne.
    Nella fortezza di Fenestrelle nel
    2008 è stata inaugurata una lapide
    che testualmente recita "tra il 1860
    e il 1861 vennero segregati nella
    fortezza migliaia di soldati dello
    esercito delle due sicilie, che si
    erano rifiutati di rinnegare il re
    e l'antica patria.Pochi tornarono
    a casa, i più morirono di stenti.
    I pochi che sanno s'inchinano."
    Ma i luoghi di prigionia dove
    venivano deportati i militari e
    i civili meridionali,non sono
    solo Fenestrelle, ma circa
    40 i luoghi di detenzione
    divisi nelle regioni della Valle
    d'Aosta, Piemonte, Lombardia
    Liguria,Emilia Romagna,Marche
    Campania, circa sessantamila
    deportati, e, San Maurizio
    Canavese fu il luogo con il
    maggior numero di reclusi.
    I piemontesi non lasciarono
    scampo ai prigionieri,che
    rifiutavano di essere arruolati
    sotto il re sabaudo, e non
    potevano lasciarli liberi, per
    timore che essi tornati in
    patria diventassero dei pro-
    babili oppositori e testimoni
    scomodi.

  • Savoia nazisti? Ma non diciamo castronerie! Perché tanti intellettuali del Sud si rifugiarono dai Savoia,nel Risorgimento? Erano pazzi o masochisti,forse?
    Perché il Sud votò per i Savoia,nel 1946? Perché molti emigrati del Sud andarono all'estero e sventolavano il Tricolore sabaudo? Anche loro masochisti?
    La verità è che i Savoia piacciono sempre più agli Italiani,ed allora spuntano fuori queste storie per infangarli. Perché non son venute fuori negli anni '50 o '60? Perché non esistevano ancora. Erano e sono balle. Italiani,non fatevi ingannare.
    La repubblica sta sfaldando l'Italia,i Savoia seppero saldarla.
    Questi sono fatti certi. Perché tutti quelli che difendono i Savoia sono falsari,e quelli che li infangano invece sono brave persone? Perché l'Italia repubblicana vuole farci il lavaggio del cervello,e farci odiare i Savoia. Ma chi ha gli attributi non ci casca!!

  • Lasciando a più esperti e documentati la valutazione delle affermazioni "storiche" dell'articolo, mi chiedo che attendibilità abbia chi riporta in modo assolutamente falso anche i dati oggettivi più elementari e verificabili. Il Forte di Fenestrelle
    - è in Piemonte (Italia) e NON in Alta Savoia (Francia)
    - è a 70 Km da Torino e NON 150
    - il forte è a circa m 1000 slm ed arriva a circa 1700 con la doppia scala, NON a più di 2000
    Non conosco le competenze storiche dell'autore, ma se corrispondono a quelle geografiche qualche dubbio sull'attendibilità me lo pongo

    • Quando gli argomenti mancano
      ci si aggrappa alle distanze dei
      kilometri tra Fenestrelle e
      Torino, all'altezza s.l.m. della
      fortezza, agli apostrofi e
      perfino all'aritmetica. Santa
      Maria Apparente, un carcere
      napoletano con secondini
      piemontesi, stesso trattamen-
      to riservato agli ex militari del
      Regno delle due Sicilie, così
      come nelle altre carceri. In
      quanto alla lapide apposta da
      un gruppo di neoborbonici a
      Fenestrelle, ripeto Fenestrelle
      in Piemonte, non in Campania
      mi sembra ovvio che i respon-
      sabili della fortezza fossero
      d'accordo, non solo,constatato
      che la lapide nel momento
      che era stato tolto l'imbal-
      laggio presentava dei danni
      era stata fatta restaurare
      dai responsabili della
      fortezza, un bel gesto, questo
      sì da fratelli d'Italia, così
      è stato possibile procedere
      alla benedizione della lapide
      e delle corone di fiori e dare
      corso alla cerimonia religiosa.

  • Io ho documentato gli errori contenuti nel testo di Coppola. Chi vuol replicare, lo faccia in modo documentato e non con affermazioni prive di qualsiasi riscontro, senza pretendere di trasformare una lapide apposta il 6 luglio 2008 da un gruppo di neo-borbonici a Fenestrelle in una prova.

    • Signor Marinelli, se le
      autorità piemontesi della
      fortezza di Fenestrelle
      sono venuti alla determi
      nazione di concedere
      ad una rappresentanza
      di cittadini meridionali di
      mettere una lapide, con
      tanto di cerimonia, vuol
      dire che sono convinti dei
      fatti che avvenivano in
      quei luoghi, non crede?
      Dove vede lei, le afferma-
      zioni prive di riscontro?

      • Salvatore, ho riprodotto la grafia "de Blasio" letteralmente dall'articolo di "Civiltà Cattolica" che ho citato, come avrebbe potuto facilmente accertare controllando il testo. Personalmente cerco di evitare anche gli errori di battitura, e non spaccio De Blasio, che era nato in provincia di Benevento, per un "secondino piemontese", Quanto alla lapide, no, non credo: la rinvio comunque al testo di Gigi Di Fiore pubblicato l'8 luglio 2013, e che ho riprodotto in altro intervento.

  • IGNAZIO COPPOLA

    Caro Marinelli grazie per avermi gratificato con l’appellativo di storico affermativista, un riconoscimento che non merito essendo non uno storico ma un cultore della storia e alla ricerca costante di quelle verità che per più di 150 anni ci sono state sempre negate dalla storiografia ufficiale e di regime e dai negazionisti come lei. E proprio ora di finirla di menar il can per l’aia o come fa lei arrampicandosi continuamente sugli specchi con improbabili ,marginali e patetici riferimenti ( e qui è proprio il caso dirlo) che lasciano il tempo che trovano. Si arrenda all’evidenza e se ne faccia una ragione e la finisca di abbaiare continuamente alla luna altrimenti i tribunali della storia, come avverrà con tanti altri negazionisti che per fortuna sono sempre di meno, lo metteranno impietosamente alla gogna e sul banco degli imputati. E mentre i cani abbaiano alla luna, senza costrutto, come fa lei, la carovana dei cultori e dei ricercatori e siamo già in tanti della verità storica passa. Vede caro Marinelli quello che mi gratifica sono le migliaia di condivisioni ed apprezzamenti dei miei articoli su Facebook( questo su Fenestrelle ad oggi è arrivato a 3mila) mentre lei rimane sempre più solo a ciurlare nel manico ed abbaiare alla luna. Anche di questo se ne faccia una ragione, stia sereno e si rassegni. Con affetto suo Ignazio coppola

    • Essere cultore della storia non significa essere storici, caro Coppola.

      Il fatto che lei scriva articoli solo per avere un I like su Facebook non significa che quello che scrive sia valido dal punto di vista scientifico, perché leggendo le sue riflessioni ho notato che lei non entra nel merito della questione, si limita solo a definire un ricercatore serio come Barbero un negazionista perché ha confutato un falso storico come quello di Fenestrelle paragonabile ad un altro falso storico come quello della Donazione di Costantino o i Protocolli dei Savi di Sion.

      Suo Fulgenzio

  • Caro Coppola, grazie per gli apprezzamenti. Mi sarebbe piaciuto che lei smentisse una sola delle mie affermazioni circa i suoi errori, ma vedo che continua a confondere Fenestrelle con Napoli, per non parlar del resto. Si goda i suoi tremila lettori: saranno sempre duemilanovecentosettantacinque in più di quanti non ne prevedesse Manzoni.
    Tante belle cose.

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