Gli industriali hanno iniziato il fuoco di sbarramento contro GranoSalus. Invece di rivolgersi alla magistratura attaccano di qua e di là, ora con articoli offensivi, ora con qualche parlamentare nazionale che chiama in causa il Governo nazionale. La verità è che GranoSalus ha fatto quello che avrebbero dovuto fare, già da anni, le Regioni Puglia e Sicilia e le associazioni di consumatori. La replica di Saverio De Bonis e di Cosimo Gioia al senatore Dario Stefàno e a Il fatto alimentare
L’abbiamo più volte scritto e lo ribadiamo ancora una volta: certi industriali della pasta, dopo la pubblicazione delle prime analisi, volute da GranoSalus, su otto note marche di pasta italiane (che potete leggere qui) non sanno più cosa inventarsi.
In questi otto marchi di pasta sono stati trovati Glifosato, micotossine DON e Cadmio.
All’inizio hanno detto che tali analisi non erano valide perché non è stato reso noto il laboratorio scientifico che le ha effettuate. GranoSalus ha replicato che il laboratorio, in questi casi, va tutelato: e che, in ogni caso, analisi e laboratorio sono a disposizione della magistratura. Basta una semplice denuncia e i giudici avranno a disposizione le ‘carte’. Ma la denuncia – e ormai sono passate oltre cinque settimane – non è ancora arrivata.
Certi industriali sono divisi e confusi.
Alcuni smentiscono le analisi di GranoSalus dicendo che nella loro pasta non ci sono contaminanti.
Altri dicono che tali contaminanti sono sì presenti, ma sono entro i limiti di legge.
Il riferimento è alle leggi europee. Solo che nel Sud Italia i limiti europei servono a poco: in Europa, infatti, i limiti di questi inquinanti sono tarati su un consumo pro capite di 5 kg di pasta all’anno, mentre nel Mezzogiorno d’Italia una persona mangia in media da 25 a 30 kg di pasta all’anno: ciò significa che gli abitanti del Meridione d’Italia, se mangiano pasta industriale, ingeriscono ogni anno una dose cinque-sei volte superiore di veleni rispetto ai limiti fissati dall’Unione Europea: da qui la nostra campagna per invitare i Siciliani a mangiare pasta a km zero, cioè pasta artigianale prodotta in Sicilia, come potete leggere qui dove trovate le prime cinque puntate del nostro ‘viaggio’ tra i pastifici siciliani artigianali).
Detto questo, per smontare chi afferma che i veleni contenuti nella pasta industriale sono entro i “limiti di legge”, basta una semplice domanda: perché, per produrre pasta, le industrie continuano a utilizzare grano duro estero – che contiene spesso inquinanti – quando potrebbero utilizzare il grano duro prodotto nelle Regioni del Sud Italia che non contiene né glifosato, né micotossine DON?
Dopo di che, ecco due personaggi più o meno riconducibili al mondo degli industriali che attaccano GranoSalus. Vediamo chi sono e cosa dicono. Cominciamo con l’ex direttore di Confindustria, oggi senatore del gruppo misto, Dario Stefàno, capogruppo in Commissione Agricoltura al Senato e Presidente de La Puglia in Più. Sua un’interrogazione al Ministro delle Politiche Agricole e Forestali, Maurizio Martina.
“Da tempo circola in rete, a firma dell’Associazione GranoSalus – dice Stefàno – quella che si può ritenere a tutti gli effetti una fake news che rischia di compromettere pesantemente l’immagine dei pastifici italiani e pugliesi”.
Domanda: se il senatore è convinto di ciò perché non si è rivolto alla magistratura?
“E’ in atto – prosegue il senatore – una vera e propria campagna denigratoria nei confronti della qualità e dell’autenticità delle produzioni italiane e pugliesi e anche delle Istituzioni locali, da tempo impegnate per la tracciabilità e la trasparenza nel comparto agroalimentare, ingiustamente accusate di concedere licenze d’utilizzo dei marchi di qualità fuori controllo. Il Ministero è al corrente di quello che sta accadendo? Quali sono le iniziative per contrastare questo preoccupante fenomeno?”.
Il riferimento è alla Granoro 100% Puglia: in questa pasta le analisi di GranoSalus hanno riscontrato “99 ppb di micotossine DON, 0,039 di glifosate e 0,018 di Cadmio”.
“L’attendibilità scientifica delle osservazioni diffuse da GranoSalus non è, però, verificabile – dice i senatore – perché non si conoscono i metodi di rilevazione e di lavorazione dei dati”.
A questo appunto GranoSalus ha già risposto: basta una denuncia per fare intervenire la Giustizia. Il resto sono chiacchiere.
“Oltretutto, l’AIDEPI (Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta Italiana) – prosegue Stefàno – ha manifestato già il proprio disappunto, bollando l’iniziativa di GranoSalus come irresponsabile perché foriera di ingiustificato allarmismo, in considerazione del fatto che le tracce di residui sono molto al di sotto dei limiti imposti e non procurano alcun danno alla salute”.
“Il Ministro ha il dovere di intervenire con urgenza, attraverso iniziative di sensibilizzazione e comunicazione volte a tutelare il buon nome, la serietà e la salubrità delle produzioni di pasta italiane, come anche di quelle della Puglia, dove, per alcune linee di prodotti, le aziende hanno aderito a disciplinari che prevedono requisiti molto stringenti sulla tracciabilità e la trasparenza della filiera e sulla qualità della produzione. Dobbiamo – conclude Stefàno – stoppare le campagne di comunicazione denigratorie che nascono in rete con il solo obiettivo di procurare allarme diffuso e disinformazione presso consumatori e cittadini”.
A stretto giro di posta la replica di GranoSalus:
“Stefàno – dice il presidente dell’associazione, Saverio De Bonis – interroga il Ministro, ma non interroga se stesso. L’estensore del Disciplinare Qualità di Puglia si duole perché quando era assessore regionale gli avevamo detto in tutte le salse di restringere i parametri tossicologici del marchio collettivo. Allora fece orecchie da mercante, adesso è preoccupato perché i suoi amici confindustriali sono stati presi con le mani nella marmellata e chiede aiuto al ministro dell’Agricoltura invece che a quello della Sanità”.
Insomma, scopriamo non soltanto che Stefàno è un confindustriale, ma che è stato anche assessore regionale in Puglia, occupandosi proprio di pasta.
“Stefàno – prosegue De Bonis – teme forse su di sé il peso della responsabilità politica di questa faccenda? O vuole imbavagliare GranoSalus perché analizzando la pasta ha scoperto qualche falla nel Disciplinare della Regione Puglia? Già, perché se l’Europa vieta il glifosato, se l’Italia vieta il glifosato, che ci fa questo ingrediente nella pasta garantita dal suo disciplinare?”.
Poi il tono del presidente di GranoSalus si fa ironico:
“Anche a lui chiediamo se preferisce la pasta condita con glifosato, Don e Cadmio, sia pur in piccole dosi. E gli chiediamo pure se a piccole dosi è disposto a farla mangiare ai suoi figli… Al contrario, non tutelare la salute dei bambini o delle donne in gravidanza e non preoccuparsi di invocare il principio di precauzione è un fatto grave per un parlamentare della Repubblica italiana, che dovrebbe avere a cuore l’art 32 della Costituzione! Il diritto alla salute è un diritto fondamentale dell’individuo e pure il diritto di critica e cronaca. Noi sappiamo bene che Lei proviene dagli ambienti di Confindustria (già membro della giunta di Confindustria Puglia), ma la tutela lobbistica degli amici della sua organizzazione viene dopo la salute pubblica…”.
Un’altra voce critica su GranoSalus è quella del quotidiano on line Il fatto alimentare (qui l’articolo)
In questo giornale on line GranoSalus viene accusata di lanciare “accuse allarmistiche”. L’articolo è molto offensivo: così la conferenza stampa che i rappresentanti di GranoSalus hanno tenuto a Montecitorio viene definita in modo sprezzante come una modalità con le quali tale associazione di consumatori e di produttori di grano duro delle Regioni del Sud “porta lancia in resta le sue bufale in Parlamento”.
Quindi il lavoro svolto da GranoSalus – cioè analisi finora non smentite – sarebbero “bufale”!
“Il metodo – leggiamo su Il fatto alimentare – sa di classico populismo: mezze verità condite da dati scientifici fuori contesto, artatamente montati per fare scandalo e promuovere rivolte forcaiole contro un generico perfido establishment”.
A questo punto Il fatto alimentare scrive una cosa che a noi, in verità, risulta molto diversa:
“L’Ucraina esporta certamente ‘grano’ in Italia ma è quello tenero, non certo il duro per la pasta. Metterla in mezzo agli altri veri esportatori (Canada, Messico, USA, Kazakistan) è retorica acchiappaforcaioli che confida nello spettro di Chernobyl”.
Sull’Ucraina GranoSalus, sempre con De Bonis, replica così:
“I dati delle Dogane dicono il contrario. A noi risulta che dall’Ucraina arrivi in Italia anche grano duro”.
Detto questo, De Bonis spiega che il protagonista del quotidiano on line, avvocato Dario Dongo, è, ci dice il presidente di GranoSalus, un personaggio che ha lavorato per lunghi anni per la Federalimentari, associazione riconducibile a Confindustria. E ancora oggi si occupa di consulenze e di lobbing.
“Insomma – dice De Bonis – l’avvocato Dongo è l’establishment e forse è per questo che si sente toccato. Noi, difendendo i produttori di grano duro del Sud, difendiamo i consumatori. Perché vogliamo che in Italia si produca pasta senza glifosato e senza micotossina DON. E la pasta senza questi contaminanti si può produrre con il grano duro coltivato nelle Regioni del Mezzogiorno d’Italia. Sia chiaro: noi non difendiamo soltanto i consumatori italiani, ma i consumatori di tutto il mondo, perché la pasta industriale italiana è esportata in tanti altri paesi del mondo”.
Nella parte finale dell’articolo in cui attacca GranoSalus, forse senza accorgersene, Il fatto alimentare si rende protagonista di un mezzo autogol, tirando in ballo Regioni del Centro Italia dove si coltiva il 20% del grano duro del nostro Paese.
“Strumentalizzare i ‘rassicuranti’ dati del progetto Micoprincem-Mipaaf-CREA (la scienza si usa solo quando fa comodo) – leggiamo sempre ne Il fatto alimentare – a sostegno della ben nota salubrità dei grani meridionali (almeno per il DON, ma non c’è solo lui), si porta dietro un nuovo fronte di nemici: non più le perfide giubbe rosse, ma stavolta anche gli ex amici toscani e marchigiani colpevoli di contaminazioni ‘quadruple’, per non parlare degli emiliani che nel 2008 fecero impallidire gli Yankee”.
De Bonis sorride:
“Non so perché tirino in ballo la Toscana e le Marche – dice -. Però una cosa gli amici de Il fatto alimentare potrebbero farla: promuovere le analisi sui grani duri prodotti nel Centro Italia…”.
Il grano duro, per definizione, vuole climi caldi: in presenza del sole tipico delle Regioni del Sud Italia matura naturalmente senza bisogno di glifosato. E non è attaccato dai funghi che producono le micotossine.
Queste condizioni – quello è il senso del discorso di De Bonis – ricorrono nel centro Nord Italia?
All’articolo del ‘lettore comune’ pubblicato da Il fatto alimentare replica anche Cosimo Gioia, produttore di grano duro della Sicilia e già dirigente generale del dipartimento Agricoltura della Regione siciliana:
“Non so chi sia il ‘lettore comune’ che ha pronunciato queste parole, ma cadono le braccia a pensare come anche le associazioni che dovrebbero difendere i diritti e la salute dei consumatori diventino alleati delle multinazionali. Sono testimone diretto per avere visto con i miei occhi quello che ci arriva da Ucraina, Canada etc”.
Per la cronaca, Cosimo Gioia, quando ricopriva il ruolo di dirigente generale del dipartimento Agricoltura della Regione siciliana, ha fatto disporre le prima analisi sul grano duro che arrivava in Sicilia con le navi: grano che arrivava dal Canada, dall’Ucraina e da altri Paesi del mondo. La situazione la conosce bene, perché prima di essere messo alla porta dal Governo regionale (i soliti ‘ascari’ che governano la Sicilia da settant’anni), si recava di persona a visionare le navi. E sa perfettamente da dove arrivavano le navi.
“A parte che, a causa delle mutazioni climatiche, il grano duro ci arriva anche dall’Ucraina – spiega Gioia – e, ai miei tempi, feci fare le analisi proprio a questa merce arrivata da lì. Nave fatiscente piena di ruggine e maleodorante che trasportava questa merce. Non oso pensare cosa trasportasse prima… Mi chiedo: ma i NAS, tanto solerti a controllare le attività di ristorazione, vendite alimentari, agriturismi e pronti a multarti se non rispetti alla lettera le norme dell’HCCP e quant’altro come mai non cominciano col dare un’occhiata a queste carrette del mare per verificare se sono più o meno adatte a questo tipo di trasporto? Evidentemente il tempo non c’è… Basterebbe questo per farle ritornare al mittente…”.
“Il secondo punto che mi ha colpito, in questo articolo de Il fatto alimentare – prosegue Gioia – è la critica alle analisi di GranoSalus. L’associazione ha pubblicato i risultati di analisi effettuate sul prodotto finito riscontrando la presenza di Don, gliphosate (o glifosato ndr) e Cadmio anche se nella norma, ma presenti. Non costituiscono un pericolo, vabbé… Ma perché io ‘consumatore qualunque’ devo ingerire queste porcherie sapendo che, a km zero, esistono pastifici che producono alimenti non contaminati? Ho il diritto di saperlo o no? O dobbiamo stare , come gli struzzi, con la testa sotto la sabbia perché ‘sua maestà Barilla o Voiello hanno deciso così?”.
“Mi pare – aggiunge – che nessuna contestazione legale sulle analisi sia stata fatta a GranoSalus, tranne chiacchiere ed articoli di ‘servitori del sistema’, magari mascherati da sigle di consumatori varie. Evidentemente qualcosa che non torna c’è, magari il carbone bagnato….. O no? Occorre che i consumatori sappiano scegliere cosa mangiare o meno… Fa parte della Democrazia alimentare. Quindi respingo al mittente e alla testata giornalistica che ospita il suo articolo tutte le accuse fatte all’associazione che, tra l’altro, si sta limitando e pubblicare i risultati di analisi certificate in attesa di quelle dei pastifici artigianali di casa nostra”.
“Al consumatore la scelta – conclude Cosimo Gioia -. In quanto al prezzo del grano duro, basti pensare che, a Foggia, dopo l’arrivo di 2 navi non ricordo in quale porto pugliese, il prezzo è sceso da 24 a 19-20 Euro al quintale. E questo la dice lunga sull’impatto della globalizzazione e del CETA approvato anche da una parte dei parlamentari europei del Sud Italia, ben sapendo che tale trattato commerciale internazionale tra Unione Europea e Canada danneggerà l’economia agricola delle nostre regioni”.